Cambi d’uso, invasione di hotel: «In dieci anni sono stati 2950»

 

Brugnaro e l'hotel Biasini

Il sindaco Brugnaro ed il palazzetto dove ha sede l’hotel Biasin

VENEZIA. I cambi d’uso non si fermano.

E in consiglio comunale stanno per arrivare due nuove delibere proposte dalla giunta che consentono di trasformare in pezzi di hotel appartamenti finora abitati da famiglie di residenti.

La municipalità di Venezia-Murano-Burano ha dato parere negativo.

La commissione urbanistica ha dato il via per la discussione in consiglio comunale, nonostante il parere negativo delle opposizioni (Lista Casson, Pd e Movimento Cinquestelle).

«Atto dovuto», si sono giustificati i consiglieri di maggioranza, in testa il capogruppo della Lista Brugnaro Maurizio Crovato e il vice Renzo Scarpa.

«Dal punto di vista etico la Municipalità ha ragione», dice, «ma il Tar non avrà la nostra visione politica e le carte danno ragione ai richiedenti. E poi sono accorpati da anni agli alberghi. Dal 2010 al 2014 il Comune ha concesso 2950 cambi d’uso».

«Ma non è vero», replica l’ex assessore all’Urbanistica e capogruppo del Pd Andrea Ferrazzi, «la gran parte di quegli atti non c’entrano con questo discorso. Sono errori tecnici che sono stati corretti».

Fatto sta che i primi due atti portati in commissione Urbanistica dall’amministrazione Brugnaro riguardano la trasformazione di due appartamenti in hotel o loro depandance.

Uno al ponte delle Guglie, secondo piano di un palazzetto dove ha sede l’hotel Biasin.

L’altro in calle delle Rasse, tre appartamenti adiacenti all’hotel Danieli.

Davvero un atto dovuto?

L’articolo 21 delle norme Tecniche di Attuazione allegate alla Variante del Piano regolatore prevede che gli appartamenti con superficie inferiore ai 120 metri quadrati siano vincolati a residenza.

Ma la stessa norma prevede anche la «scappatoia».

«Nelle unità edilizie dove i due terzi della superficie abbiano destinazione diversa da quella abitativa può essere eccezionalmente autorizzato il mutamento d’uso delle parti restanti dell’edificio».

Serve il parere della Commissione scientifica e il parere favorevole del Consiglio comunale.

Ma si tratta comunque di una “possibilità”, non di un obbligo.

La prova è che non è un provvedimento firmato dai tecnici ma di una delibera.

«È così», dice Stefano Boato, urbanista ed ex assessore all’Urbanistica, «volendo quella norma può essere cambiata in due minuti. Fino al 1997 vincolava tutti gli immobili usati come residenza, non solo quelli affittati. Poi le cose sono cambiate, ma la possibilità di intervenire c’è ancora. È una scelta politica, e stiamo parlando del problema più importante per la città storica: fermare l’esodo degli abitanti. Lo diciamo a parole da anni, ma non si fa».

 

(Articolo di Alberto Vitucci pubblicato con questo titolo il 29 ottobre 2015 su “La Nuova di Venezia e Mestre”)

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