Panificatori urbani d’Italia uniti nella lotta

 

Pietro Cardillo ha 31 anni e a Trapani ha aperto un anno fa il Panificio ‘A Maidda, la madia.

Il suo filone al finocchietto selvatico, mandorle d’Avola e uva passa di Zibibbo di Pantelleria è il pane dell’anno, secondo il Gambero Rosso.

Pietro è uno degli ottanta fornai di tutta Italia che a ottobre 2020 hanno firmato il Manifesto dei Panificatori Agricoli Urbani (Pau), il movimento che dal 2018 opera per rafforzare il lavoro degli attori della panificazione moderna.

I PAU sono nati da un’intuizione di Davide Longoni (Panificio Davide Longoni, Milano), Matteo Piffer (Panificio Moderno, Isera, TN) e Pasquale Polito (Forno Brisa, Bologna), che hanno subito allargato l’invito a far parte del movimento ad altri amici fornai di tutta Italia.

Il claim con cui si sono presentati al pubblico, nell’autunno del 2018, a Terra Madre, è stato «Bread for Change. Il mondo del pane cambia. Il Pane cambia il mondo».

Le adesioni, spontanee, sono arrivate con più chiamate a raccolta e momenti condivisi nel corso del 2019.

Come Pietro, tanti sono i giovani panificatori: da Gianluca Del Canto (28 anni) e Chiara Bracali (31), che a Carpi (MO) gestiscono insieme il Micropanificio Mollica a Davide Maffezzoni (27), che a Stagno Lombardo (CR) ha aperto il suo Forno La Màdena; da Santiago Rodriguez (32) che in onore alle proprie origini latinoamericane ha aperto il Panificio Santa Cruz a Santa Croce sull’Arno (PI) a Emanuele Fratus (27), che farà il pane nella bottega che la cooperativa di comunità Fer-menti Leontine aprirà in primavera a San Leo (RN)), in Alta Valmarecchia.

Per il momento Emanuele sta svolgendo un tirocinio nella valle accanto, quella del fiume Conca, a Gemmano (RN), nel laboratorio di Lorenzo Cagnoli, il cui negozio Pasta Madre è a Rimini.

I Panificatori Agricoli Urbani cooperano perché, come spiega uno dei dieci articoli del loro Manifesto, «i laboratori dei panificatori hanno pareti trasparenti».

Che cosa significa?

«Cooperiamo condividendo ricette, consigli e fornitori» spiegano i PAU.

E ancora: «Crediamo che la rivoluzione del Pane Agricolo Urbano sia di tutti, per questo accogliamo nelle nostre botteghe chiunque scelga di intraprendere la strada del pane.

Il dono e la generosità sono per noi valori essenziali.

Un movimento forte e radicato, capace di nutrirsi dello scambio, è una garanzia per la prosperità e la sostenibilità di ognuno».

Il mutualismo è uno dei valori alla base del lavoro in rete dei Panificatori Agricoli Urbani che con il loro Manifesto vogliono assumere un ruolo politico nella società: credono che il pane sia uno strumento per la valorizzazione delle filiere agricole e del sapere artigiano e che il pane contribuisca a dar forma all’ambiente in cui viviamo e anche quando operano all’interno di una stessa città non si vedono come concorrenti, se non per il fatto di correre insieme nella stessa direzione.
I primi tre articoli del Manifesto definiscono i contorni dell’azione dei Pau: «Fare il pane è un atto agricolo», «Il panificatore è un paesaggista» e «Il pane è fatto di persone», scrivono.

Leggendo in profondità, significa che la materia prima del lavoro quotidiano all’interno dei laboratori è il cereale trasformato in farina.

In questo modo, ogni impasto esprime palesemente un legame con la terra.

Il pane, così, è un attore politico, perché dà forma all’ambiente in cui tutti viviamo: la scelta delle materie prime determina il paesaggio.

A Bologna, la realtà del Forno Brisa ha creato un equivalenza: a partire dalla produttività per ettaro dei campi di proprietà, a Nocciano, sulle Colline Pescaresi, seminati con il miscuglio evolutivo di cereali del professor Salvatore Ceccarelli, hanno stabilito che ogni pagnotta di due chili è ottenuta con i cereali di 9 metri quadrati e lanciato il claim «Save the zolla».

I Panificatori Agricoli Urbani promuovono modelli agricoli sostenibili e resilienti.

Per questo, spiegano «siamo pianificatori e non solo panificatori».

Centrale è anche l’elemento relazionale: le persone che fanno il pane sono i contadini che coltivano i cereali, i mugnai che li trasformano in farine, gli artigiani che le panificano e anche i consumatori che se ne cibano.

«Ogni pane è unico e identificabile e racchiude una moltitudine di elementi che garantisce caratteristiche singolari, come il carattere dei semi, dei luoghi e delle annate.

Il nostro compito è far emergere la ricchezza di questa biodiversità» spiega il Manifesto.

I Pau non guardano al passato, non scrivono di «grani antichi» e non idolatrano «il pane di una volta».

Se puntano a recuperare le tradizioni è per farne uno strumento di innovazione, perché nei loro laboratori il pane non è sempre uguale: vogliono offrire al pubblico un prodotto salubre, che nutra il consumatore ma anche il suolo; credono nella capacità di evolversi dei cereali e anche in quella di un gruppo formato da decine di persone, tanti giovani ma anche alcuni panettieri meno giovani, che ogni giorno focalizzano la propria attenzione su cereali di alta qualità.

«Questo Manifesto – sottolinea Matteo Piffer del Panificio Moderno di Isera (Tn), portavoce dei Pau – dà un’indicazione chiara della volontà e del desiderio dei Panificatori Agricoli Urbani: fare il Pane è il nostro modo per prenderci cura della fertilità del suolo, per coltivare relazioni sincere e per esprimere il nostro senso di responsabilità verso il prossimo.

La stesura del Manifesto è iniziata nel luglio del 2019 e il testo è il frutto di una discussione collettiva condivisa. Gli appuntamenti in cui abbiamo avuto l’opportunità di incontrarci negli ultimi due anni – continua Piffer – hanno rafforzato la sensazione che il pane abbia la necessità di assumere una nuova veste, un nuovo ruolo.

Vedere oggi il Manifesto firmato da oltre ottanta persone, con un’età media intorno ai trent’anni è conferma: la filiera del pane ci aiuta a costruire un mondo più equo».

Perché non parla di futuro, è già realtà nel presente.

(Articolo di Luca Martinelli, pubblicato con questo titolo il 24 dicembre 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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