Come il capitale naturale può aiutare lo sviluppo italiano

 

«Saper misurare il nostro capitale naturale può essere un passo davvero decisivo per avviare l’Italia allo sviluppo duraturo».

Con queste parole il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti (nella foto) ha ufficialmente confermato, il giorno successivo alla pubblicazione del nostro articolo nel merito [vedi http://www.vasonlus.it/?p=44230#more-44230], la consegna al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan del primo Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia, previsto dal Collegato ambientale.

«Ringrazio il Comitato per questo lavoro, che – ha aggiunto Galletti – rappresenta un preziosissimo alleato per politiche pubbliche coerenti con l’orizzonte di uno sviluppo sostenibile, che sappiano cioè agganciare la crescita economica puntando sulla qualità ambientale».

Rispetto a quanto scrivevamo venerdì scorso non c’è molto altro da aggiungere: anche dopo la conferma ministeriale il testo del rapporto non è stato divulgato dal dicastero, che ne offre però una stringata sintesi.

«Il Rapporto – osservano dal ministero dell’Ambiente – raccoglie e mette a sistema le informazioni ad oggi rilevabili sullo stato di conservazione delle componenti del capitale naturale acqua, suolo, aria, biodiversità ed ecosistemi, avvia un modello di valutazione del capitale naturale e insieme apre a un’analisi degli effetti delle politiche pubbliche.  

Il documento mostra con chiarezza che l’Italia possiede un capitale naturale di notevole qualità e quantità, un patrimonio il cui valore non è stato ancora interamente rilevato nei sistemi contabili e statistici.  

Allo stesso tempo evidenzia il quadro complessivo di punti di forza e complessità dell’ambiente italiano.  

Sono molteplici, spiega il Rapporto, i fattori di pressione antropica che incidono sul valore del capitale naturale nelle cinque Ecoregioni individuate: tra le minacce sono citate l’inquinamento atmosferico, gli effetti dei mutamenti climatici, l’accumulo di rifiuti non biodegradabili, il consumo di suolo, l’abusivismo edilizio, gli incendi boschivi, la perdita di biodiversità marina, l’introduzione di specie aliene invasive, lo sfruttamento non sostenibili di minerali e acqua, i cambiamenti di destinazione d’uso del territorio, la copertura artificiale del suolo con distruzione del paesaggio».

Molte dunque le linee d’analisi, che saranno forse approfondite nel corso della presentazione della “Strategia di sviluppo sostenibile” attesa per il prossimo 21 marzo.

Nel frattempo sono queste le raccomandazioni per la difesa e valorizzazione del capitale naturale avanzate dall’omonimo Comitato, nella sintesi presentata dal ministero dell’Ambiente: «Adottare un piano d’azione per il capitale naturale, sottoporre preventivamente il Def (Documento di economia e finanza) e le misure da inserire nel Pnr (Piano nazionale di riforma) a una valutazione di coerenza rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030 e della Strategia di sviluppo sostenibile, integrare la valutazione del capitale naturale nella pianificazione territoriale anche con lo strumento delle procedure di valutazione di piani, programmi e progetti, implementare le disposizioni riguardanti i criteri degli appalti di fornitura per il Green public procurement, rafforzare il sistema delle aree protette a terra e mare».

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 6 marzo 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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