Direttiva Nitrati: Ispra, impatto zootecnia sopravvalutato

Articolo pubblicato con questo titolo il 29 gennaio 2015 sul sito “Euractiv.it.

 Immagine.Euractiv

Uno studio dell’Ispra sull’inquinamento da nitrati ridimensiona il contributo della zootecnia alla contaminazione delle acque. 

Un elemento in più per l’azione che i ministri dell’Ambiente e delle Politiche agricole Gian Luca Galletti e Maurizio Martina intendono portare avanti in sede europea per modificare la direttiva nitrati. 

Lo studio, commissionato all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) dal Ministero dell’Agricoltura, analizza la contaminazione da nitrati delle acque nelle regioni del Bacino del Po, della Pianura Veneta e del Friuli Venezia Giulia

Aree ad alta concentrazione zootecnica, oggetto di una procedura di infrazione nel 2006 per aver previsto una designazione troppo ristretta delle zone vulnerabili all’inquinamento da fertilizzanti agricoli, poi chiusa dopo l’adozione di piani d’azione più severi, in linea con le norme europee.

Immagine.pTerra dei Fuochi.ng

La direttiva n. 676 del 1991 sull’inquinamento da nitrati di origine agricola e zootecnica stabilisce infatti che i paesi Ue devono analizzare i livelli di concentrazione di nitrati nelle acque, sviluppare dei programmi d’azione per la tutela di fiumi e laghi e individuare, in un elenco da rivedere periodicamente, le zone vulnerabili all’inquinamento da fertilizzanti agricoli. 

Per adeguarsi alla direttiva comunitaria il Mipaaf e il Ministero dell’Ambiente hanno approvato un decreto che rivede le norme relative alla gestione degli effluenti di allevamento e sull’utilizzazione agronomica del digestato, ma l’opinione comune a Ministeri e organizzazioni del comparto è che le norme Ue scarichino responsabilità eccessive sull’allevamento

Già nel 2014 uno studio dell’Ispra aveva rivelato che in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto l’impatto dei nitrati di natura zootecnica interessa non più del 10% delle superfici (ma è pari al 19% in Piemonte), convincendo i ministri Gian Luca Galletti e Maurizio Martina della necessità di aggiornare le norme relative alle zone vulnerabili, attraverso una revisione della direttiva, considerata ormai datata. 

Il nuovo lavoro dell’Istituto conferma la linea dei due ministri. 

Secondo lo studio, la contaminazione da nitrati dipenderebbe da fonti multiple, un mix di settore civile, industriale, agricolo e zootecnico, dai fanghi di depurazione agli scarichi civili, con l’incidenza dell’allevamento mai superiore a un terzo dell’inquinamento totale accertato nelle regioni ad alta vocazione zootecnica. 

Una rappresentazione diversa da quella storica che assegna alla zootecnia l’unica responsabilità“, commenta il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, sollecitando la “revisione del perimetro delle zone vulnerabili a tutela delle migliori produzioni dell’autentico Made in Italy”. 

In assenza di interventi tempestivi, sottolinea infatti il vicepresidente di Confagricoltura Ezio Veggia, si assisterà a un “forte ridimensionamento di un settore che contribuisce alla maggior parte delle produzioni di qualità italiane”. 

Della necessità di interventi immediati ha parlato anche il ministro Martina, secondo cui “in questi anni è stato troppo forte il carico di responsabilità addossato all’agricoltura e alla zootecnia rispetto all’inquinamento da nitrati. È ora di riequilibrare”.

Per il ministro, “i risultati raggiunti consentono l’apertura di un dibattito scientifico, da portare anche a livello comunitario, in modo da affrontare il problema della direttiva nitrati in maniera da incidere sulle reali fonti di inquinamento delle acque”. 

A livello nazionale, Martina e Galletti hanno previsto un tavolo di lavoro con le regioni e le organizzazioni interessate per il prossimo 10 febbraio. In quell’occasione, ha anticipato Martina, decideremo “i prossimi step operativi, anche in ambito europeo”.

 

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