Già sul finire dell’800, quando la Rivoluzione industriale era una realtà assai più concreta della consapevolezza ambientalista, uno degli economisti più influenti di ogni tempo – il britannico Alfred Marshall – individuò il vero orizzonte per la propria disciplina: «La Mecca dell’economista è l’economia biologica». Una prospettiva filtrata poi nella bioeconomia di Georgescu-Roegen, nell’economia ecologica di Herman Daly, per poi dividersi in innumerevoli rivoli lessicali il cui più recente e abusato esempio potrebbe individuarsi nella cosiddetta economia circolare. La sostanza però è sempre la stessa: non c’è economia senza materie prime, senza natura, e alla natura tornano gli scarti dei nostri processi di produzione e consumo – con i quali non possiamo evitare di fare i conti. In che modo sono legate queste due sfere? Delle relazione fra ecologia e economia parla un recente libro di Giorgio Nebbia, “Ecologia ed economia. Tre tesi per il futuro”, pubblicato da un’intraprendente casa editrice pugliese, “Andrea Pacilli Editore”, e distribuito sul territorio nazionale da Messaggerie. Giorgio Nebbia, decano dell’ambientalismo scientifico italiano e professore emerito dell’Università di Bari – dove ha insegnato per molti anni Merceologia –, in questo agile volumetto ha condensato i testi delle tre “lezioni” svolte quando gli è stata assegnata la laurea honoris causa dalle Università del Molise, di Bari e di Foggia. Ne abbiamo parlato insieme. Un altro libro su ecologia ed economia? Non crede che negli ultimi quarant’anni ne siano stati già scritti abbastanza? «Abbastanza e fin troppi. Qui non ne aggiungo un altro; il titolo si propone solo di spiegare che cosa lega tre diversi articoli, che sono poi le “tesi” della laurea in discipline economiche che le Università del Molise, di Bari e di Foggia hanno fatto l’onore di assegnare a me, un chimico, quando ero già in pensione». Lei, da chimico, ha insegnato per […]