Chiude il Festival dello sviluppo sostenibile, ma non la «schizofrenia» italiana sull’ambiente

 

Dopo 17 giorni di attività – tanti quanti gli obiettivi previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu – e oltre 220 eventi organizzati lungo lo Stivale, si chiude oggi [7 giugno 2017, ndr.] alla presenza delle più alte cariche dello Stato il primo Festival italiano dello sviluppo sostenibile, organizzato dall’ASviS.

Durante il suo intervento alla Camera, il portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile – l’ex ministro e presidente Istat Enrico Giovannini – ha colto l’occasione per sollecitare il governo ad «approvare urgentemente la Strategia italiana per lo sviluppo sostenibile.  

La politica, anche in vista delle prossime elezioni, deve mettere al centro dell’attenzione questi temi per dare un futuro equo e sostenibile all’Italia».

Un appello che il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha fatto proprio in un passaggio determinante del proprio discorso, sottolineando l’impegno italiano nella lotta ai cambiamenti climatici: «Rispetteremo l’Accordo sul clima di Parigi, siamo contrari a rinegoziare impegni», ha ribadito alludendo alla decisione dell’amministrazione Trump.

Da Roma a Milano, lo stesso messaggio è arrivato dal ministro dello Sviluppo economico in occasione del X Festival dell’energia: «Anche se gli Stati Uniti si tirano indietro – sono state le parole di Carlo Calenda – noi restiamo fedeli agli accordi di Parigi».

In gioco c’è una partita fondamentale, quella di contenere il riscaldamento globale entro i +2 °C rispetto all’era pre-industriale per non gettare il pianeta – e la nostra specie con lui – in un periodo di cambiamenti climatici gravi quanto irreversibili.

Ma l’atteggiamento italiano di fronte a una posta tanto elevata è ambivalente, ed esemplare dell’atteggiamento nazionale verso lo sviluppo sostenibile.

Da una parte le istituzioni mantengono dritta la barra delle dichiarazioni e degli impegni ufficiali, dall’altra l’effettivo ruolo guida esercitato sull’economia si dimostra ancora troppo debole.

A testimoniarlo è ancora una volta l’andamento delle emissioni di gas climalteranti rigurgitate in atmosfera dal nostro Paese: come evidenzia l’Annual European Union greenhouse gas inventory 1990-2015 and inventory report 2017 appena pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente, in Europa nel 2015 le emissioni di gas serra sono tornate ad aumentare (+0,5% sul 2014 rispetto al +2,2% del Pil nello stesso periodo, l’incremento più elevato dal 2007), con «Spagna, Italia e Paesi Bassi che hanno registrato i più importanti incrementi nelle emissioni di gas serra» nell’intera Ue.

A fronte di un incremento medio nel Vecchio continente del +0,5%, infatti, in Italia le emissioni sono cresciute del 2,3% mentre l’incremento del Pil è stato molto più ridotto (+0,8%).

Non che i progressi siano totalmente mancati: rispetto al 1990 le emissioni di gas serra italiane sono calate del 16,3%, ma è evidente l’apporto dato dalla crisi economica.

Proprio l’esempio europeo mostra che è possibile fare meglio, senza penalizzare l’economia.

Anzi: nell’Ue a 28 (più l’Islanda) le emissioni di CO2eq sono calate dal 1990 al 2015 del 23,6%, mentre il Pil è cresciuto «di circa il 50%, il che dimostra – osserva l’Agenzia europea dell’ambiente –  come la crescita economica a lungo termine sia possibile riducendo le emissioni di gas a effetto serra».

Un processo che deve proseguire, possibilmente anche con maggiore intensità visti i numeri in gioco, per quanto riguarda l’impiego delle risorse naturali all’interno dei nostri processi produttivi e di consumo.

Il problema italiano, in definitiva, è che «siamo schizofrenici» per dirla con Giovannini.

«Spendiamo 16 miliardi di euro all’anno per rovinare l’ambiente – ha aggiunto il portavoce ASviS – e 15 per migliorarlo», riferendosi ai dati sui sussidi recentemente pubblicati dal ministero dell’Ambiente.

Il problema del pianeta, invece, è che rimane sempre meno tempo per assecondare la schizofrenia della politica prima di subire irreversibilmente gli effetti dell’attività umana sull’ambiente.

«L’agenda politica internazionale delle ultime settimane, dal G7 alla posizione di Trump sul clima – ha concluso Pierluigi Stefanini, presidente ASviS – ha mostrato come le politiche per lo sviluppo sostenibile non riguardino solo la dimensione ambientale, ma anche quella economica e sociale.  

E l’Italia può e deve essere tra i paesi leader in questo campo, ma deve mettere questi temi al centro del dibattito culturale e politico».

E il tempo per farlo è adesso, prima che sia troppo tardi: il grande successo di pubblico registrato in questi 17 giorni dal Festival dimostra che il tema della sostenibilità è sufficientemente maturo nella cittadinanza perché anche la politica decida pienamente di farsene carico nei propri programmi, non solo nelle dichiarazioni.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 7 giugno 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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