Ricorso straordinario: la giusta “cautela”

 

Prof. Daniele Granara

In ordine alla inutile polemica dei giorni scorsi, sui cinque pareri espressi dalla Seconda Sezione consultiva del Consiglio di Stato, secondo cui deve essere accolta la domanda di sospensione dell’efficacia del provvedimento di collocamento a riposo di altrettanti magistrati, si deve preliminarmente osservare che gli stessi, come tutti quelli pronunciati in materia di ricorsi straordinari, sono vincolanti e non possono essere disattesi da chicchessia, né dal ministro, né dal Governo, né dal Presidente della Repubblica.

D’altra parte, la giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario – che costituisce ormai un dato acquisito dell’ordinamento, essendo riconosciuta alla Sezione consultiva, quanto decide il ricorso straordinario, la natura di giudice – conferma detta natura vincolante.

Disattendere tali pareri equivale a disattendere una pronuncia giurisdizionale ed è veramente singolare che ciò sia stato anche solo prospettato.

Nel merito, la ragione principale per cui la Sezione Seconda si è convinta ad emettere i provvedimenti è che in tutti quei posti direttivi l’interpello (cioè il bando) per la relativa copertura è scaduto nel mese di novembre 2015 e, quindi, le complesse operazioni per nominare i successori sono partite da quella data e dureranno prevedibilmente undici mesi (lo stesso Consiglio superiore della magistratura ammette al punto nel proprio regolamento in materia che il tempo medio impiegato dai consigli giudiziari per rendere i pareri preliminari alle nomine è di otto mesi, cui si aggiungono i passaggi in commissione e plenum, che si svolgono in mai meno di tre mesi).

Ci si chiede se in questo lungo periodo – che per i posti di cui si discute è appena iniziato – gli uffici possano funzionare adeguatamente senza il titolare, anche in relazione alle prevedibili conseguenze dell’applicazione sia della cosiddetta Legge Pinto, in caso di violazione del termine ragionevole del processo, sia della giurisprudenza europea sull’eccessiva durata della detenzione, dovuta a cause dipendenti anche da carenze di organico nella giustizia.

Ed è appena il caso di rilevare che, nei cinque casi di cui si è occupata la Seconda Sezione del Consiglio di Stato, la data dei collocamenti a riposo (1° gennaio 2016) 1 era nota dal luglio 2014, come stabilito all’articolo 1 del D.L. n. 90/2014 e che gli incarichi direttivi lasciati vacanti sono tutti di rilevante importanza, per le delicate funzioni svolte.

Pertanto, le cinque sospensive, che sono state concesse fino alla risposta istruttoria da parte del ministero, in ogni caso consentiranno all’amministrazione di integrare adeguatamente la motivazione delle procedure di collocamento a riposo anticipato, che diversamente potrebbero essere il presupposto per azioni di danno erariale (o quantomeno di responsabilità politica), dovute al prevedibile aumento della durata dei processi per effetto delle carenze temporanee di organico.

È infine appena il caso di considerare che, per la generalità degli organi, è prevista la prorogatio fino a sostituzione dei componenti, dalla Legge del 15 luglio 1994 (n. 444), della quale però la Corte costituzionale, nella sentenza del 16 aprile 1992 (n. 208) e nelle analoghe successive, ha sempre negato l’estensione alle fattispecie come quelle in esame, e ciò solo per evitare i possibili abusi realizzati mediante l’eccessivo rallentamento o addirittura l’omissione dell’iniziativa nel procedimento per avvicendare gli organi scaduti.

Per evitare abusi, però, basterebbe prevedere una durata massima dei procedimenti per la sostituzione di uffici ed organi scaduti e le relative responsabilità per i ritardi, rendendo effettivi tempi e sanzioni, e/o avviare anticipatamente ed in tempo utile le procedure di avvicendamento, almeno per i collocamenti a riposo di cui sia certa e prevista la data.

Pertanto, la polemica insorta non solo è inutile, ma anche inopportuna ed errata, per non dire strumentale, avendo la Sezione consultiva del Consiglio di Stato espresso un parere motivato, logico, coerente e conforme a giustizia.

La singolare “levata di scudi” che ne è scaturita pone pericolosamente in gioco addirittura un principio essenziale, che presiede non solo all’esercizio della funzione consultiva, ma anche di quella giurisdizionale del Consiglio di Stato e, quindi, del nostro sistema di giustizia amministrativa, ossia l’indipendenza dell’Istituto di fronte al Governo, sancita espressamente (anche per la Corte dei conti) dall’articolo 100 della Costituzione.

 

 (Articolo del Prof. Daniele Granara, pubblicato con questo titolo il 18 dicembre 2015 sul sito “L’Opinione”)

N.B. – Il Prof. Daniele Granara è docente di Diritto costituzionale nell’Università di Genova e di Diritto regionale nelle Università di Genova e “Carlo Bo” di Urbino: è Vice Presidente di VAS)

 

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