Nessun uomo è un’isola… ma qualcuno è un ponte

 

Si è tenuta ad Atene la conferenza annuale di Eaere, l’Associazione europea degli economisti ambientali, un evento di grande importanza divenuto da tanti anni appuntamento fisso per gli economisti ambientali, europei e non.

Nella settimana del convegno, Atene è stata sommersa da una vera e propria ondata di calore con punte di 44° durante il giorno, quasi uno scherzo del destino per una conferenza largamente incentrata sui cambiamenti climatici.

O forse semplicemente l’ennesima conferma della rilevanza e crescente urgenza del problema, sempre più evidente e impattante su tutti gli aspetti della vita quotidiana.

Anche l’Acropoli in quei giorni è stata chiusa in via precauzionale per evitare i malori dei turisti, dirottando chi voleva visitarla come il sottoscritto verso il peraltro bellissimo museo dell’Acropoli, dove si può respirare tutto il fascino della storia della Grecia (o anche semplicemente un po’ d’aria condizionata, a giudicare dall’espressione accaldata di certi turisti).

Tra i tanti spunti offerti dalla conferenza, ve n’è uno che rimane particolarmente impresso nella memoria a distanza di alcune settimane e dà luogo a queste brevi riflessioni estive.

Esso nasce dalla keynote lecture tenuta da Karine Nyborg, professoressa di economia ad Oslo e già in passato presidente dell’Eaere.

Un personaggio poliedrico, economista e scrittrice di romanzi (tra cui una favola intitolata “Adamo ed il mercato perfettamente concorrenziale”, da lei significativamente descritta come la storia di “un viaggio verso la terra dell’Utopia”).

Nel suo intervento, intitolato “No man is an island” riprendendo la celebre poesia di John Donne, la Nyborg ha sottolineato l’importanza delle motivazioni sociali nel determinare il comportamento ambientale degli individui.

In particolare, partendo da studi ed esperimenti condotti in vari contesti, la Nyborg ha argomentato come l’impegno ambientale di ciascuno non derivi tanto dal sentimento di ciò che possiamo fare per l’ambiente, bensì dalla ricerca dell’approvazione sociale.

A suo avviso, infatti, ciascuno di noi percepisce il proprio contributo come troppo piccolo e dunque irrilevante per la salvaguardia del pianeta, ma tiene al riconoscimento che gli altri possono attribuirci quando manifestiamo il nostro impegno civile.

Utilizzando esempi tratti da molteplici contesti diversi (dall’uso dell’auto alla raccolta differenziata), la Nyborg ha mostrato che tanti problemi ambientali derivano da un problema di coordinamento tra gli agenti economici.

Tali problemi possono essere superati quando la quota degli individui che mettono in atto comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale raggiunge una soglia critica nella popolazione, il che – tramite il meccanismo dell’approvazione sociale – può favorire la diffusione di quel comportamento anche agli altri agenti economici.

Come ha evidenziato la Nyborg, tale processo di diffusione è perfettamente catturato dalla teoria dei giochi, in particolare dai giochi evolutivi con dinamiche di replicazione.

Si tratta di modelli matematici che descrivono l’interazione strategica tra gli individui, tipica della teoria dei giochi, e che assumono che ciascun agente scelga la strategia preferita imitando gli altri: più precisamente, adottando la strategia che risulta in media più remunerativa all’interno della popolazione cui appartiene.

Ciò che emerge da questi modelli è che la scelta ottimale per un individuo (ad esempio usare l’auto per andare al lavoro o per accompagnare i figli a scuola) finisce per danneggiare il benessere della collettività nel suo complesso e che tutti potrebbero stare meglio se venisse adottata collettivamente una strategia alternativa (ad esempio, rafforzare il sistema dei trasporti pubblici per consentire a tutti di impiegare comodamente l’autobus o la metro).

Il riferimento della Nyborg all’utilità di questi modelli per descrivere le problematiche ambientali appare particolarmente importante per chi si occupa da anni di questo tema e con questo strumento matematico, come me ed un esiguo numero di colleghi, primo tra tutti il collega ed amico Angelo Antoci che tanti anni fa mi fece conoscere questo tipo di modelli coi quali continuiamo a “giocare” (sia nel senso della teoria dei giochi che del puro divertimento derivante dall’ideare e cercare di risolvere insieme questi problemi).

Ma, al di là dell’opinione e dei riferimenti personali, appare significativo il riconoscimento da parte della Nyborg del valore di un approccio eterodosso come quello sottostante ai giochi evolutivi, basati sulla razionalità limitata e sui comportamenti imitativi degli agenti economici.

Insomma, se è vero che nessun uomo è un’isola, è altrettanto vero che qualcuno è un ponte capace di collegare tra loro mondi, scuole di pensiero e discipline diverse che, appunto come altrettante isole, troppo spesso non comunicano tra loro.

Ed è questo, a mio avviso, il merito di chi come la Nyborg propone un sentiero diverso da quello tradizionale per cercare di capire problemi e dinamiche in continua evoluzione come quelle ambientali.

 

(Articolo di Simone Borghesi, pubblicato con questo titolo l’8 settembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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