Francia verso le presidenziali. Elezioni, I Verdi ora sognano un posto in paradiso

Il leader della France Insoumise, Mélenchon continua a fare appello al “voto utile” a sinistra: stavolta però gli ambientalisti puntano tutto su Yannick Jadot: “Le nostre preferenze andranno solo a lui”

Di Mathieu Dejean, IL FATTO QUOTIDIANO, 4 APRILE 2022

Yannick Jadot ha vinto la sua scommessa: il candidato ecologista alle presidenziali francesi ha riunito quasi quattromila persone allo Zenith di Parigi domenica 27 marzo. E anche se, a gauche, Jean-Luc Mélenchon, candidato della France Insoumise, sinistra radicale, ha riunito intorno a sé lo stesso giorno 35.000 persone a Marsiglia, si è trattato comunque, secondo il team di campagna di Jadot, del più grande meeting nella storia dell’ecologia politica in Francia. Il record precedente risaliva alle elezioni europee del 2009, quando 2.500 militanti ambientalisti erano accorsi, sempre allo Zenith, per ascoltare Daniel Cohn-Bendit, all’epoca capolista del partito. Un risultato che, per questa famiglia politica non abituata agli eventi di massa, in un campagna partita in sordina, rincuora i militanti: “La campagna inizia davvero solo adesso”, osserva Romain Zavallone, 35 anni, iscritto a Europe Écologie-Les Verts (EELV) dal 2014. Di Jadot apprezza “la sincerità e la coerenza”: “Non è dogmatico né per gli ambientalisti né per gli altri”.
La famiglia ecologista non è mai stata così unita dall’inizio della campagna come in questa domenica di marzo: in prima fila, oltre al team di campagna di Jadot al completo, ci sono anche tutti gli ex candidati dei Verdi all’Eliseo, Noël Mamère, Dominique Voynet e Éva Joly. Basterà perché Jadot, al primo turno del 10 aprile, superi il risultato record degli ecologisti alle presidenziali, ovvero 5,25%, realizzato nel 2002 da Noël Mamère? Il gruppo rap Ärsenik, che ha suonato “Boxe avec les mots” (“Combatti con le parole”) in apertura di comizio per riscaldare la platea, sembra aver ispirato Jadot. Stando ai militanti, il candidato ecologista è “più combattivo” del solito nell’arringare la folla. Nel suo discorso, durato un’ora, l’eurodeputato, in prima linea nella difesa della resistenza ucraina, ha subito attaccato il rivale “indomito” Mélenchon, senza mai farne il nome: “Notiamo il silenzio dei tribuni, di solito loquaci a dar lezioni di geopolitica quando si trattava di rallegrarsi che Putin stesse ‘riportando l’ordine in Siria’, e che invece ora nascondono a malapena di aver abbandonato gli ucraini a se stessi”. Rivolgendosi tanto agli astensionisti, e in particolare ai giovani (che si sono astenuti in massa alle regionali), tanto ai delusi di Emmanuel Macron, Jadot ha fatto del suo meglio per distinguersi dal leader della France Insoumise. Da settimane, con il primo turno che si avvicina, Mélenchon continua a fare appello al “voto utile” a sinistra, sostenendo di essere il solo a poter accedere al ballottaggio del 24 aprile e battere l’estrema destra. Jadot, che sperava di avere la strada spianata dopo la vittoria alle elezioni europee del 2019, ritiene di poter ancora invertire le tendenze: “Non votate dimenticando la dimensione europea e le convinzioni internazionaliste della Francia. Rinneghereste la memoria di Jean Jaurès, di Léon Blum e Pierre Mendes France, e l’operato di Lionel Jospin. A chi è tentato dal voto utile dico: vota per convinzione”. Lo stato d’animo dei militanti di Jadot è esattamente questo. Chantal Jean, che lavora nell’amministrazione all’università di Poitiers, tesserata EELV da poco tempo, è stata affascinata dal “percorso personale” di Jadot: “È andato a strappare piante OGM, ha portato avanti azioni di disobbedienza civile con Greenpeace, ha fatto parte del movimento no-global. Certo, ha adottato i codici della classe politica, che possono non piacere ai giovani, ma proprio ai giovani dico: “Ne conoscete molti che hanno avuto il coraggio di fare altrettanto?”. Mentre Yannick Jadot dice di non sentirsi né un “salvatore” né un “Cesare”, il meccanismo di personalizzazione tipico delle elezioni presidenziali sotto la Quinta Repubblica (che Jadot dice di voler superare) fa il suo effetto.
Nel suo video di campagna elettorale, trasmesso in apertura del comizio, il candidato, originario della Picardia (nord), inizia mettendo in scena se stesso, le sue radici, il suo percorso. Ma gli ecologisti ne sono convinti: la tradizionale opposizione del partito alla leadership di tipo piramidale gioca contro di loro. Isabelle Catrain, militante del gruppo locale Cœur d’Essonne, che alle primarie dei Verdi aveva votato Éric Piolle, il sindaco di Grenoble, ritiene che Jadot, per quanto sia il candidato “più consensuale, capace di convincere gli indecisi”, ha sofferto prima di un “effetto Taubira” – nel momento in cui la ex ministra della Giustizia, Christiane Taubira, figura popolare della gauche, si era lanciata nella corsa all’Eliseo, prima di ritirarsi -, poi, e ancora adesso, di un “effetto Mélenchon”: “Jadot è una forza silenziosa – spiega Isabelle -. E purtroppo i francesi non votano necessariamente per un programma”. Più volte, prima che il candidato prendesse la parola, i suoi sostenitori hanno messo in evidenza che Jadot è “l’unico voto razionale” per lottare contro il cambiamento climatico. Un’espressione del matematico Cédric Villani, ex sostegno di Macron, ora affiliato a Génération Écologie. Lo stesso Jadot afferma di voler “parlare all’intelligenza degli elettori, non al loro istinto”: “Aggiungere delle grida alle grida raramente ha permesso di farsi ascoltare di più. Ed io non sono così”. Bonaventure Palomino, ingegnere originario del Paese Basco, militante senza tessera del partito, teme che questa strategia non sia abbastanza forte da “lasciare il segno”: “Ci sono dei fattori imponderabili: la crisi sanitaria e la guerra avvantaggiano Macron, e penso che purtroppo, in questo contesto, le campagne troppo gentili non hanno abbastanza impatto”. Palomino ha sempre votato ecologista: “Con un solo rimpianto, aver votato Mamère nel 2002 impedendo a Jospin di accedere al ballottaggio”. Al posto del socialista, fu il leader dell’estrema destra, Jean-Marie Le Pen, a passare il primo turno. Che vuol dire, che questa volta è pronto a privilegiare il voto utile e votare quindi per Mélenchon? Palomino risponde senza esitazione: no. Neanche se trova “interessanti” sia il “programma ecologico” sia la sua proposta di Sesta Repubblica di Mélenchon, di cui non condivide invece le idee sull’uscita della Francia dalla Nato e sull’Unione Europea. Anche Brigitte Apothéloz, giornalista in pensione in arrivo da Gardanne, presso Marsiglia, segretaria regionale del partito EELV nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, e sostenitrice di Jadot dal 2015, ritiene che se la strada è difficile per il candidato Verde è soprattutto per un motivo: “C’è una base solida, l’ecologia. Ma abbiamo due difetti: uno è che siamo troppo collettivi per cui non c’è un vertice. L’altro è che promuoviamo un’idea nuova, non un’idea di ribellione, ma un’idea di costruzione, che è più difficile da radicare, perché non agisce solo sulle emozioni”.
Malgrado tutto, secondo Brigitte, Jadot “incarnerà il futuro dell’ecologia per i prossimi vent’anni”. Per tre volte, durante il suo discorso, il candidato ha accennato al primo turno e lo ha fatto in questi termini: “Il vostro voto del 10 aprile è la prima tappa della costruzione di un grande movimento politico che difende questo progetto, questa visione, questo orizzonte: la Repubblica ecologica. Più forti saremo il 10 aprile, più voi sarete forti e più forte sarà questo movimento di costruzione del futuro”. Concentrato sulle presidenziali, Jadot si sta in realtà già proiettando oltre, verso le elezioni legislative di giugno. Una sfida cruciale per la sinistra. Julie, che lavora in una ONG ambientalista, si rammarica che Jadot non rappresenti ancora “l’alternanza naturale all’estrema destra e alla destra”. Ma conta sul radicamento dell’ideologia ecologista in prospettiva delle legislative e del dopo 2022: “Il Parlamento può rappresentare un vero contropotere. È importante averlo in mente. Nella peggiore delle ipotesi, se non accediamo al ballottaggio delle presidenziali, ci sarà un “terzo turno” che ci permetterà di riaffermare i temi che contano”. Anche per Romain Zavallone, giovane militante ecologista che rifiuta il voto utile, e quindi voterà per Jadot, pensa che “le elezioni del 2022 in realtà hanno quattro turni”.
(Traduzione di Luana De Micco)

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