San Paolo del Brasile: un esempio estremamente virtuoso di regolamentazione della pubblicità esterna della città che ha ridato il giusto decoro che spetta ad una metropoli

 

Immagine San Paolo.0  San Paolo del Brasile (in portoghese São Paulo) è una delle più grandi metropoli al mondo con ben 11 milioni e 253 mila abitanti, dove  l’inquinamento visivo causato dalle più svariate forme di pubblicità aveva raggiunto livelli massimi pari se non maggiori di quelli che si registrano oggi a Roma: nel 2006 vi è avvenuta una autentica rivoluzione nel campo della pubblicità esterna,  che è riuscita a mettere al bando qualsiasi tipo di affissione, dal cartellone al gonfalone, fino alle locandine, arrivando a regolamentare in maniera molto rigida anche la presenza delle insegne commerciali.

Vediamo come si è arrivati a questo traguardo.

Fino al 1880 la pubblicità per reclamizzare negozi ed uffici commerciali della città di São Paulo è stata molto discreta ed ha utilizzato più disegni che parole, poiché la maggior parte della popolazione era analfabeta e le persone transitavano a piedi o in carrozze, senza bisogno quindi di annunci per l’identificazione del business e della sua attività: non c’erano nemmeno strumenti normativi che regolamentassero la pubblicità esterna.

La prima legge è stata la n. 1826 del 10 luglio 1914, che ha regolamentato la pubblicità in lingua straniera, quale ovvia conseguenza dell’importazione di interi annunci negli Stati Uniti.

Durante il periodo dal 1889 al 1930, la città di São Paulo si è consolidata come la città più importante dell’intera regione metropolitana di San Paolo, dove l’attività commerciale ha registrato una significativa crescita che ha contribuito all’espansione quantitativa della pubblicità: la visibilità dello spazio urbano e del paesaggio cittadino non è stata più limitata ai pedoni, ma estesa anche agli utenti di tram e carrozze.

Per tutto il periodo successivo dal 1930 al 1960 il paesaggio urbano di San Paolo è stato contrassegnato dall’aumento nella densità della popolazione e nel numero degli edifici (tra cui molti grattacieli) con una nitida distinzione tra commercio di lusso (affermatosi poi in particolare nella Rua Oscar Freire) e quello popolare e il conseguente notevole aumento del volume della pubblicità esterna, che è stata più regolamentata attraverso una serie di leggi, decreti ed atti.

Con la legge comunale n. 4563 del 28 ottobre 1954 sono stati fissati gli obiettivi riguardanti la pubblicità esterna, che hanno portato a definire da un lato i punti di installazione per gli annunci con le relative tasse ed il divieto di installazione in certi luoghi pubblici ed a regolare dall’altro lato il posizionamento sulle fermate di autobus.

Pian piano il volto della città di São Paulo ha assunto i caratteri della grande metropoli con il rafforzamento del mercato della pubblicità esterna e la necessità di regolamentare questo tipo di pubblicità, che ha portato a modificare le leggi comunali soprattutto per quanto riguarda il contenuto della pubblicità, a partire dal 1964 con la dittatura militare che ha adottato come standard la censura e la limitazione dei mezzi di comunicazione.

Nel 1990 la legge organica di São Paulo, relativa più in generale alla politica urbana ha  affrontato anche le questioni relative alla pubblicità esterna: la legge comunale più significativa di questo periodo è stata la n. 12.115 del 12 giugno 1996, che è stata poi sostituita dalla legge n. 13.525 del 1° marzo 2003, considerata la più permissiva per quanto riguarda la regolamentazione della pubblicità esterna nel paesaggio urbano.

Nel 2006 è diventato Sindaco della città di San Paolo Gilberto Kassab, economista, politico ed ingegnere brasiliano che ha subito mostrato la volontà non solo di abolire la legge n. 13.525/2003, ma di porre addirittura fine alla pubblicità esterna.

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La situazione ereditata dal neo Sindaco era una città invasa da fotografie alte dieci piani, da neon su ogni tetto, da più di 13.000 cartelloni extra-large, da manifesti e cartelli, da insegne e neon, da schermi elettronici, da promozioni sulle fiancate di taxi e bus, da studenti assunti per appostarsi agli angoli delle strade sventolando bandiere con i colori di una marca o di un’altra: tutto questo aveva reso la situazione insopportabile.

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La storia inizia il 5 gennaio 2006, quando la città di São Paulo e l’Associazione di pubblicità esterna dello Stato di São Paulo (la SEPEX – SP, che comprendeva circa 30 imprese) hanno firmato un accordo di cooperazione, in base al quale i membri di SEPEX –SP si sono impegnati a rimuovere tutte le forme di pubblicità che non risultassero conformi alla legge n. 13.525/2003 , a cominciare dai 15 principali viali della città.

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Le immagini accoppiate che seguono mostrano in modo significativo “il prima ed il dopo la cura”.

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Circa 20 giorni dopo, sono stati rimossi circa un centinaio di annunci pubblicitari abusivi: a metà maggio del 2006 erano state rimosse più di un migliaio di forme pubblicitarie irregolari.

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Nonostante questi positivi risultati, il Sindaco  Gilberto Kassab è andato oltre ed ha proposto un disegno di legge che vietava la pubblicità esterna: questa soluzione molto aggressiva è stata giustificata dalla considerazione che non era possibile per l’amministrazione comunale ispezionare e rimuovere tutte le pubblicità illegali nella città di São Paulo, alla luce delle sue dimensioni.

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I rappresentanti di SEPEX – SP hanno ovviamente manifestato contro la proposta del Sindaco che a sorpresa poneva fine di fatto al partenariato che aveva portato a combattere assieme contro il non più accettabile “inquinamento visivo” della città.

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Anche l’ABA, associazione brasiliana di comportamento, si è pronunciata contro disegno di legge perché a suo giudizio la restrizione alla pubblicità esterna non avrebbe portato un beneficio alla società, all’economia ed alle aziende pubblicitarie, sottolineando fra l’altro che la struttura proprietaria della città era insufficiente a soddisfare tutte le esigenze pubblicitarie delle aziende.

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L’ ABA ha proposto la soluzione che secondo lei è l’alternativa applicata nelle grandi città del Brasile e di tutto il mondo: permettere delle regole più flessibili a seconda della zona della città di São Paulo, dal momento che ognuna possiede le proprie caratteristiche e la propria architettura .

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Dal canto suo la SEPEX – SP, pur ammettendo che  continuavano ad esserci molte pubblicità illegali, ha sostenuto che il problema poteva essere risolto senza un’azione radicale se il Comune si mettesse a sorvegliare la pubblicità pubblica con più intensità ed efficacia.

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Alla fine di una acceso dibattito pubblico in seno al Consiglio Comunale della città di São Paulo, nel corso del quale diverse aziende pubblicitarie hanno fortemente contestato il disegno di legge (provando a far passare vari emendamenti), in una seduta plenaria del 26 settembre 2006 è stata approvata con un solo voto contrario la legge comunale n. 14.233, pubblicata poi nella Gazzetta ufficiale del Comune del 27 settembre 2006, che è entrata in vigore dal 1 gennaio del 2007 e che è stata poco dopo regolamentata dal decreto n. 47.950 del 5 dicembre 2006.

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Il 1° capitolo, di 7 articoli, specifica lo scopo della legge, le linee guida, le strategie e le definizioni; il 2° capitolo (da art. 8 ad art. 11) detta le norme generali; il 3° capitolo (dall’art. 12 all’art. 23) detta le regole del paesaggio urbano con una Sezione II dedicata alla pubblicità nei servizi urbani; il 4° capitolo (dall’art. 24 all’art. 38) è dedicato ai procedimenti amministrativi; il 5° capitolo (dall’art. 39 all’art. 43) riguarda le violazione e le relative sanzioni; il 6° ed ultimo capitolo (dall’art. 44 all’art. 57) detta le disposizioni finali e provvisorie.

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In applicazione del suddetto articolato dal 1° gennaio del 2007 è stata proibita tutta la  pubblicità outdoor, compresi tabelloni elettronici, opuscoli, pubblicità aerea, annunci su taxi e autobus, così come altre forme di outdoor advertising che nascono per essere fruite “on the go” cioè mentre si fa altro (mentre si passa in macchina o mentre si è in attesa in stazione o  camminando per la città).

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L’unica pubblicità ammessa è stata quella su elementi di arredo urbano, come pensiline per autobus, cartelloni orologio (per visualizzare anche la temperatura giornaliera), annunci in cima a segnali stradali, caselle di posta, cassonetti pubblici e nelle edicole.

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Sono state naturalmente consentite le pubblicità necessarie ad identificare le imprese (quali le insegne su negozi e ristoranti), ma limitate ad una superficie massima di 4 mq., a seconda delle dimensioni del fronte dell’edificio (4 mq. per edifici tra 10 e per un centinaio di metri di altezza).

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prima (a sinistra) e dopo (a destra)

Le insegne, come già detto, si sono dovute adeguare alle nuove regole entro il 31 marzo 2007.

La legge è stata denominata della “Cidade limpa” (“città pulita”) ed è stata percepita come “una rara vittoria dell’interesse pubblico su quello privato, dell’ordine sul disordine, dell’estetica sulla bruttezza, della pulizia sulla spazzatura”.

Nei riguardi di tale legge si sono venuti a creare due schieramenti contrapposti.

Con il Sindaco intenzionato a disfarsi di circa 15 mila insegne, si sono schierati entusiasticamente una sfilza di architetti, intellettuali e paesaggisti che si soni  visti realizzare  il loro sogno di una metropoli ideale, dove a svettare diventano solo le altezze perfette e armoniose degli edifici, ma anche il 70% dei cittadini di San Paolo felici di poter ammirare di nuovo angoli antichi della loro metropoli sino a quel momento nascosti dalle enormi insegne pubblicitarie, nonché addirittura statunitensi che in un forum su Flickr si sono dichiarati entusiasti della decisione del Sindaco Gilberto Kassab e avrebbero addirittura voluto che l’esperimento fosse esteso anche nelle loro città.

Dall’altro lato però non sono mancati i detrattori con le loro polemiche, a partire ovviamente da chi con le affissioni e la pubblicità ci campa.

L’ industria della pubblicità, così come altri enti ed associazioni hanno ritenuto che la nuova legge avrebbe influenzato negativamente circa 20.000 dipendenti che lavoravano a quel momento con la pubblicità: inoltre negozi e ristoranti dovevano spendere soldi per cambiare le loro insegne entro il 31 marzo 2007, in vista delle nuove regole, invece di investire sulla loro attività .

Secondo l’associazione commercianti di San Paolo con questa legge verrebbero meno le regole di base del mercato e del capitalismo, senza parlare delle perdite di guadagni stimata all’epoca dalle stesse aziende intorno ai 900 milioni di reais (circa 350 milioni di euro) e il lavoro a rischio di circa 700 persone impiegate nel settore della cartellonistica pubblicitaria.

Spaventate sono state anche le società che gestivano 72 centri commerciai della città che da sole generano un quarto dell’intero fatturato di tutti i centri commerciali del Brasile: “I tempi per mettersi in regola sono stretti“, si sono lamentati, “e le multe, che partono da 9000 reais in su (circa 3500 euro) certo non aiutano“.

Schierati con i commercianti anche molti consumatori che hanno visto in pericolo una forma di espressione oltreché di informazione sui prodotti da acquistare e che hanno paventato che senza la luce di quei cartelloni di notte le strade possano diventare più pericolose del solito.

C’è stato comunque alla fine un addio alle colorate pubblicità di jeans o cellulari, un addio alle insegne di banche e di sexy shop: non ci sono stati più neanche  i dépliant distribuiti per strada, né pubblicità sugli autobus, né sui taxi e perfino le semplici insegne dei negozi sono state fortemente ridimensionate.

In considerazione di questo scenario che si è poi verificato, all’inizio del mese di dicembre del 2006 sei aziende hanno tentato di bloccare il provvedimento, avviando cause legali che hanno puntato sulla incostituzionalità della nuova legge n. 14.223/2006, in quanto violerebbe i principi di ragionevolezza e della libertà d’impresa.

La Corte dello Stato di São Paulo ha accettato questi argomenti e ha concesso inizialmente diverse ingiunzioni di sospensione degli effetti della legge n 14.223 /2006, che però su ricorso successivo del Comune sono state negate e revocate dai giudici della Corte d’Appello dello Stato, che hanno ritenuto la legge del tutto costituzionale.

Il problema non è stato ad ogni modo sollevato dinanzi alla Corte Suprema per cui è rimasta pienamente in vigore la legge n. 14.223/2006 passata alla storia come “Cidade limpa, vale a dire “Città pulita”.

Con la successiva legge comunale n. 15.465 del 18 ottobre 2011 il  Sindaco Gilberto Kassab, ha consentito che tramite bandi di gara per pubblica utilità si potessero installare elementi di arredo urbano, recuperandone alcuni esistenti e consentendo la pubblicità con i totem, le fermate degli autobus e gli orologi.

Sono da sottolineare due aspetti importanti della suddetta legge, che sono da un lato quello di permettere alle aziende straniere di partecipare ai bandi di gara con offerte relative agli orologi urbani, ai pali totemici ed alle fermate degli autobus e di prendere in esame dall’altro lato anche altri eventuali elementi di arredo urbano che sono fiori all’occhiello di multinazionali come  ad esempio CEMUSA, ADShell e JCDecaux, che è presente in Italia in forma associata come IGPDécaux.

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orologio urbano della JCDécaux

L’argomento più forte che ha portato molte città non solo europee ad orientarsi maggiormente verso gli elementi di arredo urbano è stata la costatazione che i supporti per la pubblicità esterna non hanno giocato più di tanto un ruolo vantaggioso per il cittadino, mentre hanno funzionato molto meglio come servizio utile proprio gli elementi di arredo urbano.

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pubblicità su un’edicola nella Avenida Paulista

La concentrazione della pubblicità esterna in elementi di arredo urbano contribuisce enormemente ad una maggiore uniformità delle immagini di una città e ad un recupero della perdita della sua identità, tenendo presente che ogni città è la manifestazione fisica della società che l’ha costruita, soprattutto se questo arredo urbano riproduce lo stesso modello preso in prestito dalle aziende internazionali sopra dette che hanno la leadership in questo mercato.

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pubblicità con misurazione della temperatura nella Avenida Paulista

In riferimento a quanto è successo nel  2007 a San Paolo del Brasile, dove si è scatenato il dibattito sulla pubblicità sostenibile con lo slogan “via tutti i cartelloni pubblicitari dalla città”,  qualcosa si è mosso e il dibattito sulla necessità di una pubblicità sostenibile si è intensificato in tutto il mondo ed anche in Italia.

Un gruppo di giovani attenti alle bellezze del territorio ha deciso di cogliere la sfida della pubblicità sostenibile lanciando a Bari un rivoluzionario progetto: il light van

Nella mission aziendale di Microbati, società attiva dal 2003, c’è la volontà di ripensare le strategie pubblicitarie, cercando di far convivere le esigenze del mercato con il rispetto del contesto urbano: “Il progetto nasce da un’ispirazione che abbiamo tratto oltreoceano, dove la pubblicità tende a essere meno invasiva degli spazi pubblici e diventa quasi un’installazione artistica, con un occhio in più per l’ecologia”.

Il light van proietta sulle facciate degli edifici centrali della città la pubblicità per una durata di circa 30 minuti: il tutto senza imbrattare i muri o danneggiare l’arredo urbano, senza consumare carta e altri materiali non riciclabili, senza tecniche invasive di comunicazione come il volantinaggio o il ricorso a call center.

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Abbiamo pensato di allestire un furgone nove posti che ospita sul tetto un proiettore – spiega Daniele Quarto, responsabile di Microbati – il quale consente, in sosta dove è possibile, di utilizzare le pareti della città come se fossero dei maxi schermi: in questo modo la pubblicità entra nell’era multimediale, urbanisticamente parlando. Si può sfruttare un supporto multimediale senza produrre tonnellate di carta e spenderne altrettante di inchiostro, al fine di ottenere un risultato che da un lato è visibile per le grandi dimensioni, dall’altro perché è originale in quanto dà spazio alla creatività nell’ambito multimediale».

I ragazzi imprenditori e promotori dell’iniziativa stanno pensando di sfruttare l’idea anche per dare ad artisti emergenti l’opportunità di esprimere un’idea sia essa un video, un’immagine attraverso quest’ausilio ecologico.

Ma Bari è pronta a questa nuova forma di comunicazione?

Non offriamo tale servizio per piccoli marchi – aggiunge il responsabile di Microbati – perché non hanno il potere economico tale da permettersi una bella campagna: non vogliamo deturpare i palazzi e cerchiamo di esser attenti esteticamente. L’unica prerogativa dei posti deve essere solo quella di poter dare una buona visibilità al messaggio. Per quanto riguarda le postazioni stradali lo spreco della carta è notevole: penso alle 500 postazioni 6×3 – che equivalgono a 500 pezzi di carta buttati in pattumiera – che ruotano ogni due settimane a Bari. Senza considerare l’inquinamento dei camion vela e l’impatto degli inchiostri a solvente che vengono utilizzati sui manifesti.

L’esempio di San Paolo del Brasile è riuscito a far pensare a quello che potrebbe essere Napoli senza le numerose installazioni pubblicitarie che l’hanno occupata in questi ultimi anni.

Il Comune di Napoli è sembrato avere per un attimo un sussulto positivo con Elisabetta Gambardella,  Assessore al Decoro e Arredo Urbano del Comune Napoli dal 19 giugno 2006 al 2009, che negli ultimissimi giorni della sua carica ha diramato la seguente nota ufficiale: “Il tavolo territoriale di concertazione istituito dall’assessore Gambardella recependo le proteste e le denunce pervenute da parte della Soprintendenza, delle associazioni di cittadini e quelle dei commercianti, dopo aver esaminato sul territorio tutte le installazioni pubblicitarie effettuate finora, ha concluso concordemente i propri lavori rispondendo a un’esigenza condivisa di maggiore razionalizzazione degli spazi pubblici”.

Fu deciso allora che dal centro della città di Napoli sarebbero sparite cento installazioni pubblicitarie: sono invece trascorsi cento giorni, nel corso dei quali è subentrato un nuovo assessore, ma nulla è stato fatto di quanto stabilito.

Ha perciò sorpreso non poco leggere le dichiarazioni del subentrato assessore Luigi Imperlino che ad ottobre del 2012 è stato fra l’altro indagato per le assunzioni facili assieme al Sindaco Iervolino e ad altri 9 assessori della sua Giunta e che nel 2008 ha riferito in termini generici di “altri progetti di arredo urbano anche in collaborazione con aziende pubblicitarie”, quando l’operazione iniziale doveva essere quella dell’eliminazione delle installazioni individuate come negative in termini di impatto ambientale.

A giustificare la concessione di tali soluzioni pubblicitarie non possono certamente bastare le somme ricevute in contropartita dalle aziende pubblicitarie, anche se va rimarcato che non è di certo secondaria né va sottovalutata la questione degli elementi di arredo urbano, che merita di essere affrontata con la dovuta attenzione, anche sull’esempio di San Paolo del Brasile, poiché una città meno invasa e meno disordinata può contribuire almeno in parte a frenare altri generi di disordine ed è anche vero che l’aspetto esteriore, il mantenimento del decoro, l’attenzione all’estetica della città sono elementi che ne migliorano le condizioni di  vivibilità e ne rinviano all’esterno un’immagine che produce nel tempo un “ritorno” anche in termini economici.

L’esempio di San Paolo del Brasile fa pensare anche e soprattutto a quello che potrebbe diventare la città di Roma senza le numerose installazioni pubblicitarie che ne hanno orribilmente deturpato un decoro che va comunque recuperato in qualche modo.

Se per ora è un sogno utopistico pensare di riuscire a fare anche a Roma quanto è stato fatto a San Paolo del Brasile, perché si andrebbe da un estremo al suo esatto opposto, dall’esperienza brasiliana si potrà comunque prendere come validi ed immediati diversi spunti utili alla redazione, dopo il PRIP, di Piani di Locazione e soprattutto di un utilizzo da parte della amministrazione capitolina  del “parco impianti” da essi individuato che possa tradursi in servizi aggiuntivi a tutto vantaggio dei cittadini, dal Bike Sharing agli elementi di arredo urbano a cui ci si riserva di dedicare un prossimo articolo.

      

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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