Il diritto di accesso agli atti e alle informazioni ambientali

 

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo di Fulvio Albanese pubblicato con questo titolo il 2 ottobre 2015 sul sito  www.lexambiente.it.

Si tratta di un saggio vero e proprio che integra in modo più che esaustivo l’articolo pubblicato su questo sito il 16 settembre 2016 (vedi http://www.vasonlus.it/?p=36248#more-36248)

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Sommario: 1. L’ambiente come bene della vita.  1.1 Il diritto all’informazione ambientale: la Convenzione di Aarhus.  2. La direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.  2.1 La Corte di Giustizia e l’informazione ambientale.  3. Il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 195, attuazione della direttiva 2003/4/CE.  3.1 Il Decreto Legislativo 195/2005 esplicitato dalla giustizia amministrativa.

A nulla ci servirà descrivere i sintomi, se non riconosciamo la radice umana della crisi ecologica.

(Papa Francesco, Laudato si’, Lettera enciclica sulla cura della casa comune)

1. L’ambiente come bene della vita. 

Quando si ragiona di ambiente è necessario tener presente che si tratta di un bene della vita materiale e complesso, la cui disciplina comprende anche la tutela e la salvaguardia delle qualità e degli equilibri delle sue singole componenti.

Oggetto di tutela, come si evince fin dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972, è la biosfera, che viene presa in considerazione, non solo per le sue varie componenti, ma anche per le interazioni fra queste ultime, i loro equilibri, la loro qualità, la circolazione dei loro elementi, e così via.

Occorre, in altri termini, guardare all’ambiente come “sistema”, considerato cioè nel suo aspetto dinamico, quale realmente è, e non soltanto da un punto di vista statico ed astratto [1].

La Dichiarazione sui principi dell’ambiente umano, elaborata nella conferenza di Stoccolma, focalizza l’attenzione alla dimensione umana nel contesto ambientale ed avanza specifiche indicazioni, tra cui quelle relative alla responsabilità dell’uomo rispetto all’ambiente ed alle generazioni future, ovvero all’uso delle risorse naturali pianificandone l’impiego proprio al fine di non pregiudicarne l’equilibrio ambientale e gli interessi delle future generazioni.[2]

Dunque l’ambiente deve essere protetto come elemento determinante della qualità della vita  e la sua tutela esprime l’esigenza di preservare un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente condivisi [3].

1.1 Il diritto all’informazione ambientale: la Convenzione di Aarhus.

Con la Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza su “L’Ambiente Umano” tenutasi a Stoccolma dal 5 al 16 giugno 1972, s’inizia a considerare la necessità di adottare principi comuni “al fine di inspirare e guidare i popoli del mondo verso una conservazione e miglioramento dell’ambiente umano[4].

Ma non solo.

Nella Dichiarazione è chiaramente scritto che deve essere incoraggiata la ricerca e lo sviluppo scientifico nel contesto delle questioni ambientali, sia nazionali che multinazionali.

A tal fine deve essere incoraggiata la libera circolazione delle informazioni scientifiche e delle esperienze più recenti per facilitare la soluzione dei problemi che nel frattempo diventano sempre più complessi e rischiosi [5].

Col passare degli anni il rapporto ambiente-uomo acquista sempre più importanza tanto che il decimo principio contenuto nella Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo del giugno 1992 prevedeva espressamente che gli Stati firmatari riconoscessero che il modo migliore per affrontare le problematiche ambientali fosse quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati.

Indubbiamente stava aumentando la consapevolezza che la sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto alle questioni ambientali doveva essere sempre più favorita rendendo ampiamente disponibili, ai vari livelli, le relative informazioni [6].

Quindi, la necessità di accedere alle informazioni ambientali costituisce d’ora in poi la base irrinunciabile per una seria ed efficacie azione di salvaguardia del bene oggetto di tutela.

Si accetta l’idea che i cittadini, per poter esercitare il proprio diritto di soggetti interessati alle decisioni operate a tutti i livelli di governo, devono conoscere in anticipo i problemi e le soluzioni proposte, in modo da poter formulare un valido contributo.[7]

Il 25 giugno 1998 veniva firmata ad Aarhus (Danimarca) la “Convenzione sull’accesso alle informazioni, sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale”,[8] un trattato internazionale finalizzato a garantire ai cittadini il diritto alla trasparenza, nonchè ad assicurare la partecipazione ai processi decisionali locali, nazionali e transfrontalieri concernenti le tematiche ambientali.

La convenzione è entrata in vigore il 30 ottobre 2001, in Italia è stata ratificata con la legge n. 108 del 16 marzo 2001.

Il diritto di accesso all’informazione previsto dalla Convenzione deve essere garantito sia sul versante passivo, con l’obbligo di fornire le specifiche informazioni richieste dai cittadini, fatte salve alcune eccezioni d’interpretazione tassativa (articolo 4), sia sul versante attivo, ovvero le autorità pubbliche hanno il dovere di raccogliere e divulgare l’informazione in materia ambientale, a prescindere dalle richieste ricevute (art. 5).

La Convenzione individua un nuovo tipo di trattato internazionale in materia ambientale e infatti sancisce il collegamento tra protezione dell’ambiente e diritti umani [9].

Gli Stati firmatari della Convenzione devono riconoscere che ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente adatto ad assicurare la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente, individualmente o collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e future.

Per poter affermare ciò, i cittadini devono avere accesso alle informazioni, essere ammessi a partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in materia ambientale [10].

È facile intuire che un diritto di accesso alle informazioni più ampio facilita la partecipazione ai processi decisionali, migliora sicuramente la qualità delle decisioni stesse e ne rafforza l’efficacia.

In tal modo si favorirà la responsabilità e la trasparenza complessiva nel processo decisionale e si rafforzerà il contributo del pubblico alle decisioni in materia ambientale.

Gli Stati firmatari della Convenzione devono promuovere la trasparenza in tutti i settori della pubblica amministrazione e invitare gli organi legislativi ad applicare i principi della convenzione alle proprie procedure.

La Convenzione, inoltre, mira a promuovere l’educazione ambientale e lo sviluppo sostenibile, sottolineando l’importanza di utilizzare i mezzi di comunicazione nonché i mezzi elettronici o le altre forme di comunicazione più innovative o che si renderanno disponibili in futuro, per facilitare la partecipazione del pubblico alle decisioni riguardanti l’ambiente [11].

Se un’autorità pubblica non è in possesso delle informazioni sull’ambiente richieste, comunica il più rapidamente possibile al richiedente a quale autorità pubblica egli può rivolgersi per ottenere le informazioni in questione  oppure inoltra la domanda a questa autorità e ne informa l’autore.

L’unione europea (al tempo Comunità Europea) ha siglato la Convenzione [12] nel 1998, impegnandosi a rendere il proprio ordinamento conforme ai principi e alle norme enunciate a livello internazionale.

Infatti successivamente ha emanato una direttiva sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, la 2003/4/CE, ed una direttiva relativa alla partecipazione del pubblico al processo decisionale, la 2003/35/CE [13].

Con decisione 2005/370/CE del Consiglio del 17 febbraio 2005[14] l’Unione Europea ratifica la Convenzione [15].

A questo punto possiamo ben dire che l’informazione ambientale ha assunto un ruolo rilevante nell’acquis comunitario [16] e la Convenzione di Aarhus ha svolto una funzione sicuramente importante per questo positivo sviluppo.

Infatti, il diritto di accesso dei semplici cittadini alle informazioni che riguardano l’ambiente si è accresciuto di giorno in giorno, radicandosi nella politica dell’Unione europea. [17]

L’insieme delle norme che hanno introdotto l’informazione ambientale ha concorso al raggiungimento degli obiettivi previsti dall’articolo 191 (ex articolo 174 del TCE) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea [18], il quale dispone che la politica dell’Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, come pure la protezione della salute umana. In sostanza, la politica dell’Unione in materia ambientale deve perseguire un elevato livello di tutela ed è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”.

2. La direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.

Il 14 febbraio 2003, entra in vigore la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 n. 4 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale [19].

La Direttiva 2003/4/CE mira al rafforzamento dell’accesso del pubblico all’informazione ambientale e la diffusione di tale informazione, per sensibilizzare sempre di più il pubblico alle questioni ambientali, favorire il libero scambio di opinioni, sostenere la partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia.

La norma comunitaria deve garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica abbia il diritto di accedere all’informazione ambientale posseduta dalle autorità pubbliche o per conto di esse senza dover dichiarare il proprio interesse.

Inoltre le autorità si devono attivare per mettere disposizione del pubblico e diffondere l’informazione ambientale in maniera capillare, ricorrendo alle più recenti tecnologie d’informazione e di comunicazione.

Il concetto di «informazione ambientale» deve essere il più ampio possibile per veicolare facilmente l’informazione, in qualsiasi forma, concernente lo stato dell’ambiente, i fattori, le misure o le attività che incidono o possono incidere sull’ambiente ovvero sono destinati a proteggerlo, le analisi costi-benefici e altre analisi economiche usate nell’ambito di tali misure o attività, nonché l’informazione sullo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale, nella misura in cui essi siano o possano essere influenzati da uno qualsiasi di questi elementi.

Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie, come prevede l’articolo 6 del Trattato [20].

La definizione di autorità pubbliche deve essere estesa in modo da comprendere il governo e ogni altra pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale o locale, aventi o no responsabilità specifiche per l’ambiente.

La definizione deve essere estesa fino ad includere persone o organismi che assolvono funzioni di pubblica amministrazione connesse con l’ambiente, ai sensi del diritto nazionale, nonché persone o organismi che agiscono sotto il loro controllo e aventi responsabilità o funzioni pubbliche connesse con l’ambiente.

L’informazione ambientale custodita materialmente per conto delle autorità pubbliche da altri organismi deve rientrare anch’essa nell’ambito di applicazione della direttiva, deve essere messa a disposizione dei richiedenti il più presto possibile e in tempi ragionevoli.

Il diritto all’informazione implica che la divulgazione della stessa sia ritenuta un principio generale e che alle autorità pubbliche sia consentito respingere una richiesta di informazione ambientale in casi specifici e chiaramente definiti.

Le ragioni di rifiuto devono essere interpretate in maniera restrittiva, ponderando l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgarle.

Le ragioni del rifiuto dovrebbero essere comunicate al richiedente entro il periodo stabilito dalla direttiva.

2.1 La Corte di Giustizia e l’informazione ambientale.

La Corte di Giustizia delle Comunità Europee è intervenuta numerose volte, sia per chiarire il rapporto fra la Convenzione di Aarhus e la direttiva sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, sia per meglio tracciare i confini di applicazione della Direttiva stessa, nonché i rapporti diretti tra l’accesso alle informazioni ambientali e le altre direttive che disciplinano la materia ambiente.

Vediamo alcune sentenze significative.

Occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva 90/313, la nozione di «informazioni relative all’ambiente», riguarda, ai fini di tale direttiva, «qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle basi di dati in merito allo stato delle acque, dell’aria, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché alle attività (incluse quelle nocive, come il rumore) o misure che incidono negativamente o possono incidere negativamente sugli stessi, nonché alle attività o misure destinate a tutelarli, ivi compresi misure amministrative e programmi di gestione dell’ambiente».

Orbene, tale definizione non comporta alcuna indicazione secondo cui un documento sprovvisto di qualsiasi collegamento con il servizio pubblico non dovrebbe essere considerato come «informazione relativa all’ambiente» rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 90/313 (rifiuti).

 Infatti, in ragione della sua stessa formulazione e tenuto conto, in particolare, dell’impiego dei termini «qualsiasi informazione», l’ambito di applicazione del detto art. 2, lett. a) – e, di conseguenza, quello della direttiva 90/313 – deve essere considerato come concepito in modo ampio.

Così, sono previste tutte le informazioni che riguardano sia lo stato dell’ambiente, sia le attività o misure che possono incidere negativamente su di esso, sia anche le attività o le misure destinate a tutelare l’ambiente, senza che l’elencazione contenuta in tale disposizione comporti una qualsiasi indicazione di natura tale da limitarne la portata, in particolare nel senso indicato dal governo francese [21], tale constatazione è confermata dall’interpretazione che la Corte ha già fornito della medesima disposizione [22].

Così la Corte ha in particolare dichiarato, al punto 20 di tale sentenza, che il legislatore comunitario si è astenuto dal dare una definizione della nozione di «informazioni relative all’ambiente» che possa escludere una qualsiasi delle attività svolte dall’autorità pubblica.

Inoltre, dall’impiego dell’espressione «comprese le misure amministrative» all’art. 2, lett. a), della direttiva 90/313, risulta che la nozione di «informazioni relative all’ambiente» deve logicamente avere una portata più ampia dell’insieme della attività delle autorità pubbliche.

Da quanto precede risulta che la direttiva 90/313 riguarda qualsiasi atto, di qualsiasi natura esso sia, suscettibile di incidere negativamente o di tutelare lo stato di uno dei settori dell’ambiente compresi da tale direttiva, in modo che, contrariamente a quanto sostenuto dal governo francese in via principale, la nozione di «informazioni relative all’ambiente» ai sensi di tale direttiva, deve essere intesa come comprendente i documenti che non sono collegati all’esercizio di un servizio pubblico.

Sempre in tema di definizione di «informazione ambientale» prevista all’art. 2 della direttiva 2003/4/CE la Corte ha stabilito che la nozione di «informazione ambientale» deve essere interpretata nel senso che essa ricomprende l’informazione prodotta nell’ambito di un procedimento nazionale di autorizzazione o di estensione dell’autorizzazione di un prodotto (nel caso specifico fitosanitario) al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, di un suo elemento costitutivo o di suoi prodotti di trasformazione, contenuta in cibi e bevande.

L’art. 4 (Eccezioni) della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la ponderazione da esso prescritta dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione di un’informazione ambientale e dell’interesse privato tutelato dal rifiuto di divulgare deve essere effettuata in ciascun caso particolare sottoposto alle autorità competenti [23].

Il Giudice comunitario con un’altra importante sentenza [24] è intervenuto per chiarire se la Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, debba essere interpretata nel senso che essa esige che il pubblico interessato abbia accesso, sin dall’inizio della procedura di autorizzazione di una discarica, nonché alla decisione di assenso urbanistico-edilizio all’insediamento di tale impianto.

Il Giudice si chiede altresì se il rifiuto di mettere a disposizione tale decisione possa essere giustificato dall’allegazione di un segreto commerciale che proteggerebbe le informazioni contenute nella decisione stessa.

La Corte precisa subito che la discarica che riceve più di 10 tonnellate di rifiuti al giorno o avente una capacità totale superiore a 25 000 tonnellate di rifiuti, rientra pacificamente nella sfera di applicazione della direttiva 96/61.

L’articolo 15 della suddetta direttiva prevede la partecipazione del pubblico interessato alla procedura di rilascio di un’autorizzazione per nuovi impianti e precisa che tale partecipazione si svolge con le modalità previste dall’allegato V della direttiva medesima.

L’allegato impone di fornire al pubblico, in particolare, indicazioni precise circa le autorità presso le quali possono essere ottenute informazioni pertinenti, nonché di indicare la data e il luogo in cui tali informazioni verranno rese disponibili al pubblico.

Tali norme sulla partecipazione del pubblico devono essere interpretate alla luce e tenendo conto delle disposizioni della convenzione di Aarhus, alla quale, come risulta dal considerando 5 della direttiva 2003/35, che ha parzialmente modificato la direttiva 96/61, la normativa dell’Unione dovrebbe essere «adeguatamente allineata» [25].

Orbene, l’articolo 6, paragrafo 6, di detta convenzione stabilisce che il pubblico interessato deve poter consultare tutte le informazioni rilevanti ai fini del processo decisionale relativo all’autorizzazione di attività contemplate dall’allegato I della convenzione stessa, tra le quali in particolare le discariche che ricevono più di 10 tonnellate di rifiuti al giorno o aventi una capacità totale superiore a 25 000 tonnellate di rifiuti.

Pertanto, il pubblico interessato dalla procedura di autorizzazione prevista dalla direttiva 96/61 deve, in linea di principio, avere accesso a tutte le informazioni pertinenti ai fini di tale procedura.

Ai sensi del paragrafo 2, primo comma, lettera d), dell’articolo 4, della direttiva 96/61 gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazioni sia respinta qualora la divulgazione di tali informazioni rechi pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, allorché tale riservatezza è prevista dal diritto nazionale o dell’Unione per tutelare un legittimo interesse economico.

Anche supponendo che non sia possibile escludere che, in via eccezionale, taluni elementi figuranti nella motivazione di una decisione in materia urbanistico-edilizia possano costituire informazioni commerciali o industriali riservate, è pacifico nella specie che la tutela della riservatezza di informazioni siffatte è stata utilizzata, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2003/4, per rifiutare al pubblico interessato qualsiasi accesso, anche parziale, alla decisione di assenso urbanistico-edilizio all’insediamento dell’impianto in discussione.

Ne consegue che il rifiuto di mettere a disposizione del pubblico interessato la decisione di assenso urbanistico-edilizio all’insediamento dell’impianto in discussione nel giudizio a quo, rifiuto pronunciato nel corso del procedimento amministrativo di primo grado, non era giustificato a titolo dell’eccezione prevista dall’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 96/61.

Infine, appare utile richiamate la sentenza della Corte europea che ha chiarito la nozione di “autorità pubblica”[26], al fine di stabilire se enti sostanzialmente privati (imprese di gestione delle reti fognarie e di fornitura di acqua) possano essere qualificati come persone giuridiche che esercitatano ai sensi della legislazione nazionale, «funzioni di pubblica amministrazione» a norma dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.

In via preliminare occorre ricordare che, divenendo parte della Convenzione di Aarhus, l’Unione europea si è impegnata a garantire, nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, l’accesso, in linea di principio, alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione o per conto di essa [27].

Come confermato dal considerando 5 della direttiva 2003/4, adottando tale direttiva il legislatore dell’Unione ha inteso garantire la compatibilità del diritto dell’Unione con tale convenzione in vista della sua conclusione da parte della Comunità prevedendo un regime generale volto a garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica di uno Stato membro abbia il diritto di accedere alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione o per conto di essa, senza che tale persona sia obbligata a far valere un interesse [28].

Ne discende che, ai fini dell’interpretazione della direttiva 2003/4, occorre tenere conto del testo e dell’obiettivo della Convenzione di Aarhus che tale direttiva mira ad attuare nel diritto dell’Unione [29].

Occorre inoltre sottolineare che il diritto di accesso garantito dalla direttiva 2003/4 si applica solo ove le informazioni richieste rientrino nelle prescrizioni relative all’accesso del pubblico previste da tale direttiva, il che presuppone in particolare che esse costituiscano «informazioni ambientali»  ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di detta direttiva, circostanza che nel procedimento principale spetta al giudice del rinvio verificare [30].

Con le prime due questioni, che devono essere trattate congiuntamente, il giudice del rinvio intende in sostanza sapere quali siano i criteri che consentono di stabilire se enti quali le società di gestione dei servizi idrici possano essere qualificati come persone giuridiche che svolgono, a norma della legislazione nazionale, «funzioni di pubblica amministrazione» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4. 41.

In forza dell’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4, disposizione sostanzialmente identica all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della Convenzione di Aarhus, la nozione di «autorità pubblica» ricomprende «ogni persona fisica o giuridica svolgente funzioni di pubblica amministrazione ai sensi della legislazione nazionale, compresi incarichi, attività o servizi specifici connessi all’ambiente».

Pertanto, le persone di cui all’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4 devono essere considerate, ai fini di tale direttiva, come autorità pubbliche relativamente a tutte le informazioni ambientali da esse detenute.

Inoltre, nel contesto specifico dell’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2003/4, società commerciali quali le società di gestione dei servizi idrici possono costituire un’autorità pubblica ai sensi di detta disposizione soltanto nei limiti in cui, quando forniscono servizi pubblici nel settore ambientale, esse si trovino sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della direttiva 2003/4.

Ne consegue che tali società sono tenute a comunicare soltanto le informazioni ambientali da esse detenute nell’ambito della fornitura di tali servizi pubblici.

Per contro, tali società non sono tenute a fornire informazioni ambientali qualora sia pacifico che esse non riguardano la fornitura di detti servizi pubblici.

Ove tale circostanza rimanga incerta, le informazioni di cui trattasi devono essere fornite.

In tale contesto, si deve affermare che l’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2003/4 dev’essere interpretato nel senso che una persona che rientra in tale disposizione costituisce un’autorità pubblica per quanto concerne tutte le informazioni ambientali da essa detenute.

Società commerciali, quali le società di gestione dei servizi idrici, che possono costituire un’autorità pubblica ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera c), di detta direttiva soltanto nei limiti in cui, quando forniscono servizi pubblici nel settore ambientale, esse si trovino sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui all’articolo 2, punto 2, lettera a) o b), della medesima direttiva, non sono tenute a fornire informazioni ambientali se è pacifico che queste ultime non riguardano la fornitura di tali servizi.

3. Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 195 Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.

Il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 195 [31] stabilisce i principi generali in materia di informazione ambientale ed è articolato per assicurare il diritto d’accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche, stabilire i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio.

Inoltre garantisce, ai fini della più ampia trasparenza, che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

La possibilità di accedere alle informazioni ambientali molto più facilmente dei normali atti amministrativi, può facilitare la formazione di strategie d’impresa meno esposte ad eventuali provvedimenti autoritativi della pubblica amministrazione [32].

Il D.lgs 195/2005 definisce informazione ambientale qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente:

1) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi;

2) fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, individuati al numero 1);

3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi;

4) le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale;

5) le analisi costi-benefìci ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell’ambito delle misure e delle attività di cui al numero 3);

6) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d’interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui al punto 1) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui ai punti 2) e 3.

Possiamo quindi ben dire che l’informazione ambientale oggi è riferita all’ambiente inteso come “ambiente salubre”, ponendo così al centro della tutela l’uomo e non soltanto l’ambiente inteso come ecosistema [33].

Il Decreto legislativo prevede che l’autorità pubblica intesa come tutte le amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi, nonché ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico, renda disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse.

L’autorità pubblica mette a disposizione del richiedente l’informazione ambientale quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l’entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro il predetto termine di 30 giorni. In tale ultimo caso l’autorità pubblica informa tempestivamente e comunque entro il predetto termine di 30 giorni il richiedente della proroga e dei motivi che la giustificano.

L’autorità mantiene l’informazione ambientale detenuta in forme o formati facilmente riproducibili e, per quanto possibile, consultabili tramite reti di telecomunicazione informatica o altri mezzi elettronici.

L’accesso all’informazione ambientale è negato nel caso in cui:

  • l’informazione richiesta non è detenuta dall’autorità pubblica alla quale è rivolta la richiesta di accesso. In tale caso l’autorità pubblica, se conosce quale autorità detiene l’informazione, trasmette rapidamente la richiesta a quest’ultima e ne informa il richiedente ovvero comunica allo stesso quale sia l’autorità pubblica dalla quale è possibile ottenere l’informazione richiesta;
  • la richiesta è manifestamente irragionevole;
  • la richiesta è espressa in termini eccessivamente generici;
  • la richiesta concerne materiali, documenti o dati incompleti o in corso di completamento. In tale caso, l’autorità pubblica informa il richiedente circa l’autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale detto materiale sarà disponibile;
  • la richiesta riguarda comunicazioni interne, tenuto, in ogni caso, conto dell’interesse pubblico tutelato dal diritto di accesso.

L’accesso all’informazione ambientale può essere  negato quando la divulgazione dell’informazione reca pregiudizio:

– alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia;

– alle relazioni internazionali, all’ordine e sicurezza pubblica o alla difesa nazionale;

– allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini per l’accertamento d’illeciti;

– alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia, per la tutela di un legittimo interesse economico e pubblico, ivi compresa la riservatezza statistica ed il segreto fiscale, nonchè ai diritti di proprietà industriale; ai diritti di proprietà intellettuale;

– alla riservatezza dei dati personali o riguardanti una persona fisica, nel caso in cui essa non abbia acconsentito alla divulgazione dell’informazione al pubblico.

Contro le determinazioni dell’autorità pubblica concernenti il diritto di accesso e nel caso di mancata risposta entro i termini, il richiedente può presentare ricorso in sede giurisdizionale secondo la procedura di cui all’articolo 25, commi 5, 5-bis e 6 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero può chiedere il riesame delle suddette determinazioni, secondo la procedura stabilita all’articolo 25, comma 4, della stessa legge n. 241 del 1990, al difensore civico competente per territorio, nel caso di atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, o alla Commissione per l’accesso di cui all’articolo 27 della citata legge n. 241 del 1990, nel caso di atti delle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato.

L’autorità pubblica rende disponibile l’informazione ambientale detenuta avvalendosi, ove disponibili, delle tecnologie di telecomunicazione informatica e delle tecnologie elettroniche disponibili.

L’informazione ambientale può essere resa disponibile creando collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche, anche gestiti da altre autorità pubbliche, da rendere facilmente accessibili al pubblico.

In caso di minaccia imminente per la salute umana e per l’ambiente, causata da attività umane o dovuta a cause naturali, le autorità pubbliche, nell’ambito dell’espletamento delle attività di protezione civile, diffondono senza indugio le informazioni detenute che permettono, a chiunque possa esserne colpito, di adottare misure atte a prevenire o alleviare i danni derivanti da tale minaccia.

Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare garantisce, se possibile, che l’informazione ambientale detenuta dall’autorità pubblica sia aggiornata, precisa e confrontabile.

3.1 Il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 195 esplicitato dalla giustizia amministrativa.

La giustizia amministrativa in numerosissime occasioni si è pronunciata in merito alla corretta interpretazione delle norme contenute del D.lgs. in commento.

Prima, però, occorre ribadire che la normativa in materia di accesso all’informazione ambientale si fonda sul presupposto di assicurare alla collettività la maggior trasparenza possibile e un controllo capillare sullo stato dell’ambiente, ritenuto giustamente di maggiore importanza rispetto ad altri, seppur rilevanti, settori d’intervento legislativo [34].

Accesso ai documenti amministrativi del progetto definitivo del metanodotto (Decreto V.I.A., parere della Commissione Tecnica V.I.A. – V.A.S., studio di impatto ambientale).

Rileva il Collegio, in via preliminare, che deve certamente affermarsi la legittimazione del ricorrente ad accedere alla documentazione “ambientale” richiesta (Decreto V.I.A., parere della Commissione Tecnica V.I.A. – V.A.S., studio di impatto ambientale) in quanto la disciplina delle informazioni ambientali non si colloca nel solco dell’art. 22 e ss. L. 241 / 90 in tema di accesso, ma è soggetta al regime, del tutto peculiare, fissato dagli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 195 del 2005 (“Attuazione della Direttiva 2003/4/CE sull’accesso al pubblico dell’informazione ambientale”), il quale si fonda sul principio della legittimazione generalizzata di tutti i cittadini ai dati e documenti afferenti alle tematiche della tutela dell’ambiente, a prescindere dalla necessità di essere titolare di un “interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”, quale situazione soggettiva legittimante prevista e richiesta in generale dall’art. 22, comma 1, lett. b), L. n. 241 / 90 per l’accesso ai documenti amministrativi.

Al contrario, in materia di “informazioni ambientali”, in deroga all’art. 22 cit., non è richiesta alcuna dimostrazione relativa alla sussistenza di un interesse differenziato e qualificato in capo all’istante, tale da legittimare la sua istanza di accesso, vigendo il diverso principio per cui qualunque autorità pubblica è chiamata a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse (art. 2 D.Lgs. n. 195 / 2005).

Considerata pertanto la legittimazione generalizzata di qualunque soggetto ad accedere alle informazioni di rilievo ambientale e considerata, nel contempo, la nozione ampia di “informazione ambientale” di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) D.Lgs. 195/05, in cui è compresa ogni conoscenza disponibile, incorporata in una qualunque forma di supporto, concernente il bene primario “ambiente” nella sua accezione più ampia, si giunge alla conclusione, con riferimento alla presente controversia, che le obiezioni di parte ministeriale circa il difetto di interesse e/o legittimazione all’accesso ai sensi dell’art. 22 L. 241 / 90 non sono né pertinenti né estensibili ai documenti di rilievo ambientale richiesti dall’odierno ricorrente (studio di impatto ambientale, Decreto VIA, VAS). E’ del pari privo di fondamento l’argomento speso dalla difesa erariale secondo cui “l’interesse alla tutela ambientale e paesaggistica fuoriesce dall’ambito funzionale dell’odierno resistente ed è, piuttosto, attratto, alle competenze istituzionali del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”: il già citato art. 2 D.lgs. 195/05 stabilisce infatti che qualsiasi autorità pubblica è chiamata a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta.

La questione, pertanto, non attiene all’ambito funzionale delle competenze di cui l’Amministrazione adita sia titolare, ma riguarda piuttosto la circostanza “materiale” della effettiva disponibilità dei documenti “ambientali ”richiesti. Con riferimento al caso di specie il Ministero resistente è pertanto tenuto all’esibizione, alla quale non potrà sottrarsi in base ad argomenti attinenti alla legittimazione e/o alla carenza di interesse dell’istante che, per quanto sopra esposto, non riguardano le informazioni ed i dati ambientali. Appaiono infine palesemente prive di pregio le valutazioni espresse dalla parte pubblica in ordine alla possibilità, per il ricorrente, di reperire “aliunde” i documenti in oggetto, presso altri soggetti pubblici.

Questa possibilità (certamente sussistente non essendo dubbio che l’odierno ricorrente potrebbe rivolgere la propria istanza “in primis” al Ministero dell’ambiente) non esonera dal dovere di ostensione il Ministero resistente nel presente giudizio, se ed in quanto detenga la documentazione “ambientale” in oggetto [35].

Accesso ai verbali di controllo del funzionamento degli impianti di trattamento rifiuti TMB.

In primo luogo occorre premettere che, secondo il disposto dell’art. 3, comma 1, del menzionato decreto, “l’autorità pubblica rende disponibile… l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.

Da ciò deriva che l’accesso alle informazioni ambientali ha una portata ben più ampia rispetto a quello ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990.

Deve poi aggiungersi che l’Associazione ricorrente ha come scopo proprio la tutela dell’ambiente, così come si evince dallo Statuto, in atti. L’istanza di accesso proposta da tale Associazione, a seguito di lamentele sul funzionamento degli impianti di trattamento rifiuti TMB1 e TMB2 di Malagrotta, pacificamente non riscontrata dall’ARPA Lazio nei termini di legge, è rappresentato dalla copia dei seguenti atti: verbale di primo controllo e suoi allegati, accertamenti e verifiche eseguiti e ed eventuale approvazione del piano di monitoraggio in relazione ai suddetti impianti.

È evidente che si tratta di “informazioni ambientali”.

Va inoltre considerato che l’oggetto della richiesta di accesso è puntualmente indicato, per cui allo stesso non osta l’impedimento di cui all’art. 5, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 195/2005, rappresentato dalla sua eccessiva genericità.

Né può ritenersi che tale istanza sia irragionevole rispetto alle finalità di cui all’art. 1: si tratta di atti recanti informazioni ambientali relative all’adozione di misure, di competenza dell’interpellata ARPA Lazio.

Infine non si rinviene alcuna delle ragioni di riservatezza individuate al citato art. 5.

Ne deriva che il ricorso è fondato e deve essere accolto, con obbligo di ostensione, mediante visione ed estrazione di copia, dei suindicati documenti, oggetto dell’istanza di accesso, in capo ad ARPA Lazio [36].

Accesso documenti relativi ai lavori per la metanizzazione dell’isola.

Osserva il Collegio che la pretesa conoscitiva della ricorrente, appunto fondata ai sensi delle disposizioni di cui alla legge n. 241/1990, non può essere ricondotta nell’alveo della speciale disciplina in materia di accesso alle informazioni ambientali, la quale, in attuazione della direttiva 2003/4/CE, non è, come noto, subordinata alla dimostrazione della titolarità di uno specifico interesse (d.lgs. 19 agosto 2005 n. 195, art. 3).

E ciò in quanto sembra difficile inquadrare gli atti richiesti, concernenti titoli abilitativi relativi a lavori per la realizzazione dell’isola, nel concetto di informazione ambientale, quale declinato dall’art. 2 del cit. d.lgs. n. 195/2005 [37].

Possibilità di non pubblicare atti del procedimento di VIA ex art. 9 c.4 d.lgs 152/2006, non sussiste.

Preliminarmente, per quanto riguarda gli atti amministrativi, attinenti al procedimento di V.I.A., va rilevato che l’art. 3 d.lgs n. 195/2005 prevede una più ampia legittimazione all’accesso, con riferimento alla quale l’art. 2, comma 1, n. 3), puntualizza che essa comprende anche ogni atto di natura amministrativa che incide o può incidere sull’ambiente e/o sui fattori dell’energia e del rumore, per cui deve ritenersi che le parole “ogni atto di natura amministrativa” si riferiscano anche agli atti di soggetti privati, che vengono acquisiti in un procedimento amministrativo e che in virtù di tale acquisizione assumono anch’essi la natura di atti amministrativi, in quanto oggettivamente correlati al procedimento amministrativo e posti a base del provvedimento finale. (Tar Basilicata 8.3.2013 n. 128).

A parere del Collegio, la documentazione richiesta dai ricorrenti e della quale non viene dedotta l’inesistenza, facente parte del procedimento di VIA, rientra, in astratto, nel perimetro dell’informativa ambientale ai sensi dell’art. 2 del d.lgs 195/2005.

Le ragioni del diniego opposte dalla contro interessata, fatte proprie dalla Regione, non appaiono in gran parte convincenti ai sensi, in particolare, dell’art. 2 punto a) numeri 2 e 3 del decreto. A parere del Collegio, nel caso in esame, nel fare propria in maniera integrale l’opposizione della contro interessata, la Regione Marche, non appare aver fatto corretta applicazione dei principi di cui all’art. 5 del decreto, che prevedono come l’autorità pubblica applichi le esclusioni dei commi 1 e 2 in modo restrittivo, effettuando, in relazione a ciascuna richiesta di accesso, una valutazione ponderata fra l’interesse pubblico all’informazione ambientale e l’interesse tutelato dall’esclusione.

Inoltre, nei casi di cui al comma 2, lettere a), d), f), g) e h), la richiesta di accesso non può essere respinta qualora riguardi informazioni su emissioni nell’ambiente.

Né, a parere del Collegio, può giustificare la decisione della Regione il riferimento all’art. 9 c.4 del d.lgs 152/2006 e al simile contenuto della Legge Regionale 3/2012 (art. 8), la quale riguarda la possibilità di non pubblicare atti del procedimento di VIA e non le informazioni sottratte all’accesso, che sono puntualmente elencate nel d.lgs 195/2005.

Tale osservazione vale per la maggior parte dei documenti richiesti, per i quali è immediatamente verificabile l’interesse ambientale, spesso in aggiunta con la connessione alle emissioni dell’impianto. In questi casi deve senz’altro essere concesso l’accesso ai ricorrente, in quanto le argomentazioni della società fatte proprie dalle Regione per sottrarre all’accesso la documentazione fanno riferimento ad argomenti generici o non provati (ad esempio il pericolo di furti), non rilevanti (il giudizio sull’interesse dei ricorrenti o sull’uso politico dei dati) o, ancora, su esigenze di segreto industriale e capacità economica apodittici.

La Regione, ad avviso del Collegio non ha minimamente sottoposto a comparazione tali argomentazioni con l’interesse dei privati ad accedere alle informazioni [38].

Informazioni relative alla gestione del ciclo dei rifiuti regionali.

Con il ricorso in esame è impugnato il silenzio-diniego formatosi sull’istanza di accesso della ricorrente, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 195/2005, inviata a mezzo PEC alla Provincia di Roma, avente ad oggetto la relazione redatta da un geologo del Dipartimento provinciale riguardante la idoneità di un sito ad ospitare una discarica per rifiuti speciali non pericolosi.

L’impugnazione deve essere accolta.

In primo luogo la ricorrente ha dimostrato di possedere un interesse qualificato all’accesso alle informazioni richieste, quale associazione iscritta al registro regionale dedita alla tutela dell’ambiente, come risulta dal proprio statuto. Le informazioni richieste rientrano nelle previsioni dell’art. 1 del D.lgs. n. 195/2005, trattandosi di informazioni relative alla gestione del ciclo dei rifiuti regionali con particolare riferimento al sito di Monti dell’Ortaccio (Roma).

Al riguardo va inoltre rilevato che il silenzio serbato dall’Amministrazione appare del tutto ingiustificato in quanto, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195 , l’autorità pubblica deve rendere “disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.

Di conseguenza il riconoscimento del diritto d’accesso alle informazioni di carattere ambientale, si concretizza nella necessità di accedere ad un documento che, di regola non si conosce, giustificata solo sulla base di una presunzione (che ex post può risultare infondata, ma che l’amministrazione non può ritenere a priori inammissibile) che la consultazione o l’acquisizione di copia del documento richiesto possa poi risultare effettivamente rispondente ad un interesse di tutela che soltanto il richiedente è competente a valutare [39].

Accesso agli atti riguardante la quantità dei rifiuti abbancati nella discarica.

In primo luogo la ricorrente ha dimostrato di possedere un interesse qualificato all’accesso alle informazioni richieste, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 195/2005 quale associazione iscritta al registro regionale dedita alla tutela dell’ambiente, come risulta dal proprio statuto.

Le informazioni richieste rientrano nelle previsioni dell’art. 1 del D.lgs. n. 195/2005, trattandosi di informazioni relative alla gestione del ciclo dei rifiuti regionali con particolare riferimento ai rifiuti abbancati nella discarica.

Al riguardo va inoltre rilevato che il silenzio serbato dall’Amministrazione appare del tutto ingiustificato in quanto, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195 , l’autorità pubblica deve rendere “disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.

Di conseguenza il riconoscimento del diritto d’accesso alle informazioni di carattere ambientale, si concretizza nella necessità di accedere ad un documento che – di regola – non si conosce, giustificata solo sulla base di una presunzione (che ex post può risultare infondata, ma che l’amministrazione non può ritenere a priori inammissibile) che la consultazione o l’acquisizione di copia del documento richiesto possa poi risultare effettivamente rispondente ad un interesse di tutela che soltanto il richiedente è competente a valutare [40].

Accesso alle informazioni ambientali relative alla bonifica delle aree urbane e suburbane inquinate da amianto.

Il ricorso deve essere accolto, perché fondato, limitatamente alla domanda processuale azionata nei confronti dell’Assessorato Regionale al Territorio ed Ambiente.

Per altro verso, inoltre, erroneamente evidenziava che l’istanza di accesso doveva essere motivata ex art. 25 della legge n. 241/1990, dimenticando tuttavia che in materia ambientale vige il principio speciale, esattamente opposto, secondo il quale “L’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse” (art. 3, D.lgs. n, 195/2005).  Ricorrono i presupposti per accogliere il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, ordinare all’Assessorato Regionale del Territorio ed Ambiente resistente l’esibizione dei documenti richiesti, consentendone l’accesso, entro trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, mediante visione e rilascio di copia (a spese dell’istante) di quelli che saranno specificamente richiesti [41].

Accesso agli atti relativi alla chiusura dei pozzi nell’alveo del fiume per inquinamento.

Non risultando agli atti che ricorra alcuno degli specifici casi di esclusione di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 195/2005 casi di esclusione che, eventualmente, l’amministrazione avrebbe dovuto rappresentare, espressamente negando l’ostensione all’esito di un’attenta ponderazione dell’interesse pubblico all’informazione ambientale e dell’interesse tutelato dall’esclusione medesima [42].

Accesso ai documenti relativi a scarichi fognari in compendio demaniale marittimo.

La richiesta di accesso è stata motivata da un interesse puntuale, la tutela dell’area di cui la società è concessionaria a fronte dell’inquinamento derivante dagli scarichi del Rio Carbonara.

Trattandosi di tutela dell’ambiente, ai sensi dell’art. 3, d.lgs. n. 195/2005, l’accesso all’informazione ambientale deve essere consentito a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba necessariamente dichiarare il proprio interesse.

Avuto riguardo ai documenti richiesti con l’istanza di accesso, il Collegio rileva che si tratta di documentazione specifica, anche se non indicata con gli estremi di data e protocollo (elementi che non sono nella disponibilità del richiedente), e di documentazione che plausibilmente deve esistere ed essere detenuta dai destinatari della richiesta di accesso, ossia il Comune quale ente locale competente in materia di scarichi nelle acque, e la S.p.a. quale soggetto gestore dello scarico e del depuratore.

Né la richiesta di accesso implica un controllo generalizzato sull’operato di una pubblica amministrazione o di un gestore di servizio pubblico, atteso che i documenti richiesti servono a verificare il corretto funzionamento dello scarico e dell’impianto che dovrebbe trasmettere i rifiuti al depuratore, allo scopo di acclarare se l’inquinamento verificatosi nell’area di pertinenza del richiedente l’accesso sia o meno frutto di malfunzionamento o mala gestione dell’impianto. Anche riguardando i documenti richiesti alla luce della definizione di “informazione ambientale” a cui tutti i cittadini hanno accesso, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 195/2005, la richiesta di accesso è pertinente e specifica [43].

Informazione circa l’esistenza e la funzionalità dell’impianto di depurazione delle acque reflue.

Il ricorso è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

La ricorrente ha richiesto all’Amministrazione comunale l’accesso all’informazioni ambientali, sopra indicate, ex D.Lgs. 195/05; Il Comune intimato non ha riscontrato in alcun modo la predetta istanza. In linea generale, si osserva che, anche recentemente, la giurisprudenza ha ribadito che il diritto di accesso ai documenti amministrativi, introdotto dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico e si colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa con i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell’amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi.

Ai fini della sussistenza del presupposto legittimante per l’esercizio del diritto di accesso deve esistere un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato, non potendo identificarsi con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa, ed un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione, nesso di strumentalità che deve, peraltro, essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse [44].

Nel caso in esame, peraltro, si tratta di accesso in materia ambientale ex D.Lgs. 18 agosto 2005, n. 195, per il quale, da un lato, può essere esercitato da chiunque senza necessità di dimostrare uno specifico interesse (che è da considerare in re ipsa per ciascun essere umano o ente che lo rappresenti o ne sia emanazione, ai sensi dell’art. 3 comma 1, del citato D.Lgs. n. 195), dall’altro, non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma risulta sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale per costituire in capo all’amministrazione l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, ad elaborare e a comunicarle al richiedente [45] .

Alla luce di tali principi, pertanto, deve rilevarsi che, nel caso in esame, l’inerzia dell’Amministrazione Comunale intimata è illegittima [46].

Le differenze con la legge 241 del 1990.

L’art. 3 del D.L.vo 19 agosto 2005 n. 195 con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha introdotto una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si connota, rispetto a quella generale prevista nella L n. 241 del 1990, per l’estensione del novero dei soggetti legittimati all’accesso e per il contenuto delle cognizioni accessibili. Le informazioni ambientali spettano, infatti, a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse [47].

L’art. 3 del D. lgs. 195/2005 estende, inoltre, il contenuto delle notizie accessibili alle «informazioni ambientali», che implicano anche un’attività elaborativa da parte dell’Amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste, assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall’art. 22 L. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell’Amministrazione.

Detta disciplina speciale della libertà d’accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale, eliminando di fatto ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente.

Così precisati gli estremi ed il contenuto del diritto di accesso in materia ambientale, risulta agevole concludere che ogni indebita limitazione, per via ermeneutica, della legittimazione a pretendere l’accesso alle informazioni ambientali risulta preclusa sia dal tenore letterale della disposizione, sia dalla sua finalità [48].

Sulla legittimazione attiva delle associazioni non riconosciute ex lege e dei comitati spontanei.

La legittimazione spetta non soltanto alle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale individuate con decreto ministeriale ai sensi dell’art. 13 L. 8 luglio 1986, n. 349, ma anche alle articolazioni regionali di tali associazioni. Accanto alla legittimazione riconosciuta ex lege dagli artt. 13 e 18 della L. n. 349/1986 (ora integrato, nel comma residuo, dall’art. 310 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), continuano a sopravvivere e ad applicarsi, a tutte le associazioni sprovviste della suddetta legittimazione legale, e quindi anche alle articolazioni territoriali delle associazioni nazionali titolate ex lege, i criteri, da tempo elaborati in via pretoria, ai fini della selezione dei soggetti collettivi legittimati a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa.

Al fine di verificare la sussistenza della legittimazione delle associazioni ambientaliste non ricomprese nel D.M. ai sensi dell’art. 13 L. 8 luglio 1986, n. 349, ovvero delle articolazioni regionali delle associazioni ambientaliste, occorre avere riguardo all’effettiva e non occasionale militanza del soggetto associativo a favore della tutela di determinati interessi diffusi o superindividuali, all’esistenza di una previsione statutaria che qualifichi detta protezione come un istituzionale compito dell’associazione e delle sue articolazioni territoriali nonché alla vicinanza spaziale della fonte del paventato pregiudizio agli interessi/beni giuridici protetti al centro principale dell’attività dell’associazione o della sua specifica struttura periferica [49].

Va detto inoltre che, in linea generale, va riconosciuta un’ampia legittimazione attiva ai comitati spontanei costituiti allo scopo di contrastare un intervento da essi considerato lesivo dell’ambiente, purché sia chiara la finalità del comitato e senza che si possa pretendere, dal comitato stesso, la dimostrazione della stabilità e della non occasionalità dell’iniziativa collettiva; altrimenti, per definizione, non si tratterebbe di un comitato spontaneo, ma di un’associazione stabilmente costituita.

La legittimazione dei singoli (persone fisiche e giuridiche) ad agire a tutela dell’ambiente si basa, quindi, su un duplice criterio in quanto alla mera vicinanza geografica con il sito interessato deve accompagnarsi la prova concreta di un vulnus specifico degli atti impugnati alla propria sfera giuridica [50].

Come detto, la legittimazione ad agire può essere riconosciuta anche a comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio; conseguentemente il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso; al suddetto fine i parametri utilizzabili sono le finalità statutarie dell’ente, la stabilità del suo assetto organizzativo, la vicinitas dello stesso rispetto all’interesse sostanziale che si assume leso per effetto dell’azione amministrativa, ed a tutela del quale, pertanto, l’ente intende agire in giudizio [51].

Tale affermazione si può leggere anche nella giurisprudenza del Supremo consesso per cui la legittimazione ad impugnare i provvedimenti lesivi di interessi ambientali deve essere riconosciuta non soltanto alle associazioni e ai comitati stabili, cui tale facoltà è stata conferita dall’art. 13, l. 8 luglio 1986 n. 349, ma anche ai soggetti, da questi ultimi diversi, siano essi singoli o collettivi e, in quest’ultimo caso, sia che si tratti di meri comitati sorti spontaneamente al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su un circoscritto territorio, sia che si tratti di singole persone fisiche in posizione differenziata sulla base del criterio della vicinitas quale elemento qualificante dell’interesse a ricorrere [52].

Il tradizionale criterio della vicinitas non può essere limitato ai soli proprietari stricto sensu confinanti con l’area di realizzazione dell’intervento potenzialmente secondo i ricorrenti pericoloso, ma deve essere inteso in senso ampio, per le intuibili ricadute sulla qualità della vita astrattamente implicate da iniziative obiettivamente incidenti sul contesto ambientale interessato, per cui ciò che rileva è non solo e non tanto la vicinanza geografica del cittadino ricorrente, ma più specificamente la possibilità di risentire delle esternalità negative del progetto medesimo [53].

Il particolare sistema di “efficace pubblicità” introdotto dalla Convenzione di Aarhus. 

La particolarità di tale regime in materia di accesso alle informazioni ambientali, per il quale l’art. 3, d.lgs. n. 195 del 2005 in attuazione alla Direttiva 28/01/2003, n. 4, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, estende al massimo grado il diritto all’ostensione dei relativi documenti, sia dal punto di vista della legittimazione alla richiesta (riconosciuta a qualunque cittadino come tale) sia per quanto attiene al contenuto delle informazioni accessibili.

Altra indicazione che porta alle medesime conclusioni è costituita dalle aperture operate dalla giurisprudenza e dal legislatore in materia di legittimazione ad impugnare atti che incidono sull’ambiente, in virtù di una nozione di “ambiente in senso lato” che consente di estendere la possibilità di ricorrere degli enti esponenziali anche ad atti amministrativi pur formalmente espressivi di competenze paesaggistiche, edilizie, urbanistiche.

Assume, poi, anche in questa fattispecie, rilievo preminente, il particolare regime introdotto dalla Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01. La lettura delle predette disposizioni evidenzia come la Convenzione, da tempo ratificata in Italia e quindi pienamente efficace, tenda ad assicurare una “informazione ambientale” il più possibile diffusa ed efficace, tale da consentire a ciascun cittadino di conoscere, in modo tempestivo e concreto, ogni possibile scelta che incida significativamente sull’ambiente; peraltro questa impostazione è coerente con la natura del bene in questione, così essenziale e diffuso (nel senso che ciascuna persona, per definizione, ne fruisce e ne beneficia) da richiedere una tutela alla portata di ciascun cittadino, cui viene riconosciuta la possibilità di attivarsi, anche individualmente, ed a maggior ragione mediante enti esponenziali, la cui attività è specificamente valorizzata dall’art. 3, comma 4, della Convenzione [54].

In quest’ottica assume particolare importanza il riferimento operato dall’art. 6 della Convenzione alla necessità che l’attività informativa in materia ambientale sia realmente “efficace”, laddove tale parametro, riferibile, come gli altri, anche all’attività provvedimentale incidente sull’ambiente, espressamente citata dall’art. 2, implica una valutazione parametrata alle caratteristiche di ciascuna fattispecie concreta.

Con riguardo al caso in esame, il Collegio ritiene che una procedura così complessa (un impianto serricolo con coperture fotovoltaiche destinato a colture protette) può considerarsi “efficacemente portata a conoscenza” solo nel momento in cui il soggetto potenzialmente interessato abbia avuto esaustiva contezza di tutte le fasi in cui la procedura stessa si è articolata; un grado di conoscenza, questo, che non è certo assicurato dalla pubblicazione all’albo pretorio degli atti impugnati.

A conferma di tale impostazione giova ancora osservare che il sistema di “efficace pubblicità” postulato dalla Convenzione di Aarhus non coincide automaticamente con quello previsto dalla normativa nazionale, al quale, viceversa, si aggiunge, dando vita ad un peculiare meccanismo di “partecipazione collettiva alla tutela degli interessi ambientali” che sovrasta quello imposto dai singoli ordinamenti; in questo senso univocamente depongono, oltre alle disposizioni già in precedenza richiamate, i commi 5 e 6 dell’art. 3 della Convenzione, ove si afferma che “Le disposizioni della presente convenzione lasciano impregiudicato il diritto delle Parti di continuare ad applicare o introdurre norme che prevedano un più ampio accesso alle informazioni, una maggiore partecipazione ai processi decisionali ed un più ampio accesso alla giustizia in materia ambientale.

La Convenzione non implica alcuna deroga ai diritti esistenti in tema di accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia in materia ambientale”.

Tutto ciò evidenzia l’autonomia delle disposizioni contenute nella Convenzione rispetto a quelle dei singoli sistemi giuridici nazionali, con le prime che assurgono a criterio di corretta interpretazione, in chiave, ovviamente, più garantista, delle seconde [55].

Il diritto di accesso agli atti di soggetti privati acquisiti in un procedimento amministrativo.

Per quanto riguarda gli atti amministrativi, attinenti al procedimento di V.I.A., va rilevato che l’art. 3 D.Lg.vo n. 195/2005 (di attuazione della Direttiva Comunitaria n. 34/2003 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), fatti salvi i più ristretti casi di esclusione previsti dall’art. 5 stesso D.Lg.vo n. 195/2005, prevede una più ampia legittimazione all’accesso, con riferimento alla quale l’art. 2, comma 1, n. 3), D.Lg.vo n. 195/2005 puntualizza che essa comprende anche ogni atto di natura amministrativa che incide o può incidere sull’ambiente e/o sui fattori dell’energia e del rumore, per cui deve ritenersi che le parole “ogni atto di natura amministrativa” si riferiscano anche agli atti di soggetti privati, che vengono acquisiti in un procedimento amministrativo e che in virtù di tale acquisizione assumono anch’essi la natura di atti amministrativi, in quanto oggettivamente correlati al procedimento amministrativo e posti a base del provvedimento finale [56].

Accesso agli atti di gara di un’opera pubblica

L’oggetto dell’accesso non può essere individuato nella volontà di conoscere atti e elementi ben determinati, riconducibili alla nozione di informazioni ambientali disciplinate dal D.Lgs. 195/2005, quanto all’intento di conoscere le valutazioni poste in essere dall’Amministrazioni che, in quanto tali, attengono ad un percorso discrezionale e di merito.

Si consideri, inoltre, come nell’istanza di accesso sia assente il riferimento alle matrici ambientali interessate e, ancora, ad una diretta attinenza allo stato dell’ambiente, elementi questi ultimi che sono indispensabili per qualificare l’istanza di accesso [57]. Dette conclusioni trovano una conferma dall’esame del contenuto dell’art. 2 del D.Lgs. 195/2005. Quest’ultimo prevede che per informazione ambientale devono intendersi gli “elementi dell’ambiente”, i “fattori oggettivi che incidono su tali elementi”, le “relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale, analisi economiche, condizioni di salute e sicurezza, fattispecie che nulla hanno a che vedere con le “ragioni” oggetto della presente istanza di accesso.

La necessità che sia richiesta l’acquisizione di un qualche atto documentale è peraltro desumibile sia dal testo dell’art. 2 sia, ancora, da precedenti pronunce [58] che a loro sua volta hanno sancito che non ogni dato inerente l’ecosistema può costituire oggetto dell’istanza di informazione ambientale, ma solo quelli attinenti a valori che l’ordinamento imputa all’ambiente come bene giuridico distinto dalle sue componenti materiali.

Ne discende che esulano dall’informazione ambientale gli atti ed i documenti riguardanti un procedimento di gara relativo all’esecuzione di un’opera pubblica.

Sono invece inclusi i pareri, i nulla osta e le autorizzazioni attinenti alla tutela ambientale, nonché gli elaborati progettuali che delineano le caratteristiche dell’opera da eseguire e dunque concernono aspetti che coinvolgono in modo diretto la tutela dell’ambiente e le relative delibere di approvazione.

In materia si è avuto modo di precisare, che la domanda di accesso alle informazioni ambientali può consistere anche in una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale, a condizione che questo sia specificato e che la richiesta non sia mirata ad un mero sindacato ispettivo sull’attività della P.A. [59]

Accesso ai formulari d’identificazione dei rifiuti.

L’istanza di accesso avanzata dalla società ricorrente può essere accolto, nei soli limiti in cui essa risulta essere stata formulata ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 del d.lgs. n. 195/2005, “sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale”, ritenendosi, infatti, che i richiesti “formulari di identificazione dei rifiuti” rientrino nella nozione di “informazione ambientale”, di cui all’art. 2 di tale d.lgs. n. 195/2005, comprendente tra l’altro “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente … fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente”.

Nello specifico settore della tutela dell’ambiente, l’accesso all’informazione ambientale deve essere, infatti, consentito a chiunque ne faccia richiesta, senza necessità che questi, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, dimostri un suo particolare e qualificato interesse all’ostensione.

Il citato art. 3 del d.lgs. n. 195/2005, espressamente richiamato dalla società ricorrente in calce all’istanza di accesso del 4 aprile 2014 “per quel che riguarda la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti”, prevede, per l’appunto, che “l’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”, con la conseguenza che per costituire in capo all’amministrazione un relativo obbligo di comunicazione non si deve essere necessariamente titolari di una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, essendo, bensì, sufficiente la sola indicazione delle informazioni richieste [60] .

Orbene, osserva il Collegio come nel caso di specie non ricorra alcuna delle ipotesi tassativamente previste all’art. 5 del d.lgs. n. 195/2005, che in materia di accesso all’informazione ambientale legittimano un diniego da parte dell’amministrazione intimata, neanche risultando che il Comune resistente, con l’impugnata nota del 16 maggio 2014, prot. n. 51406, nell’addurre l’opposizione della ditta aggiudicataria, la mancata titolarità di un interesse qualificato e differenziato all’accesso ed il riferirsi la richiesta alla fase esecutiva di una procedura di affidamento già conclusasi, abbia nemmeno eseguito “una valutazione ponderata tra l’interesse pubblico all’informazione e 1’interesse tutelato dall’esclusione dall’accesso” [61].

Accesso ai formulari relativi al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento/recupero dei rifiuti sanitari.

Parte ricorrente ha richiesto l’accesso “a tutte le prime e quarte copie dei Formulari, emessi dalla Asl. L’istanza sarebbe stata formulata quale “informazione ambientale”, ma l’Ente ha negato l’accesso perché “i dati richiesti non costituiscono informazioni ambientali, ai sensi dell’art. 2, comma 1°, del D. Lgs. 195/2005”.

Quello in oggetto dovrebbe essere un accesso facilitato, rispetto a quello di cui all’art. 22 l. n. 241/1990, volendosi assicurare la trasparenza in materia ambientale, in cui dovrebbero rientrare i “rifiuti”, che sono accompagnati da “formulari” d’identificazione, compilati dal produttore, controfirmati dal trasportatore e dal destinatario, con indicazione dei codici Cer, identificativi degli stessi.

Tali atti di accompagnamento (art. 193 cod. amb.), dal produttore al destinatario, non hanno, però, alcun valore certificativo della natura e composizione del rifiuto trasportato, essendo una pura attestazione del privato, ai soli fini di monitorare il trasporto, senza alcuna informazione ambientale e/o analisi analitica degli stessi rifiuti (art.258 cod. amb.).

Trattasi di una forma di controllo interno e reciproco, ai fini della regolarità.

L’informazione ambientale ha, invero, una sua delimitazione funzionale e non può essere utilizzata per scopi ulteriori, quale il cercare di sindacare in modo generalizzato l’attività dell’Amministrazione nel citato settore[62] 

Quale sia nella specie il concreto interesse ambientale, non è dato oggettivamente rinvenire, né si comprende come i citati formulari possano soddisfare una tale conoscenza e non risolversi in una forma di controllo generalizzato dell’azione amministrativa, acquisendo, inoltre, i dati dei soggetti coinvolti nel trasporto, che sono meritevoli di tutela in punto di riservatezza [63]

Accesso agli atti relativi allo sversamento in mare di elementi inquinanti.

L’art. 3 del d.lgs. 195/2005 tutela il diritto di accesso alle informazioni ambientali e stabilisce che l’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse. Fatto salvo quanto stabilito all’articolo 5 e tenuto conto del termine eventualmente specificato dal richiedente, l’autorità pubblica mette a disposizione del richiedente l’informazione ambientale quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l’entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro il predetto termine di 30 giorni.

In tale ultimo caso l’autorità pubblica informa tempestivamente e, comunque, entro il predetto termine di 30 giorni il richiedente della proroga e dei motivi che la giustificano. L’informazione ambientale, a sua volta, è, ai sensi dell’art. 2, qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali (...); 2) fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi.

Non vi è dubbio, pertanto, che la richiesta effettuata dall’Associazione ricorrente di accedere agli atti a disposizione dell’Amministrazione, relativi allo sversamento di elementi inquinanti specificamente individuati, rientri nell’oggetto del diritto di accesso.

Essa, infatti, ha diritto di conoscere sia i fatti, per come accertati dalle autorità competenti, sia i risultati di controlli e monitoraggi effettuati nelle acque e nelle aree interessate dall’incidente.

Questo anche in ragione delle problematiche ambientali e di salute dei cittadini del territorio del Comune che anche recenti vicende di cronaca collegano al polo petrolchimico.

La giurisprudenza, sul punto, ha da sempre ritenuto che tale forma di accesso sia del tutto svincolata da motivazioni precise e dalla dimostrazione dell’interesse del singolo, in quanto l’informazione ambientale consente, a chiunque ne faccia richiesta, di accedere ad atti o provvedimenti che possano incidere sull’ambiente quale bene giuridico protetto dall’ordinamento [64], con l’unico limite delle richieste estremamente generiche, posto che esse devono essere specificamente individuate con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori o alle misure di cui all’art. 2 punto 3, cit. d.lg. n. 195 del 2005.

Nel caso di specie, sussistono tutti i presupposti per consentire all’Associazione l’accesso alle informazioni ambientali, relative all’episodio di sversamento di elementi inquinanti, e, in generale, alla situazione ambientale del mare colpito, sicuramente disponibili sia presso la Regione che presso il Comune, nonché per ottenere il resoconto di eventuali conferenze convocate dalle amministrazioni pubbliche ed aventi ad oggetto la specifica situazione [65].

Accesso agli accertamenti effettuati dalla Capitaneria di Porto per sversamento in mare di un ingente quantitativo di sostanze inquinanti.

In seguito allo sversamento d’ingenti quantitativi di cherosene dagli oleodotti in mare l’Associazione ricorrente presentava presso la Capitaneria di Porto, istanza di accesso ambientale per poter visionare ed estrarre copia delle informazioni ambientali relative al tipo ed all’esito degli accertamenti effettuati dalla Capitaneria di Porto sulle navi, sulle cause di moria dei pesci e sull’entità nonché sugli effetti degli sversamenti sull’ecosistema marino.

La predetta Capitaneria negava alla ricorrente l’accesso alle informazioni ambientali “in quanto facenti parte di documenti relativi a procedimenti giudiziari ancora in corso”.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Infatti, l’art. 5 D.lgs. 195/2005 al co. 2 stabilisce che: “2.

L’accesso all’informazione ambientale è negato quando la divulgazione dell’informazione reca pregiudizio: (…) c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini per l’accertamento di illeciti”.

Pertanto l’Amministrazione avrebbe dovuto svolgere adeguata istruttoria richiedendo il nulla osta alla Procura competente e titolare delle indagini al fine di poter consentire la diffusione delle informazioni ambientali richieste.

È evidente infatti che solo la Procura era il soggetto competente a poter decidere se la divulgazione di determinate informazioni ambientali potesse o meno nuocere allo svolgimento delle indagini [66].

Accesso agli atti relativi all’autorizzazione per impianto fotovoltaico.

Sotto il primo profilo si osserva infatti, come l’art. 3, d.lg. n. 195 del 2005 chiarisca che le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’ accesso ai documenti amministrativi.

Ed è indubbio che nel caso in specie, pur intersecandosi con aspetti inerenti la consequenziale procedura espropriativa per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico in questione, che la domanda di accesso in argomento afferisca alla informazione ambientale in ordine alla quale è riconosciuta e garantita l’accessibilità anche ai piani, agli accordi o ai piani ed ad ogni altro atti di natura amministrativa.

Secondo la giurisprudenza amministrativa, la disciplina speciale risulta preordinata a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale, mediante la deliberata eliminazione di ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle relative informazioni [67].

Sotto l’ulteriore profili, appare altresì conducente il richiamo alla normativa invocata dalla parte ricorrente. Questa Sezione [68] in materia di accesso agli atti autorizzatori in materia edilizia, ha avuto modo di precisare che le concessioni e le autorizzazioni edilizie non sono né devono essere atti riservati, essendo, per contro, pubblici ed ostensibili, per cui nulla osta alla loro esibizione al richiedente che abbia un interesse specifico e concreto al riguardo[69]

Accesso agli atti riguardante l’accatastamento di un fabbricato.

L’oggetto dell’istanza presentata dal ricorrente non è sussumibile nel concetto di informazione ambientale ex articolo dall’art. 2 del D.lgs. 195/2005.

L’interessato ha infatti richiesto la documentazione riguardante l’accatastamento di un fabbricato, documentazione che, all’evidenza, non rientra in nessuna delle tipologie indicate dall’art. 2 del D.lgs. 195/2005.

Non formano infatti oggetto dell’informazione ambientale gli atti e i documenti relativi a fatti che non comportano un impatto ambientale [70].

Né può ritenersi rilevante, ai fini della qualificazione del tipo di informazione richiesta, la finalità dell’Associazione per conto della quale l’interessato ha presentato l’istanza: un conto è, infatti, la natura “ambientale” dell’informazione richiesta, altro è che un’informazione per così dire neutra possa essere utilizzata dall’associazione di tutela ambientale per perseguire i propri fini statutari.

D’altro canto, a sostegno dell’istanza il ricorrente non ha affatto prospettato un interesse di natura ambientale, bensì ha paventato presunte irregolarità edilizie ed urbanistiche e ha adombrato profili di danno erariale.

Al fine di evitare che le richieste appaiano indiscriminate e, soprattutto, quando si tratti di organizzazioni ed associazioni nei cui compiti statutari sono contemplate anche le iniziative di tutela e di promozione dell’ambiente, è almeno necessario che venga delimitato e specificato il contesto di riferimento e le ragioni che costituiscono, ancorché limitatamente al settore ambientale, un interesse almeno all’acquisizione delle informazioni [71] .

Ciò precisato, deve allora ritenersi che la questione vada ricondotta alla generale disciplina sull’accesso agli atti contenuta negli artt. 22 e ss. della L. 241/1990 [72].

Accesso alla documentazione amministrativa riguardante la costruzione del nuovo polo depurativo.

Come costantemente affermato da questo Tribunale [73] l’art. 3 del D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 195, con il quale è stata data attuazione alla Direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha introdotto, come prima aveva fatto il D.Lgs. 24 febbraio 1997 n. 39 (abrogato dall’art. 12 del cit. D.Lgs. n. 39 del 1997), una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si connota, rispetto a quella generale prevista nella L n. 241 del 1990, per due particolarità:

– l’estensione del novero dei soggetti legittimati all’accesso;

– il contenuto delle cognizioni accessibili.

Sotto il primo profilo, l’art. 3 del D.Lgs. n. 195/2005 chiarisce che le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse.

In relazione a tale aspetto dunque la nota con la quale il Comune richiede documenti all’interessato al fine di verificare l’interesse concreto ed attuale dell’istante, a giustificazione dell’esercizio del diritto di accesso, si pone in aperto contrasto con la disposizione legislativa sopra richiamata.

Quanto al secondo aspetto, la medesima disposizione estende il contenuto delle notizie accessibili alle «informazioni ambientali» (che implicano anche un’attività elaborativa da parte dell’Amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste), assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall’art. 22 L. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell’Amministrazione.

Detta disciplina speciale della libertà d’accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale.

Tale esigenza viene, in particolare, realizzata mediante la deliberata eliminazione, resa palese dal tenore letterale dell’art. 3, di ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente.

Ciò posto, non vi è alcun elemento per escludere le informazioni richieste dal novero di quelle ambientali, così come nessuna valutazione in tema di interesse e, conseguentemente di legittimazione attiva, osta all’accoglimento dell’istanza.

La nota del Comune non ha soddisfatto la richiesta di accesso agli atti, considerato che, differentemente da quanto affermato dallo stesso, la documentazione richiesta non risulta disponibile sul sito istituzionale dell’ente [74],

Accesso al progetto definitivo della superstrada pedemontana in vista della tutela giurisdizionale dei propri interessi.

È infondato il secondo mezzo di gravame con il quale l’appellante ha invocato a sostegno dell’accesso ai documenti relativi al progetto definitivo della superstrada pedemontana, la disciplina dell’informativa di carattere ambientale.

Al riguardo occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195, per informazione ambientale si intende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; 2) fattori quali le sostanze, le energie, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi. Sebbene l’accesso all’informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse, che è da considerare in re ipsa per ciascun essere umano o ente che lo rappresenti o ne sia emanazione, ai sensi dell’art. 3 comma 1, del predetto decreto legislativo, la richiesta non solo non deve essere formulata in termini eccessivamente generici [75], per quanto deve essere specificamente individuata con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori di cui al citato punto 2) o alle misure di cui al predetto punto 3) del citato articolo 2 del D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195 [76].

Nel caso di specie, per contro, l’istanza di accesso formulata dalla società è imperniata innanzitutto sulla sua qualità di soggetto promotore dell’intervento e partecipante alla gara per l’affidamento della relativa concessione, nonchè sulla dell’avvenuta conoscenza (a mezzo degli organi di stampa) della notizia della sottoscrizione del decreto di approvazione del progetto definitivo relativo alla superstrada, con conseguente asserito interesse a prendere visione di tutti gli atti e documenti relativi al suddetto progetto definitivo anche in vista della eventuale tutela giurisdizionale dei propri interessi, senza che sia stato fatto neppure alcun cenno ad eventuali interessi ambientali.

Essa è pertanto manifestamente carente di quel genuino interesse ambientale che solo giustifica l’applicazione dell’invocato D.Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195, non potendo del resto ammettersi l’utilizzo strumentale di tale disciplina (che ha specifiche finalità di tutela ambientale) per conseguire finalità del tutto diverse (economico-patrimoniali), quali sono quelle perseguite dall’appellante [77].

L’istanza di accesso alle informazioni ambientali ex d.lgs. 195/2005, in sostanza, sebbene non debba essere dichiarato, postula che l’interesse alla richiesta abbia carattere ambientale e non imprenditoriale, in modo da essere coerente con la ratio della norma, inoltre, la stessa può consistere anche in una generica richiesta d’informazioni su un determinato contesto ambientale, a condizione però che questo contesto sia specificato [78].

Accesso ai documenti in base ai quali è stata stabilita la tariffa di accesso all’impianto di trattamento rifiuti.

Il D. Lgs. 19 agosto 2005 n. 195 garantisce il più ampio diritto di accesso nella massima trasparenza possibile per l’intera materia dell’informazione ambientale, definendo questa qualsiasi informazione detenuta dalle pubbliche autorità e disponibile in qualunque forma materiale esistente, concernente lo stato degli elementi costitutivi dell’ambiente inteso in senso generale, i fattori esterni quali energia, rumore, radiazioni, rifiuti o qualsiasi altro rilascio che possano incidere sull’ambiente stesso, le misure politiche ed amministrative che incidono o che possono incidere sugli elementi sopraddetti, le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale, le analisi costi-benefici usate nell’ambito delle misure adottate, lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, art. 2 D. Lgs. 195/2005.

Il successivo art. 5, nell’elencare i casi di esclusione dal diritto di accesso, indica al comma 2 n. 5) la divulgazione di informazioni che arrechino pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia, della tutela di un legittimo interesse economico (…), nonché ai diritti di proprietà industriale, di cui al D. Lgs. 10.2.05 n. 30.

Appare del tutto palese che la formazione della tariffa derivi anche dai costi industriali che la società ha dovuto o deve sopportare, quindi costi di investimento, costi di trasporto, costi di locazione, costi di personale etc. ed oggettivamente queste voci rientrano tra quelle informazioni commerciali che sono naturalmente tutelate dal diritto alla riservatezza, soprattutto a fronte di un concorrente potenziale.

Oltretutto l’attinenza della formazione della tariffa ha una connessione con la materia ambientale del tutto indiretta, poiché le voci prime chiamate non sono direttamente attinenti con quelle informazioni ambientali, così come elencate dall’art. 2 D. Lgs. 195/2005; altro sarebbe, ad esempio, la conoscenza delle quantità e delle qualità del materiale trattato, poiché ciò coinvolgerebbe inevitabilmente lo stato della salute della sicurezza umana in una determinata area, i costi per la collettività e potrebbe giustificare cambiamenti di comportamento imprenditoriale, ma in realtà nulla di questo attiene ai contenuti della domanda di accesso, come si è visto.

L’esclusione il diritto di recesso come strumento per un mero generalizzato controllo dell’azione amministrativa costituisce poi una sorta di valvola di chiusura nel collocare la domanda della società al di fuori dei casi di accesso all’informazione ambientale così come disciplinata dal D. Lgs. 195/2005 [79].

Accesso a documenti non ancora prodotti, l’autorità pubblica deve informare il richiedente circa la data approssimativa entro la quale detto materiale sarà disponibile. 

L’Associazione ricorrente ha chiesto alla Provincia di Roma di prendere visione ed estrarre copia dei seguenti atti e documenti: 1) del piano di monitoraggio, con annessi allegati e note tecniche; 2) degli accertamenti compiuti, delle loro modalità, dei singoli esiti degli accertamenti; 3) dei rapporti semestrali dal 2011 ad oggi; 4) dell’esito del procedimento di monitoraggio; 5) dei costi sostenuti fino alla data odierna per il monitoraggio.

La Citta metropolitana di Roma Capitale ha comunicato che il gruppo di lavoro costituitosi a seguito della firma del protocollo d’intesa, non ha ancora prodotto documenti ed atti definitivi ostensibili e che alla data odierna non sono stati emessi mandati di pagamento, ed i fondi risultano ancora interamente a residuo sul bilancio provinciale, rimanendo destinati alla realizzazione di servizi ambientali nell’area di Malagrotta.

Ne consegue che, non essendo allo stato esistenti i documenti richiesti, il diniego dell’amministrazione, nella parte in cui ha evidenziato che il gruppo di lavoro non ha ancora prodotto documenti ed atti definitivi ed ostensibili, non può evidentemente essere censurato.

Tuttavia, occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 195 del 2005, l’accesso all’informazione ambientale è negato nel caso in cui la richiesta concerne materiali, documenti o dati incompleti o in corso di completamento, con la specificazione che, in tale caso, l’autorità pubblica informa il richiedente circa l’autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale detto materiale sarà disponibile.

Nella fattispecie in esame, avendo l’amministrazione provinciale rappresentato che il gruppo di lavoro si è costituito a seguito della firma del protocollo d’intesa, e che tale gruppo non ha ancora prodotto documenti ed atti definitivi ed ostensibili, occorre ritenere che la richiesta ha avuto ad oggetto materiali, documenti o dati incompleti o in corso di completamento, sicché l’amministrazione, così come ha legittimamente riscontrato l’istanza evidenziando l’assenza di atti definitivi ed ostensibili, avrebbe dovuto informare la richiedente circa l’autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale il materiale richiesto sarà disponibile [80].

Accesso, adempimenti formali (pubblicazioni delle delibere) e presunzione di conoscenza.

La piena conoscenza dell’autorizzazione provinciale contenente l’approvazione del progetto complessivo di coltivazione del polo estrattivo, adiacente al sito di importanza comunitaria (SIC), non può essere collegata alla mera pubblicazione della determinazione dirigenziale.

Questo e gli altri provvedimenti impugnati ricadono infatti nella categoria dell’informazione ambientale. L’accesso all’informazione ambientale è tutelato dalla Dir. 28 gennaio 2003 n. 2003/4/CE.

Quest’ultima ha tra i propri obiettivi (art. 1) quello di “garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale”.

L’amministrazione che detiene l’informazione ambientale non è solo obbligata a renderla disponibile su espressa richiesta (art. 3) ma anche a diffonderla nella sua integralità favorendo la circolazione dei dati (art. 7). Dunque, non vi può essere presunzione di conoscenza dell’informazione ambientale in conseguenza di adempimenti formali come la pubblicazione delle deliberazioni.

L’impostazione sostanziale del diritto comunitario agisce sugli strumenti processuali nazionali (e in particolare sull’estensione del concetto di errore scusabile ex art. 37 cpa) facendo decorrere il termine d’impugnazione dalla conclusione della procedura di accesso agli atti, salvo che l’amministrazione non dimostri di aver già provveduto alla piena diffusione dell’informazione ambientale con i mezzi tecnologici indicati dalla direttiva. Quest’ultima dimostrazione peraltro nel caso in esame non è stata prodotta [81].

Accesso ai dati e alle informazioni relative al trattamento delle acque reflue.

L’art. 3 D.L.vo 19 agosto 2005 n. 195, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha infatti introdotto, come prima aveva fatto il D.L. vo 24 febbraio 1997 n. 39 (abrogato dall’art. 12 del cit. D.L.vo n. 39 del 1997), una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si connota, rispetto a quella generale prevista nella L n. 241 del 1990, per due particolarità: l’estensione del novero dei soggetti legittimati all’accesso; il contenuto delle cognizioni accessibili.

Sotto il primo profilo, l’art. 3 D.L. vo n. 195 del 2005 chiarisce che le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse.

Quanto al secondo aspetto, la medesima disposizione estende il contenuto delle notizie accessibili alle «informazioni ambientali» (che implicano anche un’attività elaborativa da parte dell’Amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste), assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall’art. 22 L. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell’Amministrazione.

Detta disciplina speciale della libertà d’accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale.

Tale esigenza viene, in particolare, realizzata mediante la deliberata eliminazione, resa palese dal tenore letterale dell’art. 3, di ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente.

Così precisati gli estremi ed il contenuto del diritto di accesso in materia ambientale, risulta agevole concludere che ogni indebita limitazione, per via ermeneutica, della legittimazione a pretendere l’accesso alle informazioni ambientali risulta preclusa sia dal tenore letterale della disposizione, sia dalla sua finalità [82].

Ciò posto, non vi è alcun elemento per escludere le informazioni richieste (specificatamente: l’ubicazione dei depuratori e/o impianti centralizzati nelle aree servite; delle unità di popolazione servita ed elenco delle zone e/o comuni serviti; della tipologia di impianti “fanghi attivi, biologico, chimico”; della conformità alla legge ambientale D.L.vo n. 152/2006; degli atti e/o provvedimenti aventi ad oggetto ad interventi programmati ed a tutti quelli effettuati negli ultimi due anni; di ogni altro atto e/o provvedimento connesso e/o collegato) dal novero di quelle ambientali, così come nessuna valutazione in tema di interesse e, conseguentemente di legittimazione attiva, osta all’accoglimento dell’istanza [83].

Accesso alla documentazione formata dalla regione in materia di caccia in deroga (articolo 19 bis della legge 157/92).

L’art. 3, primo comma, del decreto legislativo n. 195/2005 precisa che l’informazione in materia ambientale prescinde dall’individuazione di uno specifico interesse in capo al richiedente.

Al riguardo va precisato che il precedente art. 2 (“Definizioni”) del decreto legislativo n. 195/2005 dispone che per “informazione ambientale” si intende “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente, tra l’altro, lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi;”(n.1). Inoltre, al n. 4 del medesimo articolo, sono ricomprese tra le informazioni ambientali le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale.

L’Associazione ricorrente ha richiesto l’accesso alle relazioni di cui all’art. 9 par. 3 della direttiva CEE 79/409 del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, per gli anni dal 2003 al 2007.

La Regione nel provvedimento di diniego e nelle proprie difese, nega l’applicabilità della normativa in tema di accesso alle informazioni ambientali alle citate relazioni, in quanto esse non rientrerebbero nella nozione di informazione ambientale prevista dall’art. 2 del D.lgs 195/2005.

La tesi della Regione non può essere condivisa.

Appare infatti evidente, dalla semplice lettura della direttiva citata, come tale normativa sia diretta a garantire la tutela dell’ambiente e della biodiversità attraverso azioni per la tutela di alcune specie di uccelli.

Non è quindi condivisibile la tesi per cui la materia della caccia in deroga a quanto stabilito dalla direttiva stessa (poi attuata dall’art. 19 bis della legge 157/1992, come modificato dalla legge 221/2002) non rientrerebbe nell’ambito delle informazioni ambientali individuate dal citato art. 2. Inoltre, le relazioni che le regioni sono obbligate a formare in materia non possono che rientrare tra le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale, sempre previste dall’art. 2 del D.lgs 195/2005, in quanto non si vede in che modo possa escludere l’appartenenza a tale categoria il fatto che le relazioni siano “un adempimento e connesso obbligo di referto imposti dalla vigente legislazione venatoria”, come affermato nell’impugnato diniego.

Ne consegue che il presente ricorso deve dichiararsi fondato ai sensi della più favorevole disciplina di cui all’art. 3 del decreto legislativo n. 195/2005 (rispetto alla generale normativa di cui all’art. 22 della legge n. 241/1990). In definitiva, il ricorso va accolto con conseguente dichiarazione dell’obbligo della Regione di fornire alla ricorrente le informazioni ambientali richieste [84].

Accesso alla documentazione inerente il carteggio intercorso tra l’Osservatorio Valle Susa per il collegamento ferroviario Torino-Lione e i Comuni interessati.

Ritenuto, in relazione ai presupposti stabiliti del D.Lgs n. 195/2005 per lo speciale regime dell’accesso in materia ambientale, alla stregua dell’interpretazione teleologica del disposto dell’art. 2 di detta disciplina, che occorre la sussistenza di un nesso funzionale concreto tra la misura amministrativa, comprensiva della relativa analisi-costi, benefici, e gli elementi e fattori ambientali, nesso da evidenziare da parte del ricorrente ovvero evidente ex se in relazione alla tipologia di atti richiesti [85].

Infatti che, per quanto esteso sia, l’ambito applicativo del D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 195, esso non può dare titolo ad una forma di indiscriminato accesso a tutte le pratiche inerenti ad un determinato settore di attività amministrativa, non potendosi il diritto all’informazione in materia ambientale, al pari del diritto di accesso in genere, tradursi in uno strumento di controllo sistematico e generalizzato sulla gestione di tutti i procedimenti amministrativi in itinere e, più in generale, sull’intero operato di un ente pubblico, poiché in tal modo si finirebbe per conferire all’istante poteri ispettivi che non gli competono.

In effetti, in merito alle informazioni ambientali di cui è possibile venire a conoscenza mediante l’esercizio del diritto d’accesso (cfr. D. Lgs. 19.08.2005, n. 195), giova evidenziare come l’art. 2, lett. a), nn. 3) e 5) del D. Lgs. in parola annoveri fra di esse sia «le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2) (dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/05), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi» sia «le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell’ambito delle misure e delle attività di cui al numero 3) (dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/05)».

Orbene, dalla disposizione citata occorre dunque ricavare che le analisi ed i dati di carattere economico e contabile di cui all’art. 2, lett. a), n. 5, D. Lgs. 195/05 – quali possono essere, ad es., i bilanci consuntivi e le relative delibere di approvazione di un ente parco – possono integrare un’informazione ambientale soltanto qualora vengano utilizzati nell’ambito dell’esercizio di un’attività amministrativa di cui all’art. 2, lett. a), n. 3, D. Lgs. 195/05, che incida o possa incidere concretamente sugli elementi dell’ambiente di cui al n. 1 dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/05 (aria, atmosfera, acqua, suolo, etc.) o sui fattori dell’ambiente di cui al n. 2 dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/05 (energia, rumore, radiazioni, etc.).

Pertanto, fine di evitare forme di controllo sistematico e generalizzato sull’attività amministrativa, la latitudine del riferimento alle misure amministrative è stata dunque temperata dalla necessità che, per integrare propriamente un’informazione ambientale, l’attività amministrativa incida concretamente, in positivo (tutelandoli) o in negativo (compromettendoli) sugli elementi o sui fattori ambientali come individuati ai nn. 1) e 2) dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/2005.

Sotto un primo profilo, pertanto, spetta a colui che chiede l’accesso la precisa definizione dell’oggetto dell’istanza, mediante una chiara indicazione del nesso concreto dal quale sia possibile desumere l’incidenza della misura amministrativa sugli elementi o sui fattori ambientali di cui ai nn. 1) e 2) dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/2005; in difetto di ciò l’ente intimato deve negare l’accesso, stante l’eccessiva genericità della richiesta, ai sensi dell’art 5, co. 1°, lett. c) [86], salvo ovviamente che venga ex se in evidenza un oggettivo nesso tra i documenti richiesti e l’incidenza degli stessi sui fattori ambientali.

Ritenuto, alla luce delle suddette considerazioni, che l’ampiezza del diritto all’informazione ambientale deve essere contemperato, nel caso di specie, con la precisa definizione dell’oggetto dell’istanza, ovvero con l’evidenza di un nesso concreto dal quale sia possibile desumere l’incidenza della misura amministrativa sugli elementi o sui fattori ambientali di cui ai nn. 1) e 2) dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/2005.

Ritenuto, pertanto, di dover accogliere l’istanza, circoscrivendola, quanto ai “carteggi” richiesti, ai soli atti o documenti che presentino espressamente un nesso concreto con la materia ambientale, relativamente all’incidenza della misura amministrativa sugli elementi o sui fattori ambientali di cui ai nn. 1) e 2) dell’art. 2, lett. a), D. Lgs. 195/2005 [87].

Accesso informazioni attinenti la gestione dell’impianto di depurazione.

Il ricorso merita accoglimento, giacché il diniego opposto risulta innanzi tutto in contrasto con le speciali previsioni di cui al d.lgs. 195/2005, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso alle informazioni in materia ambientale.

Come noto, tale decreto, che ricalca il pregresso d.lgs. 39/1997, oggi abrogato, realizza una forma di pubblicità delle informazioni ambientali più ampio della generale disciplina della legge 241/1990 sull’accesso ai documenti amministrativi: in particolare, in deroga a quest’ultima legge, la normativa comunitaria consente l’accesso all’informazione a chiunque ne faccia richiesta, senza necessità di dichiarare il proprio interesse (art. 3, comma 1°, d.lgs. 195/2005), senza contare che il concetto stesso di <<informazione ambientale>> deve intendersi in senso lato, non limitato cioè soltanto agli specifici documenti amministrativi già formati, con conseguente necessità, per l’Amministrazione, di una eventuale attivit à di elaborazione di notizie in proprio possesso [88].

Si aggiunga ancora che, nel caso di specie, l’esponente ha in ogni caso evidenziato il proprio interesse all’accesso, attesa la necessità di approntare al meglio le proprie difese a fronte delle contestazioni della violazione alla disciplina degli scarichi, mosse nei suoi riguardi. Di conseguenza, le richieste non posso neppure essere definite generiche, come vorrebbe la società, posto che l’esponente ha sufficientemente indicato i limiti e l’ambito delle informazioni ambientali alle quali intende accedere (del resto, il d.lgs. 195/2005, consente, all’art. 5 comma 1° lett. c, di negare le informazioni solo in caso di eccessiva genericità della richiesta, senza contare che, a norma dell’art. 3, comma 3° dello stesso decreto, anche in caso di eccessiva genericità, l’Autorità pubblica può chiedere all’istante di specificare i dati richiesti). La società dovrà pertanto, esibire o in ogni caso rendere disponibili in forma facilmente accessibile alla ricorrente le informazioni richieste [89].

Rilascio di copie dei ricorsi giurisdizionali amministrativi presentati dall’Azienda Energetica al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in Roma.

Viene, preliminarmente eccepito dalle parti resistenti costituite che la richiesta di accesso all’esame non si riferisce ad atti ai quali si possa riconoscere carattere ambientale, ma ad atti relativi ad un contenzioso giudiziario in essere; e che, conseguentemente, per tali atti siano applicabili solamente le disposizioni sul diritto di accesso previsto in generale per gli atti e documenti in possesso della pubblica amministrazione.

A tale proposito si riporta una recente sentenza del Supremo Consesso [90], il quale dopo aver precisato che, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs 19 ottobre 2005, n.195, “per informazione ambientale si intende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; 2) fattori quali le sostanze, le energie, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi”, evidenzia che: “Sebbene l’accesso all’informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse (che è da considerare in re ipsa per ciascun essere umano o ente che lo rappresenti o ne sia emanazione, ai sensi dell’art. 3 comma 1, del predetto decreto legislativo), la richiesta non solo non deve essere formulata in termini eccessivamente generici [91], per quanto deve essere specificamente individuata con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori di cui al citato punto 2) o alle misure di cui al predetto punto 3) del citato articolo 2 del D. Lgs. 19 ottobre 2005, n. 195 [92].

Nella precitata decisione viene, conseguentemente, confermato il rigetto del Giudice di primo grado sulla richiesta di accesso, rilevando che questa “non concerneva alcuna attività amministrativa in senso proprio, riguardando piuttosto un atto di esecuzione” di un contratto stipulato tra una pubblica Amministrazione ed una A.T.I..

Da quanto sopra, a parere del Collegio, è agevole dedurre che la sentenza citata possa trovare applicazione al caso qui trattato, ove non si richiede l’ostensione di atti attinenti una “attività amministrativa in senso proprio”, bensì di atti difensivi giudiziali.

Peraltro, anche prescindendo da quanto sopra, la richiesta de qua non può essere accolta, pur tenendo presente che, come risulta dal tenore letterale del secondo comma dell’articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il diritto di accesso costituisce un principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza [93].

Nel ricorso, il ricorrente fonda le proprie richieste di accesso sulla normativa emanata in recepimento della Direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, e cioè sulla falsa applicazione dell’art. 5, 1° comma, lett. b) e 2° comma lett. c) del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195 in relazione all’art. 24 Cost..

Orbene, è indubbio che la divulgazione dei ricorsi e controricorsi, di cui si discute, possa arrecare pregiudizio allo svolgimento dei procedimenti giudiziari pendenti innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

Al riguardo, i Giudici di Palazzo Spada, hanno stabilito che: “Essendo il segreto professionale specificamente tutelato dall’ordinamento, sono sottratti all’accesso gli scritti defensionali, rispondendo il principio in parola ad elementari considerazioni di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie”.[94]

Il ricorrente, nella memoria difensiva del 6 aprile 2011, tra l’altro, sostiene, inoltre, che “l’art. 5 1° comma, lett. b) e 2° comma, lett. c) del D.Lgs. n. 195/2005 (Attuazione della Direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale) non prevede alcuna esclusione dall’acceso a salvaguardia del segreto professionale forense!”; e che “il quesito da porre alla Corte di Giustizia CE riguarderà la previsione o meno di tale segreto professionale forense.”, insistendo “nel rinvio pregiudiziale comunitario ex art. 234 Trattato CE”.

Al riguardo, si evidenzia che, come sopra già chiarito, il precitato art. 5, al punto 2, tra l’altro, prevede, anche, che: “L’accesso all’informazione ambientale è negato quando la divulgazione dell’informazione reca pregiudizio allo svolgimento di procedimenti giudiziari.

Per quanto attiene poi, alla Direttiva 2003/4/CE, soccorre sulla questione generale di accesso a pareri giuridici (estensibile, a parere del Collegio ad atti difensionali o, comunque, tutelati dal segreto professionale), la pronunzia del 1 luglio 2008 della Corte di Giustizia, Grande Sezione (nei procedimenti riuniti C-39/05 P e C-52/05 P), dalla quale si argomenta, tra l’altro, che il principio di trasparenza che può giustificare la richiesta divulgazione di un parere giuridico deve costituire un interesse pubblico prevalente ai sensi dell’art. 4, n. 2 del regolamento n. 1049/2001”; con la conseguenza che, come si legge in detta decisione, nella traduzione/versione in lingua italiana,“in assenza di un interesse siffatto, incombe quanto meno al richiedente dimostrare che, alla luce delle specifiche circostanze del caso di specie, presenta una rilevanza tale da superare il bisogno di tutela del documento litigioso” [95].

Accesso agli atti del procedimento di verifica dell’ottemperanza alle prescrizioni del decreto VIA.

Appare in primo luogo evidente l’interesse attuale, concreto e diretto che supporta la richiesta da parte della società.

È appena il caso di sottolineare (stante la mancanza di ogni chiarimento sul punto da parte del Ministero dell’Ambiente) che non si vede quale interesse antagonista possa frapporsi all’ostensione dei documenti richiesti, soprattutto ove si consideri che, in ogni caso, deve essere garantito l’accesso ai documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici (così l’art. 24, u.c., della l. n. 241/90).

Pure incontestata appare la circostanza relativa alla mancata collaborazione del Ministero dell’Ambiente in ordine al concreto esercizio del diritto di accesso da parte della società (pur formalmente riconosciuto), dalla stessa illustrata e documentata con dovizia di particolari.

Al riguardo, si rileva che quest’ultima ha chiaramente specificato, con l’atto protocollato nella stessa data in cui vi è stato il tentativo di accesso formale, quali siano gli atti del procedimento che la riguarda (ove effettivamente formati) che ha necessità di visionare.

Escluso, dunque, che l’istanza ostensiva si presenti come meramente “esplorativa”, giova soggiungere che solo la genericità della domanda e la necessità di un’attività valutativa ed elaborativa dei dati e dei documenti in possesso degli uffici aditi costituiscono veri e propri fattori preclusivi del valido esperimento del peculiare strumento di tutela azionato.

Nella fattispecie, invece, il riferimento al procedimento di verifica dell’ottemperanza alle prescrizioni del decreto VIA presuppone necessariamente anche l’esistenza di documenti confluiti in siffatto procedimento per formare oggetto e/o parametro di valutazione, ovvero (secondo la scansione delle istruttorie svolte dalla Commissione VIA, quale risulta dal decreto di organizzazione e funzionamento della Commissione, versato in atti) l’esistenza di atti di pertinenza delle articolazioni di quest’ultima che, presumibilmente, sono già stati adottati o avrebbero dovuto esserlo.

Ad ogni buon conto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che il diritto di accesso per sua natura presuppone in chi lo esercita una situazione di totale o di parziale ignoranza nel senso che chi presenta l’istanza di accesso si propone attraverso la sua iniziativa di acquisire atti che, in tutto o in parte, non conosce; ciò implica, anzitutto, che l’esigenza di una puntuale indicazione degli estremi degli atti deve essere intesa in modo flessibile e non formalistico.

In merito poi all’inammissibilità di richieste relative ad atti della cui esistenza non si è certi, è stato osservato che tale principio deve essere posto in correlazione con la regola secondo cui non sono ammesse mere richieste di informazioni sull’esistenza di procedimenti o sullo stato di pratiche, le informazioni cioè che non presuppongono l’esistenza di un documento già formato bensì un’attività valutativa ed elaborativa da parte dell’Amministrazione.

È invece ammissibile l’istanza di accesso che mira ad ottenere l’esibizione di atti dei quali sia plausibile e ragionevole l’esistenza, di talché l’Amministrazione è comunque tenuta a dare riscontro all’istanza, eventualmente negando l’accesso con atto espresso ed informando l’istante circa l’inesistenza del documento [96].

Il ricorso merita accoglimento e per l’effetto, va ordinato all’amministrazione intimata di esibire i documenti richiesti, anche mediante estrazione di copia e salva la corresponsione del costo di riproduzione [97].

Accesso agli atti e agli elaborati costituenti il progetto definitivo della superstrada.

Con riferimento al secondo motivo d’impugnativa, rilevato anche che l’istanza della Pedemontana Veneta s.p.a. è stata a suo tempo proposta ai sensi della l. 241/1990, è sufficiente rilevare che una richiesta di accesso, pur potendo astrattamente riguardare un’informazione ambientale, non esime il richiedente dallo specificare in sede amministrativa che l’interesse di base è un genuino interesse ambientale come qualificato dal d.lgs. n. 195/2005 all’integrità della matrice ambientale, non potendo l’ordinamento ammettere che di un diritto nato con certe finalità, ambientali, si faccia uso per finalità del tutto diverse, vale a dire economico-patrimoniali [98].

La domanda di accesso alle informazioni ambientali, pertanto, può consistere anche in una generica richiesta di informazioni su un determinato contesto ambientale, a condizione però che questo contesto sia specificato [99].

L’istanza di accesso alle informazioni ambientali ex d.lgs. 195/2005, in sostanza, sebbene non debba essere dichiarato, postula che l’interesse alla richiesta abbia carattere ambientale e non imprenditoriale, in modo da essere coerente con la ratio della norma [100].

Informazione processi decisionali che hanno effetti significativi sull’ambiente.

L’associazione ambientalista e veri cittadini lamentano che l’approvazione del p.g.t. sarebbe avvenuta in violazione delle norme in materia di partecipazione procedimentale alla valutazione ambientale strategica previste dalla direttiva 2001/42/CE, dalla direttiva 2003/35/CE, dal d.lgs. n. 195/2005, dalla convenzione di Aarhus del 25.6.1998, ratificata con l. n. 108/2001, dagli artt. 3, 7 e 10, l. n. 241/1990 e dal protocollo UNECE sulla valutazione ambientale strategica.

Non può, invero, ritenersi che l’approvazione del p.g.t. sia avvenuta in violazione delle richiamate norme sulla partecipazione procedimentale.

L’amministrazione ha, difatti, dato adeguata pubblicità agli avvisi di avvio del procedimento di approvazione del piano di governo del territorio e del procedimento di valutazione ambientale strategica, ha attuato una fase informativa delle parti economiche e sociali, ha convocato assemblee pubbliche nel corso della quale l’amministrazione ha invitato i cittadini a presentare suggerimenti e proposte ed ha inviato alla cittadinanza opuscoli informativi.

Così operando, l’amministrazione ha sufficientemente informato i soggetti interessati sin dalla fase di avvio dei procedimenti decisionali ed ha consentito loro di partecipare al procedimento decisionale.

Non sono dunque state violate le norme che regolano la partecipazione al procedimento pianificatorio ed in materia di informazioni sui processi decisionali che hanno effetti significativi sull’ambiente [101].

Accesso per l’acquisizione di documenti relativi alla gestione del servizio di raccolta integrata dei rifiuti.

Non merita accoglimento la richiesta di informazioni o di elaborazione di dati.

Non appare fondata, infatti, ai sensi del d. Lgs. n. 195/2005, la richiesta di informazione ambientale, così come definita dall’art. 2 del menzionato decreto legislativo, il quale prevede che vengano rese disponibili a chiunque ne faccia richiesta senza che questi debba dichiarare il proprio interesse le “informazioni ambientali” di cui all’art. 2, lett. “a”, del d.Lgs 195/2005, che attengono al suolo e alla gestione dei rifiuti e riguardano “attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori ambientali di cui ai numeri 1) e 2)”, quindi suolo e rifiuti e non agli atti gestionali e contabili del rapporto di servizio [102].

Accesso alle informazioni sulla funzionalità ed esistenza dell’impianto depurazione delle acque reflue.

L’art. 3 D.L.vo 19 agosto 2005 n. 195, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha infatti introdotto, come prima aveva fatto il D.L. vo 24 febbraio 1997 n. 39 (abrogato dall’art. 12 del cit. D.L.vo n. 39 del 1997), una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si connota, rispetto a quella generale prevista nella L n. 241 del 1990, per due particolarità: l’estensione del novero dei soggetti legittimati all’accesso ed il contenuto delle cognizioni accessibili.

Sotto il primo profilo, l’art. 3 D.L. vo n. 195 del 2005 chiarisce che le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse (che comunque nella specie è stato indicato).

Quanto al secondo aspetto, la medesima disposizione estende il contenuto delle notizie accessibili alle «informazioni ambientali» (che implicano anche un’attività elaborativa da parte dell’Amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste), assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall’art. 22 L. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell’Amministrazione.

Detta disciplina speciale della libertà d’accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale.

Tale esigenza viene, in particolare, realizzata mediante la deliberata eliminazione, resa palese dal tenore letterale dell’art. 3, di ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente.

Così precisati gli estremi ed il contenuto del diritto di accesso in materia ambientale, risulta agevole concludere che ogni indebita limitazione, per via ermeneutica, della legittimazione a pretendere l’accesso alle informazioni ambientali risulta preclusa sia dal tenore letterale della disposizione, sia dalla sua finalità. [103].

Ciò posto, non vi è alcun elemento per escludere le informazioni richieste dal novero di quelle ambientali, così come nessuna valutazione in tema d’interesse e, conseguentemente di legittimazione attiva, osta all’accoglimento dell’istanza [104].

Accesso ai provvedimenti aventi ad oggetto l’installazione e l’ubicazione dei depuratori e impianti centralizzati nell’ambito del territorio comunale.

L’Associazione richiedente dichiara di essere, per statuto, associazione senza fine di lucro, di essere iscritta nell’elenco delle associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale ed individuata per la protezione ambientale ai sensi dell’art. 13 della legge n. 349/1986, di essere una formazione associativa di volontariato per la tutela dei consumatori e la difesa dell’ambiente costituita anche a livello regionale ed iscritta, come associazione operante nella provincia.

Precisa di aver chiesto l’accesso in questione a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 8 sexies della legge n. 208/2008 che, a riguardo del servizio idrico integrato, ha disposto, in assenza di avvio dell’affidamento delle procedure per la progettazione degli impianti di depurazione, la restituzione agli utenti delle somme versate relative alla componente concernente la depurazione; e supporta la domanda di accesso anche in base all’interesse d’individuazione della situazione idrico-ambientale.

Inquadrata la vicenda nei suddetti termini, osserva il Tribunale che la titolarità dell’azione in capo all’Associazione ricorrente trae fondamento dall’art. 3 del D.Lgs. 19/8/2005 n. 195 (di attuazione della direttiva 2003/4/CE) che, in materia di accesso del pubblico all’informazione ambientale, dispone che “L’Autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta”, e ciò vale, evidentemente, nei casi come quello in esame nel quale il richiedente è, per quanto appresso si esporrà, soggetto con finalità statutaria anche di difesa dell’ambiente e delle relative risorse.

Per quest’ultimo profilo deve, infatti, considerarsi che il ricorrente, per gli elementi dallo stesso allegati ed in precedenza esposti, si configura come soggetto legittimato ad causam (e ciò anche se avesse agito solo a titolo di associazione di tutela dei consumatori e degli utenti del servizio idrico integrato) sulla base degli indici rivelatori di siffatta posizione giuridica elaborati in materia dalla giurisprudenza che corrispondono: alla finalizzazione di difesa di un interesse superindividuale per previsione statutaria dell’ente, alla sufficiente stabilità dell’assetto organizzativo-strutturale dell’ente medesimo ed alla c.d. vicinitas, intesa questa come connotazione dell’ente di risultare portatore di un interesse localizzato o almeno localizzabile in una determinata zona più o meno circoscritta. [105].

Sussiste, dunque, in capo a parte ricorrente la titolarità sostanziale dell’azione giudiziale esercitata; e nel merito, il ricorso è fondato nei limiti appresso indicati.

L’accesso è stato chiesto per i seguenti documenti:1) atti e/o provvedimenti aventi ad oggetto l’installazione e l’ubicazione dei depuratori e impianti centralizzati nell’ambito del territorio comunale; 2) tipologia di impianti “fanghi attivi, biologico, chimico; 3) conformità alla legge ambiente D.Lgs. n. 152/2006; 4) atti e/o provvedimenti aventi ad oggetto interventi programmati e/o effettuati negli ultimi due anni in materia di depurazione; 5) ogni altro atto relativo all’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie all’attivazione del servizio di depurazione ai sensi della legge 27/2/2009 n. 13; 6) ogni altro atto e provvedimento connesso e/o collegato.

Dall’accesso richiesto vanno esclusi, per la loro lata genericità, quelli relativi alla “conformità alla legge ambiente D.Lgs. n.152/2006, ad atti e/o provvedimenti aventi ad oggetto interventi programmati e/o effettuati negli ultimi due anni in materia di depurazione e ad ogni altro atto e provvedimento connesso e/o collegato”.

Al riguardo, oltre dai principi generali che reggono l’azione giudiziaria, l’esclusione trova precipua fonte nell’art. 5 comma 1 lett. “c” del D.Lgs. n. 195/2005 che dispone, in materia ambientale, il diniego dell’informazione nell’ipotesi di “richiesta espressa in termini eccessivamente generici”.

Per le considerazioni svolte il ricorso è fondato nei limiti appena esposti e, pertanto, nei medesimi limiti va accolto, conseguendone il diritto di parte ricorrente all’accesso, per quanto di ragione, alla documentazione richiesta [106].

Accesso per ottenere copia della ordinanze adottate ex art. 29 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 (legge quadro sulle aree protette).

L’associazione lamenta la mancata evasione da parte dell’Ente parco nazionale dell’istanza di accesso alle copie della ordinanze adottate ex art. 29 della legge 6 dicembre 1991 n. 394.

Si rammenta che, in materia ambientale, l’art. 14, comma 3, della legge n. 349 dell’8 luglio 1986 (istitutiva del Ministero dell’Ambiente) autorizzava qualsiasi cittadino ad inoltrare istanze di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente. E’ poi subentrato il d. lgs. 24 febbraio 1997 n. 39 che ha dato attuazione alla direttiva del Consiglio CEE del Consiglio n. 313 del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all’informazione sempre in questa materia.

La direttiva 90/313/CEE ha avviato un processo di mutamento del modo in cui le autorità pubbliche affrontano la questione dell’apertura e della trasparenza, stabilendo misure per l’esercizio del diritto di accesso del pubblico all’informazione ed alla documentazione ambientale.

Tale direttiva è stata abrogata dalla direttiva 2003/4/CE la quale ha come obiettivo l’ampliamento da parte delle autorità pubbliche di mettere a disposizione del pubblico in modo da diffondere l’informazione ambientale nella massima misura possibile, in particolare ricorrendo alle tecnologie informatiche e della comunicazione.

Non a caso, la giurisprudenza comunitaria ha interpretato l’art. 2 della direttiva n. 2003/4 in misura estensiva escludendo che “l’elencazione contenuta in tale disposizione comporti una qualsiasi indicazione di natura tale da limitarne la portata” [107].

Ciò ha richiesto per l’ambito legislativo nazionale l’intervento con una nuova disciplina.

In attuazione della direttiva 2003/4/CE, la materia è così attualmente regolamentata dal d. lgs. 19 agosto 2005 n. 195, il cui articolo 12 ha abrogato il preesistente d. lgs. 39/1997.

Nel settore ambientale, l’accesso alle relative informazioni risalta per caratteristiche affatto particolari rispetto al generale diritto di accesso alla documentazione amministrativa, disciplinato dalla L. n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, non essendo subordinato alla dimostrazione di uno specifico interesse da parte di chiunque ne faccia richiesta.

In attuazione della direttiva 2003/4/CE, l’art. 1. Del d. Lgs n. 195/2005, testo normativo attualmente vigente, chiarisce che l’informazione ambientale, ai fini della più ampia trasparenza, sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Così sinteticamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, si conviene con la tesi secondo cui, in tema di accesso in materia ambientale non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto.

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il diritto di accesso alle informazioni possedute dall’amministrazione in materia di ambiente spetta non solo ai cittadini ma anche alle associazioni di protezione ambientale [108].

Tuttavia, al fine di evitare che le richieste appaiano indiscriminate e, soprattutto, quando si tratti di organizzazioni ed associazioni nei cui compiti statutari sono contemplate anche le iniziative di tutela e di promozione dell’ambiente è almeno necessario che venga delimitato e specificato il contesto di riferimento e le ragioni che costituiscono, ancorché limitatamente al settore ambientale, un interesse almeno all’acquisizione delle informazioni.

Ciò è necessario per fondare a carico dell’amministrazione ricevente l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, ad elaborarle e a comunicarle al richiedente [109].

Per questa ragione il Collegio ritiene di non potere accogliere la richiesta della ricorrente associazione volta a sentire dichiarare l’illegittimità del provvedimento formatosi per silentium sulla propria istanza presentata all’Ente parco intimato.

L’istanza appare invero indeterminata e generica considerato che, per quanto esteso sia l’ambito applicativo del d.lgs. n. 195 del 2005, esso non può dare titolo ad una forma di accesso indiscriminato a tutte le pratiche inerenti ad un deter-minato settore di attività amministrativa, non potendosi il diritto all’informazione in materia ambientale, al pari del diritto di accesso in genere (cfr. art. 5 co. 1 lett. c) e art. 16, l. 11 febbraio 2005 n. 15), tradursi in uno strumento di controllo si-stematico e generalizzato sulla gestione di tutti i procedimenti amministrativi in itinere e, più in generale, sull’intero operato di un ente pubblico, che finirebbe per conferire ad un’associazione privata poteri ispettivi che non le competono [110].

Pertanto, il diniego serbato dall’Ente parco sull’istanza di accesso agli atti con specifico riferimento agli elementi innanzi evidenziati, appare condivisibile e legittimo [111].

Accesso per acquisire documenti e informazioni sullo stato dell’area già bonificata ai sensi del D.Lgs. 152/2006.

L’odierno ricorrente ha proposto azione ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 195/2005 (il quale rimanda alle procedura di cui all’articolo 25, commi 5, 5-bis e 6 della legge 7 agosto 1990, n. 241), per fare accertare il proprio diritto all’informazione in materia ambientale denegato dal Comune.

Invero, il D.Lgs. 19.8.2005 n. 195, nel dare attuazione alla direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, ha (cfr. l’art. 1, recante la rubrica “finalità”) lo scopo di “garantire il diritto d’accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche” e di

“garantire, ai fini della più ampia trasparenza, che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili,…”.

In tale contesto, l’art. 3 “Accesso all’informazione ambientale su richiesta”, al 1° comma dispone che “L’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.

La giurisprudenza [112] ha avuto modo di ribadire che – ai fini dell’accesso agli atti in materia di tutela ambientale – non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto per costituire in capo all’amministrazione l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, ad elaborarle e a comunicarle al richiedente.

Per conseguenza, l’atto con cui il Comune ha negato l’accesso, erroneamente contesta la mancata dimostrazione di uno specifico interesse in capo al richiedente.

Né può sorreggere validamente il diniego l’affermazione, contenuta nella nota comunale che “l’area è già stata bonificata ai sensi del D.Lgs. 152/2006;”.

Invero, le modalità di svolgimento dell’accesso risultano disciplinate dall’art. 3, mentre le ipotesi di diniego sono solo quelle tipizzate all’art. 5 del cit. D.Lgs.

Pertanto va dichiarato il diritto del ricorrente ad ottenere le informazioni richieste, con conseguente ordine all’Amministrazione di provvedere [113].

Accesso al parere della Commissione per la valutazione dell’incidenza ambientale relativamente ai corsi d’acqua oggetto di derivazioni a scopo idroelettrico in concessione dell’Enel S.p.A.

La Provincia Autonoma afferma che alla ricorrente mancherebbe un interesse attuale al ricorso, da un lato, perché non ha fatto domanda per le suddette concessioni in scadenza, e dall’altro lato, perché, allo stato degli atti (acquisizione del parere del Comitato di valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’art. 1, comma 3 L.P. 1/2005), la richiesta sarebbe precoce ed inoltre non riguarderebbe dati ambientali. Pertanto, non potrebbero trovare applicazione le disposizioni relative all’informazione ambientale di cui alla direttiva 2003/4/CE e al decreto legislativo 19.8.2005, n. 195 che ha dato attuazione alla direttiva.

Come risulta dall’istanza di accesso la ricorrente chiede l’accesso a dati che senza dubbio devono essere qualificati “informazioni ambientali” ai sensi del citato art. 2, in quanto hanno per oggetto il parere espresso dalla Commissione per la valutazione dell’incidenza ambientale e la quantificazione del DMV (deflusso minimo vitale) relativamente ai corsi d’acqua per i quali è in corso la procedura di rinnovo delle derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico.

Ne consegue che nel caso di specie trovano applicazione le suddette disposizioni relative all’informazione ambientale (direttiva 2003/4/CE e decreto legislativo 19.8.2005, n. 195 ). Orbene, l’art. 3 D.L.vo 19.8.2005, n. 195 ha introdotto, come prima aveva fatto il D.L. vo 24 febbraio 1997 n. 39 (abrogato dall’art. 12 del cit. D.L.vo n. 39 del 1997), una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si connota, rispetto a quella generale prevista nella L. n. 241/1990 e nella L.P. n. 17/1993, per due particolarità: l’estensione del novero dei soggetti legittimati all’accesso ed il contenuto delle cognizioni accessibili.

Sotto il primo profilo, l’art. 3 D.L.vo n. 195/ 2005 chiarisce che le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse.

Quanto al secondo aspetto, la medesima disposizione estende il contenuto delle notizie accessibili alle “informazioni ambientali” (che implicano anche un’attività elaborativa da parte dell’Amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste), assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall’art. 22 L. n. 241/1990 e dall’art. 24 e ss. L.P. n. 17/1993, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell’Amministrazione.

Detta disciplina speciale della libertà d’accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale.

Tale esigenza viene, in particolare, realizzata mediante la  deliberata eliminazione, resa palese dal tenore letterale dell’art. 3, di ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente.

Così precisati gli estremi ed il contenuto del diritto di accesso in materia ambientale, si deve necessariamente concludere che ogni indebita limitazione, per via ermeneutica, della legittimazione a pretendere l’accesso alle informazioni ambientali risulta preclusa sia dal tenore letterale della disposizione, sia dalla sua finalità.

La Provincia Autonoma tiene conto di tale particolarità nell’art. 1, comma 3, del D.P.G.P. 16.6.1994, n. 21, il quale dispone che “il diritto di accesso ai documenti amministrativi è esercitato nei confronti di tutte le strutture organizzative della Provincia, delle aziende e degli enti da essa dipendenti, da chiunque vi abbia un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, eccezione fatta per i documenti amministrativi relativi all’ambiente, per i quali non è necessario dimostrare l’interesse personale e concreto”.

Ne consegue che il ricorso deve essere riconosciuto ammissibile, posto che non è necessario dimostrare che la ricorrente sia titolare di un interesse particolare e qualificato.

Parimenti non fondata è l’affermazione della Provincia Autonoma di Bolzano che il diritto di accesso sarebbe comunque escluso ai sensi dell’art. 5 del D.L.vo 19.8.2005, n. 195, che ha introdotto limiti all’esercizio di tale diritto di accesso.

L’art. 5 nega l’accesso all’informazione ambientale, tra l’altro, nei casi in cui la richiesta concerne materiali, documenti o dati in corso di completamento. In tali casi è previsto l’obbligo dell’Amministrazione di comunicare le ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza (sesto comma dello stesso art. 5).

Nel caso di specie non si tratta però “di materiali, documenti o dati in corso di completamento”, ma del parere già espresso dal Comitato di valutazione dell’impatto ambientale e della quantificazione del DMV relativamente ai vari corsi d’acqua, del torrente Valsura, e quindi di dati già esistenti e disponibili.

Ne consegue che per il citato parere del Comitato di valutazione dell’impatto ambientale non può valere l’esclusione prevista dall’art. 5 del d. lgs. n. 195/2005. Né l’accesso può essere validamente negato in base dell’art. 1, comma 4, D.P.G.P. n. 21 del 16.6.1994, che prevede l’esercizio dell’accesso agli atti del procedimento amministrativo anche durante il corso dello stesso, purché

si tratti di atti esecutivi ed efficaci: “4. Il diritto di accesso si esercita, con riferimento agli atti del procedimento amministrativo, anche durante il corso dello stesso, purché esecutivi ed efficaci, nei confronti dell’autorità che è competente a formare l’atto conclusivo o a detenerlo stabilmente. Il diritto di accesso agli atti adottati dalla Giunta provinciale è autorizzato dal direttore della ripartizione provinciale Servizi centrali.”.

Ed invero, il parere del Comitato di valutazione dell’impatto ambientale e della quantificazione del DMV relativamente ai corsi d’acqua, non spiega i suoi effetti esclusivamente all’interno del procedimento, ma è un atto esecutivo ed efficace con rilevanza esterna.

Quindi non può ritenersi legittima la motivazione, addotta dalla Provincia autonoma, che ha negato il diniego di accesso “trattandosi nella fattispecie di richiesta di accesso al parere del Comitato ambientale, da qualificarsi quale atto endoprocedimentale relativo ad un procedimento ancora in itinere, e quale atto non esecutivo, non ricorrono i presupposti per l’esercizio del diritti di accesso, così come configurato dalla normativa vigente”.

Alle predette considerazioni consegue il diritto della ricorrente ad estrarre copia del parere espresso dalla apposita Commissione per la valutazione dell’incidenza ambientale e della quantificazione del DMV relativamente ai corsi d’acqua interessati [114].

Accesso alla documentazione relativa al costruendo edificio sito a fianco della stazione ferroviaria. Ricorso sarebbe proposto da un soggetto diverso da quello che ha formulato l’istanza di accesso. Irrilevanza mancata specificazione delle norme di legge invocate nell’istanza di accesso.

Deve rilevarsi come l’accesso in esame debba essere qualificato come accesso alle informazioni ambientali.

Depongono, in questo senso, sia l’intestazione dell’istanza, che fa riferimento alla natura ambientalistica dell’associazione cui fa mostra di appartenere il richiedente, sia il riferimento al vincolo ambientale esistente sul sito, sia, infine l’insistenza dell’opera su zona soggetta a tale vincolo. La disciplina applicabile appare, pertanto, quella prevista dall’art. 3 d. lgs. 19 agosto 2005 n. 195 che riconosce la legittimazione all’accesso in materia ambientale in capo a chiunque.

Di conseguenza il richiedente non doveva dimostrare alcunché, né in ordine alla propria legittimazione, ne in ordine al proprio interesse.

Invero, quand’anche alle spalle del richiedente, non esistesse alcuna associazione ambientalista lo stesso sarebbe comunque legittimato in forza del disposto dell’art. 3 d.lgs. 195/05 a richiedere ed ottenere i documenti.

Devono, a questo punto, essere esaminate le eccezioni preliminari sollevate dalla resistente amministrazione comunale.

Si eccepisce, in primo luogo, che il ricorso sarebbe proposto da un soggetto diverso da quello che ha formulato l’istanza di accesso.

Si è già dato conto del fatto che la normativa ambientale riconosce la legittimazione in capo a chiunque. Il richiedente avrebbe potuto, quindi, richiedere personalmente i documenti senza che nulla potesse essergli eccepito.

Il ricorrente, tuttavia, ha speso nella sua richiesta il nome dell’associazione ONLUS. Ne consegue che relativamente alla richiesta di accesso e rispetto all’Associazione il richiedente rivestiva, come minimo, e cioè nell’ipotesi estrema del difetto in capo allo stesso di alcun potere rappresentativo, sia statutario, sia derivante da apposita procura la qualifica di falsus procurator.

A tale proposito giova rilevare che l’Amministrazione non ha in alcun modo richiesto la giustificazione dei poteri come invece sarebbe stato possibile ai sensi dell’art. 1393 c.c.

L’eventuale verifica del potere rappresentativo, ove negativa, non avrebbe, peraltro, inciso sulla accoglibilità dell’istanza di accesso (trattandosi di accesso ambientale) ma esclusivamente sulla riconducibilità della stessa all’Associazione, con le relative conseguenze sulla legittimazione all’impugnativa giurisdizionale del diniego.

La successiva presentazione del ricorso da parte dell’associazione deve quindi ritenersi ratifica dell’operato del richiedente ai sensi dell’art. 1399 c.c.

Ed invero nel caso di specie ricorrono tutti i requisiti di cui al citato art. 1399 c.c., esiste il requisito della forma, scritta, esiste la manifestazione di volontà di fare propri gli effetti della richiesta di accesso (tanto è vero che si è impugnato il diniego), esiste la comunicazione della manifestazione di volontà al terzo (mediante la notificazione del ricorso giurisdizionale al Comune). Nel senso della validità della ratifica operata mediante proposizione dell’azione giudiziaria si è espressa la giurisprudenza civile [115].

In altre parole l’associazione, mediante la proposizione del ricorso, ha fatto propri, retroattivamente, gli effetti dell’istanza. Da qui la legittimazione dell’associazione odierna ricorrente alla proposizione del ricorso.

Con la seconda eccezione si deduce la genericità e la conseguente inammissibilità del ricorso che non avrebbe contestato le ragioni sulle quali il diniego si sarebbe fondato.

Il motivo è infondato.

Deve, invero, rilevarsi come la giurisprudenza citata riguardi l’accesso di cui alla l. 241/90 e non già l’accesso ambientale per il quale vigono regole diverse.

In particolare l’art. 3 d.lg. n. 39 del 1997, così trasfuso nell’art. 3 d.lgs. 195/05, ha ammesso i richiedenti alle “informazioni relative all’ambiente” e, cioè, ad ogni notizia attinente alle condizioni dei luoghi ai quali si riferisce la richiesta, superando, così, quel limite all’ostensione dei documenti amministrativi normalmente individuato nella duplice necessità dell’indicazione specifica degli atti che si intendono conoscere e della disponibilità di essi da parte dell’amministrazione (che non può essere costretta, secondo la comune lettura dell’istituto generale, ad attività di ricerca o di elaborazione).

Ne consegue che, in materia di accesso ambientale, non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma risulta sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale (che deve, evidentemente, essere specificato) per costituire in capo all’amministrazione l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, ad elaborare e a comunicarle al richiedente [116]

Tali principi assumono rilevanza anche sul piano processuale.

Non appare quindi necessario che il ricorso operi una censura puntuale di tutti i motivi del provvedimento amministrativo, essendo sufficiente la riconducibilità della fattispecie alla nozione di accesso ambientale. Infondata è anche l’eccezione di inammissibilità per mancata notifica ai controinteressati, nella specie i progettisti dell’opera pubblica.

È sufficiente esaminare l’atto impugnato per avvedersi che nello stesso non risultano menzionati i soggetti che oggi vengono invocati come controinteressati.

Ne consegue che non risultando costoro dall’atto, né essendo facilmente individuabili, i progettisti esulano dall’ambito dei controinteressati in senso tecnico.

Infine infondata è l’eccezione di mancata specificazione delle norme di legge invocate nell’istanza di accesso. L’avere omesso l’indicazione delle norme ai sensi delle quali veniva effettuato l’accesso non costituisce motivo di invalidità della relativa istanza.

Ed anzi in materia ambientale si è specificato che la domanda di accesso alle informazioni ambientali può consistere anche in una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale, a condizione che questo sia specificato e che la richiesta non sia mirata ad un mero sindacato ispettivo sull’attività del comune [117].

Nel merito il ricorso è fondato.

La richiesta appare finalizzata alla acquisizione di informazioni ambientali. Tali devono essere intese anche quelle relative alla realizzazione di una opera pubblica ubicata in zona vincolata.

Così, in primo luogo, gli atti della procedura di valutazione di impatto ambientale assumono sicura rilevanza ambientale. Ma così anche le altre informazioni richieste.

Deve, invero, rilevarsi come la realizzazione di una opera pubblica in zona a vincolo ambientale alteri per ciò solo, variando l’entità e la misura dell’insediamento umano, il contesto ambientale.

Ne consegue che le informazioni relative ad un intervento suscettibile di variare il contesto ambientale debbono essere qualificate come informazioni ambientali ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 195/2005.

Quanto al contesto ambientale è sufficiente rilevare come l’opera sia ubicata in un Parco Nazionale.

Non appare persuasivo, invece, il criterio stabilito nella sentenza invocata da controparte [118], che pretende che l’istante indichi il nesso dal quale sia possibile desumere l’incidenza concreta della misura amministrativa sui valori giuridici ambientali. Viene in questo modo imposta una probatio diabolica, non potendosi ex ante sapere sotto quali profili l’opera interferisca negativamente con l’ambiente.

Ne consegue che tale criterio quand’anche possa essere utilizzato per contesti territoriali privi di vincoli laddove appare forse necessario, stante l’assenza di vincolo, verificare l’effettiva incidenza dell’opera su valori ambientali, non appare condivisibile in relazione a zone vincolate in cui l’interferenza con i valori ambientali, di un’opera pubblica, appare di immediata percezione.

In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente condanna dell’amministrazione all’esibizione, mediante visione ed estrazione di copia, dei documenti richiesti [119].

Accesso ai rapporti della polizia giudiziaria per opere e/o lottizzazioni abusive e relative ordinanze di sospensione.

L’accesso é esercitato dall’associazione ricorrente al dichiarato scopo di ricevere copia degli elenchi, pubblicati nel 2005 all ’albo pretorio comunale, dei rapporti degli ufficiali  ed agenti di polizia giudiziaria circa le opere o le lottizzazioni, realizzate abusivamente, e delle relative ordinanze di sospensione.

A sostegno della domanda, la ricorrente invoca il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), che conferisce libertà di accesso alle informazioni in materia di ambiente in forma più ampia – salvi i casi di esclusioni di cui all’art. 5 – di quanto non sia consentito in via generale, per l’accesso ai documenti amministrativi, dalla legge n. 241 del 1990.

Ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo n. 195 del 2005 s’intende per “informazione ambientale”: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: …

3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi …”.

Ritiene, però, il Collegio che, per quanto esteso sia in forza della predetta definizione l’ambito applicativo del d.l.vo n. 195/2005, esso non può dare titolo ad una forma di indiscriminato accesso a tutte le pratiche inerenti ad un determinato settore di attività amministrativa, non potendosi il diritto all’informazione in materia ambientale, al pari del diritto di accesso in genere, tradursi in uno strumento di controllo sistematico e generalizzato sulla gestione di tutti i procedimenti amministrativi in itinere e, più in generale, sull’intero operato del Comune nel settore, che finirebbe per conferire ad un’associazione privata poteri ispettivi, che tuttavia, non le competono avendo l’art. 16 della legge n. 15 del 11 febbraio 2005 disposto testualmente che “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”.

In realtà, gli atti, dei quali si domanda la copia (i rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e le relative ordinanze di sospensione), sono essi stessi delle “misure” volte a conservare “l’ambiente” e, al più, dalla loro conoscenza potrebbe inferirsi se sia stato esercitato compiutamente il potere di vigilanza sull’attività edilizia nell’ambito del territorio comunale.

Nell’avanzare la sua richiesta, la ricorrente, perciò, non si è prefissa di conoscere il contenuto di “misure” che incidono negativamente, o possono incidere negativamente, sullo stato dell’ambiente laddove, “per misura” s’intende una qualsiasi “presa di posizione dell’autorità amministrativa … che costituisce un atto che possa pregiudicare o tutelare lo stato di uno dei settori dell’ambiente considerati dalla direttiva[120]), ma si è ripromessa di sincerarsi dell’esatto adempimento del dovere dell’autorità comunale di controllare la conformità dell’attività edilizia alla normativa urbanistica.

Peraltro, la speciale disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi in materia ambientale di cui al d.lgs. 195/2005 [121], trova applicazione unicamente se il soggetto istante specifichi l’attinenza dei documenti richiesti agli elementi costitutivi della nozione di ambiente di cui all’art. 2 dello stesso testo normativo.

Siffatto onere, tuttavia, non è stato osservato perché la ricorrente ha omesso di evidenziare la possibile incidenza dei provvedimenti richiesti sui valori ambientali. Per le considerazioni su esposte il ricorso non merita, pertanto, accoglimento [122].

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[1] Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sez. VI, del 17 giugno 1998, Causa 321/96.

[1] Consiglio di Stato, Sez. V, 14 febbraio 2003, n. 816.

[1] T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 5 luglio 2006, n. 2725. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[1] Cfr. ex multis: Corte Costituzionale, sentenza del 14 novembre 2007, n. 378; Corte Costituzionale, sentenza del 23 gennaio 2009, n. 12. Reperibili in www.cortecostituzionale.it

[2] In tal senso D. Porena, La protezione dell’Ambiente tra Costituzione italiana e Costituzione globale, G. Giappichelli Editore 2009, Torino, pag. 65

[3] Cfr. Corte Costituzionale 30 dicembre 1987, n. 641. Reperibile in www.cortecostituzionale.it

[4] In tal senso: Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (STOCCOLMA 1972).

[5]  Vedi Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (STOCCOLMA 1972), principio 20.

[6] Così D. Porena, La protezione dell’Ambiente tra Costituzione italiana e Costituzione globale, G. Giappichelli Editore 2009, Torino, pag. 105.

[7] Così E. Pelosi e A. Versolato, La partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, in Rivista Giuridica dell’Ambiente, n. 6/2007.

[8] Per il testo completo http://www.isprambiente.gov.it/it/garante_aia_ilva/normativa/Normativa-sull-accesso-alle-informazioni/normativa-sovranazionale/la-convenzione-di-aarhus

[9] In tal senso: M. Salvadori, Il diritto di accesso all’informazione nell’ordinamento dell’Unione Europea, in www. evpsi.org, 2010.

[10] Vedi Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico, ai processi decisionali, e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, Århus, Danimarca, 25 giugno 1998, preambolo.

[11] vedi supra.

[12] Europa Sintesi della legislazione UE http://europa.eu/legislation_summaries/environment

[13]  Per il testo vedi http://www.minambiente.it/normative/direttiva-200335ce-del-parlamento-europeo-e-del-consiglio-del-26-maggio-2003.

[14] Per testo vedi http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32005D0370&from=IT.

[15] In tal senso M. Salvadori, Il diritto di accesso all’informazione nell’ordinamento dell’Unione Europea, in www. evpsi.org, 2010.

[16]  L’acquis comunitario corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l’insieme degli Stati membri nel contesto dell’Unione europea. Esso è in costante evoluzione ed è costituito:

dai principi, dagli obiettivi politici e dal dispositivo dei trattati;

dalla legislazione adottata in applicazione dei trattati e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia;

dalle dichiarazioni e dalle risoluzioni adottate nell’ambito dell’Unione;

dagli atti che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune;

dagli atti che rientrano nel contesto della giustizia e degli affari interni;

dagli accordi internazionali conclusi dalla Comunità e da quelli conclusi dagli Stati membri tra essi nei settori di competenza dell’Unione. Vedi http://europa.eu/legislation_summaries/glossary/community_acquis_it.htm

[17] In tal senso S. Maglia Corso di diritto ambientale, Piacenza, 2005, pag. 149-152.

[18] TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA (Versione consolidata), come modificato dall’articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato con legge n. 130/2008 (G.U. n. 185 del 8/8/2008, S.O. n. 188).  Reperibile su http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:C:2010:083:SOM:IT:HTML

[19] Per il testo completo http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2003:041:0026:0032:IT:PDF

[20] Articolo 6 (ex articolo 3 C) dal Trattato che istituisce la Comunità Europea:  Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile.

[21] Corte di Giustizia CE, Sez. VI, Sentenza del 26 giugno 2003, Causa C-233/00.

[22] Corte di Giustizia CE Sentenza 17 giugno 1998, Causa C-321/96, Mecklenburg (Racc. pag.I-3809, punti 19-22.

[23] Corte di Giustizia CE, Sez. IV, Sentenza del 16/12/2010, causa C-266/09, reperibile su http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=79382&doclang=IT

[24] Corte di Giustizia CE, Grande Sezione, Sentenza del 15/01/2013, causa C-416/10, reperibile su http://curia.europa.eu/juris

[25] Corte di Giustizia CE Sentenza del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen, C-115/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41

[26] Corte di Giustizia CE, Sez. Un., Sentenza del 19 dicembre 2013, causa C-279/12, reperibile su http://curia.europa.eu/juris/

[27] Cfr. Corte di Giustizia CE Sentenze del 22 dicembre 2010, Ville de Lyon, C-524/09, Racc. pag. I-14115, punto 36, e del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C-204/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30

[28] Cfr. Sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 31

[29] In tal senso, Sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 40

[30] Cfr Sentenza Flachglas Torgau, cit., punto 32.

[31] Per il testo completo: http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto_legislativo:2005;195

[32] Così: P. Errede, Il diritto di accesso agli atti amministrativi in materia ambientale e rilevanza della disciplina comunitaria, in Nuova Rassegna, n. 2 del 2011.

[33] In tal senso: P. Errede, op.cit.

[34] In tal senso M. Busà e P. Costantino, Informazione ambientale, su L’ufficio tecnico, n. 3 del 2015.

[35] T.A.R. Lazio Roma, Sez. III-ter, 14 marzo 2014, n. 2875.

[36] T.A.R. Lazio Roma, Sez. I-ter, 10 giugno 2015, n. 7719.

[37] T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 20 maggio 2015, n. 2821. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[38] T.A.R. Marche, Sez. I, 22 maggio 2015 n. 431

[39] T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 30dicembre 2014, n. 11646.

[40] T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 30 dicembre 2014, n. 13273.

[41] T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 4 giugno 2014, n. 1616. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[42] T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 6 marzo 2014 n 748.

[43] Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 giugno 2012, n. 3329

[44] per tutte Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[45] Ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996; TAR Campania, Salerno, Sez. II 25 marzo 2010, n. 2354.

[46] T.A.R. Calabria, Sez. I, 17 aprile 2012, n.396

[47] Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795; Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 agosto 2011, n. 4727.

[48] T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 28 giugno 2006, n. 5272; T.A.R. Calabria, 9 dicembre 2014, n. 793. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[49] C.g.a., Sez. giurisdizionale, 16 ottobre 2012, n. 933.

[50] T.A.R. Molise, Sez. I, 4 giugno 2013, n. 395.

[51] T.A.R. Umbria, Sez. I, 23 maggio 2013, n. 303.

[52] Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2011, n. 5986. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[53] Cfr. ex multis: Consiglio di Stato Sez. V, 18 aprile 2012 n. 2234, T.A.R. Toscana Sez. II, 20 dicembre 2012 n. 2023; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 28 marzo 2013, n. 316.

[54] T.A.R. Sardegna Sez. I, 11 luglio 2014, n. 599. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[55] T.A.R. Toscana, Sez. II, 30 luglio 2008, n. 1870; T.A.R. Sardegna Sez. I, 11 luglio 2014, n. 599.

[56] T.A.R. Basilicata, Sez. I, 8 marzo 2013, n. 127.

[57] Consiglio di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5571.

[58] per tutti si veda T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. I, 6 febbraio 2009, n. 122. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[59] Cfr. ex multis: Consiglio di Stato Sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 24; T.A.R. Liguria, Sez. II, 3 aprile 2009,  n. 585; T.A.R. Veneto, Sez. III, 28 aprile 2015, n. 460.

[60] in tal senso, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III quater, 16 gennaio 2012, n. 389, secondo cui in materia ambientale l’accesso sarebbe “incrementato anche sotto il profilo qualitativo”, estendendosi anche alla leggibilità e alla comprensione delle stesse imponendo un obbligo aggravato di trasparenza in capo alle autorità pubbliche.

[61] T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 29 gennaio 2015, n. 298. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[62] Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2010, n.24.

[63] T.A.R. Abruzzo Pescara, Sez. I, 4 febbraio 2015, n. 57. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[64] Cfr. ex multis, T.A.R. Catanzaro sez. I, 6 febbraio 2009 n.122; Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 giugno 2012, n. 3329; Sez. V, 18 ottobre 2011 n. 5571.

[65] T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. I, 17 marzo 2014, n. 809.

[66] T.A.R. Lazio Roma, Sez. III-ter, 6 luglio 2015, n. 2421. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[67] T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 6 novembre 2012, n. 652.

[68] Sentenza 20 novembre 2013, n. 2214.

[69] TAR Sicilia Palermo, Sez. I, n. 536, del 22 febbraio 2014.

[70] T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, 8 ottobre 2009 n. 2286.

[71] Consiglio di Stato sez. V 18 ottobre 2011 n. 5571; T.A.R. Salerno sez. I, 18 maggio 2009 n. 2359.

[72] T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 9 gennaio 2014 ,n 38.

[73] tra le ultime T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 16 dicembre 2010, n. 1724. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[74] T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 6 novembre 2012, n. 652.

[75] Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996.  Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[76] Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6339; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 8 marzo 2011, n. 2083.

[77] Consiglio di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5571.

[78] Consiglio di  Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 668. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[79] Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2013 n. 4181.

[80] T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 15 luglio 2015, n. 9471. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[81] T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 24 agosto 2012, n. 1460.

[82] così anche T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 28 giugno 2006, n. 5272.  Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[83] T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria, 3 novembre 2009, n. 818.

[84] T.A.R. Marche, Sez. I, 17 giugno 2009, n. 577. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[85] Consiglio di Stato, Sez. V, 10 agosto 2007, n. 4411; Consiglio di Stato, sez. VI, 8 maggio 2008, n. 2131.

[86] T.A.R. Liguria, Sez. I, 12 ottobre 2007 n. 1759. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[87] T.A.R. Piemonte, Sez. I, 4 luglio 2008, n. 1484.

[88] Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795.

[89] T.A.R. Lombardia Milano, Sez. IV, 20 novembre 2007, n. 6380.

[90] Consiglio di Stato, sez. V, n. 5571 del 18 ottobre 2011. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[91] Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996.

[92] Consiglio di Stato Sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6339.

[93] in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 25 settembre 2006, n. 5636; Sez. VI, 14 dicembre 2004, n. 8062.

[94] Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7237. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[95] T.A.R. Bolzano, 30 gennaio 2012, n. 38.

[96] così in termini TAR Campania, Napoli, Sez. V, 10 ottobre 2002 n. 6263.

[97] T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 29 marzo 2011, n. 2740.

[98] Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6339.

[99] Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 668.

[100] T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 8 marzo 2011, n. 2083. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[101] T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 febbraio 2011, n. 481.

[102] T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 19 marzo 2010, n. 777.

[103] così anche T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 28 giugno 2006 , n. 5272. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[104] T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 25 febbraio 2010, n. 133.

[105] Consiglio di Stato ,Sez. VI, 11 luglio 2008,  n. 3507. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[106] T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 21 dicembre 2009, n 7985

[107] Corte di Giustizia CE, Sentenza del 26 giugno 2003, Causa C-233/00.

[108] T.A.R. Toscana, Sez. III, 19 dicembre 2000,  n. 2731..

[109] Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2004 n. 5795; Sez. V, 14 febbraio 2003, n. 816.

[110] Cfr. ex multis TAR Liguria, sez. I, 12 ottobre 2007, n. 1759; TAR Puglia, sez. III, 5 luglio 2006, n. 2725; T.A.R. Lombardia Milano, I, 26 maggio 2004, n. 1770.

[111] T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 18 maggio 2009, n. 2359. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[112] Cfr. da ultimo T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 21 maggio 2009 n. 2466.

[113] T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 19 novembre 2009, n. 2229. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[114] T.A.R. Bolzano, 21 dicembre 2008, n 378.

[115] Cass. civ. 1 giugno 1988 n. 3714, in Arch. Civ. 1989 42, secondo cui la sottoscrizione dell‘atto di citazione con cui si chieda la esecuzione o la risoluzione del contratto costituisce ratifica del contratto stipulato dal falsus procurator.

[116] Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795.

[117] Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2007 n. 668. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[118] Consiglio di Stato, Sez. V, 14 febbraio 2003, n. 816. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[119] T.A.R. Liguria, Sez. I, 27 ottobre 2007, n. 1870. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

[120] Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sez. VI, del 17 giugno 1998, Causa 321/96.

[121] Consiglio di Stato, Sez. V, 14 febbraio 2003, n. 816.

[122] T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 5 luglio 2006, n. 2725. Reperibili su www.giustizia-amministrativa.it

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