“Alluvioni e smog, a rischio 3.600 monumenti di Roma”

 

Articolo pubblicato con questo titolo il 3 marzo 2015 su “La Repubblica”.

Monumenti romani messi a rischio dai mutamenti climatici e dal dissesto idrogeologico. 

Lanciano l’allarme l’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr) e l’Istituto superiore protezione e ricerca ambientale (Ispra), che oggi hanno illustrato i loro 15 anni di attività congiunta, in cui hanno messo in comune conoscenze e dati, in un incontro a Roma, al complesso di San Michele a Ripa.

I beni culturali di composizione calcarea a Roma (architettonici, archeologici, statue e fontane) al momento riportati nella Carta del rischio del patrimonio culturale dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr) “sono circa 3.600, mentre quelli con composizione bronzea sono 60“: entrambe le tipologie sono principalmente collocate nel centro della capitale. 

Nonostante “la potenziale aggressività territoriale di Roma sia risultata relativamente bassa, la perdita di superficie – quantificata attraverso la realizzazione di ‘mappe di danno’ – è risultata essere compresa tra 5,2 e 5,9 micron l’anno per il marmo e 0,30 e 0,35 micron l’anno per il bronzo“. Negli ultimi decenni, “il degrado dei materiali esposti all’aperto ha subito un’accelerazione e in generale è stato registrato un incremento della velocità con cui alcuni processi, coinvolti nel degrado, evolvono nel tempo“, avvertono Iscr e Ispra. 

L’inquinamento atmosferico “è risultato un fattore di pressione determinante per le superfici dei monumenti esposti all’aperto – segnalano gli studiosi – l’impatto delle sostanze inquinanti emesse in atmosfera sui materiali costitutivi dei monumenti è ingente ed irreversibile a causa della mancanza di sistemi di autorigenerazione, che sono invece presenti negli esseri viventi“.

Smog sul banco degli imputati quindi, ma “non esistono, al momento, valori limite specifici per gli effetti dell’inquinamento atmosferico sui beni di interesse storico-artistico“, denunciano Iscr e Ispra, sola eccezione, in Italia, sono le opere d’arte esposte all’interno dei musei. 

Alla luce di tutto ciò “è evidente come sia necessario monitorare le condizioni ambientali del territorio in situ“: per questo, Ispra e Iscr hanno avviato nel 2013 una campagna sperimentale, con la collaborazione di Arpa Lazio, condotta presso 7 siti selezionati a Roma, all’interno del Grande raccordo anulare (in corrispondenza di altrettante stazioni della rete di monitoraggio della qualità dell’aria), per individuare una correlazione tra la ‘dose’ (le concentrazioni di inquinanti presenti in atmosfera e l’intensità dei fattori climatici) e la ‘risposta’ (il danno subito dai materiali esposti espresso come perdita di materiale e sporcamento). 

In particolare, spiegano Ispra e Iscr, “mentre i provini di marmo mostrano una leggero sporcamento nel tempo – che risulta più evidente nei siti caratterizzati da concentrazioni più alte di particolato atmosferico – per il vetro ed il rame invece lo sporcamento ha mostrato un significativo aumento nel tempo in tutti i siti“. 

Ancora: la perdita di materiale (erosione) calcolata sperimentalmente sul campione in situ, si è attestata su 3-4 micron all’anno.

Dalle elaborazioni Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr) e dell’Istituto superiore protezione e ricerca ambientale – Ispra emerge inoltre che, “relativamente alle alluvioni, nel comune di Roma i beni culturali immobili esposti a rischio idraulico con tempo di ritorno fino a 500 anni sono 2.204 e l’area inondata comprenderebbe anche il centro storico (piazza Navona, piazza del Popolo, Pantheon)“.

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