Elezioni, ambiente e clima: il centrodestra non ha niente da dichiarare

 

Coalizione Clima, ha ricordato a  tutte le forze politiche che «i cambiamenti climatici rappresentano un’emergenza globale e locale che mette a rischio la vita di persone, specie ed ecosistemi.

In pericolo c’è la sicurezza di intere popolazioni e territori che in ogni area del pianeta devono affrontare questioni di giustizia climatica.

Esse sono legate a costi economici crescenti e all’aggravamento delle condizioni ingiustizia sociale, a competizioni fra Stati e attori privati per il controllo e l’accaparramento delle risorse strategiche, a difficoltà nell’accesso all’acqua per tutti, alla riduzione della produzione agricola che mette a rischio la sicurezza alimentare, causando anche nuovi motivi di conflitto e di fuga.

Siamo consapevoli e convinti che la salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi, i diritti umani, lo sviluppo umano equo e la pace sono interdipendenti ed indivisibili.

Anche la comunità scientifica internazionale e i climatologi convengono sulle cause antropiche dei cambiamenti climatici che in gran parte dipendono dall’utilizzo massiccio delle fonti energetiche fossili e dalla deforestazione.

Oggi esistono le conoscenze e le soluzioni tecnologiche per sviluppare un’economia fossil free, che apre prospettive di nuovi settori produttivi con importanti ricadute occupazionali e che può dare vita a una nuova democrazia energetica.

Ciò nonostante siamo colpevolmente in ritardo nel processo di decarbonizzazione e siamo molto distanti dal raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1.5°C, come stabilito nell’Accordo di Parigi sul clima e negli obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile.

Ci sono approcci sostenibili e innovativi in settori tradizionali che, applicando i principi dell’economia circolare, danno un contributo importante all’uso razionale delle risorse e alla riduzione della CO2.

Allo stesso tempo sono essenziali nuovi modelli di comportamento e di stile di consumo dei cittadini. Mancano però scelte politiche nazionali ambiziose e in grado di determinare il radicale cambiamento del modello di sviluppo, necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu».

Per questo la rete composta da oltre 200 organizzazioni, ambientaliste, del terzo settore, sindacati, imprese, movimenti studenteschi, e migliaia di cittadine e cittadini, ha sintetizzato in otto Proposte di Programma inviate a tutte le forze politiche che si candidano alle elezioni del 4 marzo e presentate negli incontri avuti con i partiti e le coalizioni che hanno inteso confrontarsi sul documento.

Eccole:

Piano Clima-Energia e per la Giusta Transizione.

L’economia a zero emissioni di carbonio è un processo di radicale trasformazione del sistema produttivo e sociale che deve realizzarsi nel più breve tempo possibile e comunque in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Affinché questa trasformazione non comporti conseguenze negative, sui lavoratori e sulle comunità che dipendono economicamente dai settori economici legati all’utilizzo delle fonti fossili, occorre attivare un processo economico democratico e partecipato che produca una Giusta Transizione. 

– È necessario prevedere politiche e investimenti per determinare un futuro in cui tutti i lavori siano sostenibili e dignitosi, le emissioni siano azzerate, la povertà sia eradicata e le comunità siano resilienti. –

Il Piano inoltre dovrà contenere misure di Giusta Transizione che garantiscano opportunità di lavoro nei settori che riducono le emissioni, favoriscano piani di adattamento ai cambiamenti climatici, forniscano sostegno al reddito, riqualificazione e reinserimento dei lavoratori che perderanno il proprio lavoro nel settore fossile e che sostengano l’innovazione tecnologica.

– Il Piano deve essere coerente con la Strategia a lungo termine per un’economia low carbon, previsto dall’Accordo di Parigi, che va approvata entro il 2019.

Conferma del Phase Out del carbone al 2025.

Il futuro governo dovrà confermare l’impegno dell’Italia ad abbandonare completamente il carbone entro e non oltre l’anno 2025, come previsto dalla Strategia Energetica Nazionale, adottando le misure necessarie per renderlo effettivo e vincolante.

Completa decarbonizzazione.

Il gas è utile nella fase di transizione ma al tempo stesso, sebbene sia meno inquinante di carbone e petrolio, è un combustibile fossile che emette CO 2 ma da un punto di vista climatico (e non solo), non è un’energia pulita.

Per questo futuri investimenti in questa risorsa devono essere attentamente valutati per riequilibrare l’esigenza di garantire la sicurezza energetica nazionale con quella di programmare il percorso per la rapida e completa decarbonizzazione dell’economia nei tempi compatibili a garantire gli impegni sottoscritti nella COP21 di Parigi.

Pertanto chiediamo che i maggiori investimenti in termini energetici vengano indirizzati sui settori dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.

Attuazione del Clean Energy for All Europeans package.

Poco dopo le elezioni il nuovo governo dovrà discutere alcuni importanti aspetti di un pacchetto di misure che deciderà il futuro energetico dell’Italia e dell’Europa fino al 2030.

Chiediamo che l’Italia assuma una posizione di leadership, chiedendo di innalzare il livello dell’ambizione per quanto riguarda il taglio delle emissioni di CO 2, la quota di produzione da fonti rinnovabili e l’incremento dell’efficienza energetica. Inoltre è importante che il futuro governo si schieri a favore dell’autoproduzione e dell’autoconsumo, assicurando sostegno a tutti quei cittadini che vogliano produrre “in casa” e da fonti rinnovabili almeno parte dell’energia che consumano.

Infine, l’Italia deve assolutamente prendere una posizione contro nuovi incentivi alle fonti fossili.

Intervento pubblico per l’economia sostenibile.

Per accelerare la transizione energetica e la decarbonizzazione dell’economia e per le opere di adattamento ai cambiamenti climatici, servono ingenti investimenti pubblici. 

Tali investimenti dovranno essere finalizzati a ricerca e sviluppo, realizzazione di infrastrutture per le energie rinnovabili, efficienza energetica (sul patrimonio edilizio pubblico e privato occorre un piano di Deep renovation per la riqualificazione spinta di interi edifici e quartieri).

Si dovrà agire per uno sviluppo di città sostenibili, mobilità sostenibile, interventi di prevenzione, messa in sicurezza del territorio e piani di adattamento al cambiamento climatico, per garantire le misure di Giusta Transizione e per la digitalizzazione delle reti.

Le risorse necessarie per effettuare gli investimenti pubblici dovranno essere reperite attraverso una riforma fiscale ambientale che, in conformità con l’art. 15 della L. 23/2014, orienti il mercato verso produzioni e consumi sostenibili, che contenga il riordino degli incentivi, una green tax o carbon tax, l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili (ben 16 miliardi annui), la revisione dell’utilizzo dei proventi delle aste del sistema ETS di scambio delle quote di carbonio, la finalizzazione della tassa sulle transizioni finanziarie, il taglio delle spese militari, il recupero delle esternalità negative derivanti dagli impatti negativi sulla salute.

Allo stesso tempo andranno premiate le scelte virtuose di alcuni settori che finora non hanno beneficiato di alcun sostegno.

Formazione, ricerca e tecnologia per la sostenibilità.

Per vincere la sfida della transizione, i principi delle sviluppo sostenibile devono integrare tutti i progetti economici, fiscali, industriali e di investimento.

Per questo servono indirizzi politici e fiscali finalizzati a diffondere la cultura della sostenibilità per accelerare il cambiamento.

Per farlo occorre partire dalla formazione, dall’educazione e dalla riqualificazione professionale e da una riforma degli ordinamenti didattici nei cicli dell’obbligo e universitari per la creazione di nuove competenze e professionalità. Anche a parità di risorse, l’intervento pubblico a sostegno di ricerca, innovazione tecnologica, digitalizzazione e automazione, deve essere finalizzato alla trasformazione sostenibile di tutti i settori del sistema produttivo, dall’industria all’agricoltura, all’economia circolare, alla transizione e all’efficienza energetica, alla mitigazione e adattamento degli effetti dei cambiamenti climatici.

Partecipazione democratica e democrazia energetica.

È necessario definire strumenti per garantire la partecipazione democratica, nelle scelte strategiche del paese, con il pieno coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali e della società civile tutta.

La partecipazione democratica deve essere garantita sia per la realizzazione di grandi opere e infrastrutture comprese quelle energetiche, che per le scelte strategiche, come sono state la SEN, la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, o il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima o il piano per la decarbonizzazione.

Nel caso di realizzazione di opere, il percorso partecipativo non si deve limitare alla valutazione di alternative progettuali, ma deve poter valutare necessità e impatti. Un vero processo di democrazia partecipativa, che preveda anche la possibilità di totale rigetto del progetto, la possibilità di fare modifiche o di percorrere scelte strategiche e soluzioni totalmente diverse.

Maggiore ambizione dell’Italia e dell’Europa per la giustizia climatica.

L’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile sottolineano l’importanza di contribuire a un partenariato internazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per l’adattamento al cambiamento climatico delle popolazioni più povere e vulnerabili: l’Italia non può sottrarsi.

Gli impegni di riduzione delle emissioni nazionali (NDCs) assunti dai vari Paesi non sono complessivamente in grado di garantire l’obiettivo di mantenere l’aumento di temperatura al di sotto dei 2°C.

Ecco perché occorrono impegni più stringenti e ambiziosi. Le scelte strategiche e programmatiche energetiche nazionali devono definire e rispettare NDCs nazionali vincolanti su riduzione di emissioni, produzione da rinnovabili ed efficienza energetica. La giustizia climatica passa anche attraverso la costruzione della pace perciò a questo proposito riteniamo essenziale che il nuovo Governo firmi e ratifichi il Trattato ONU del 7 luglio 2017 per la messa al bando delle armi nucleari. È necessario inoltre aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo e orientarlo alle comunità più vulnerabili e ai soggetti più deboli, rispettando le loro decisioni sulla salvaguardia dell’ambiente e della vita sociale ed economica, adottando le migliori e appropriate soluzioni tecnologiche e infrastrutturali disponibili a livello internazionale.

È necessario altresì proseguire l’impegno al programma per la partecipazione di genere in ambito climatico, il GAP (Gender Action Plan) approvato durante la COP23.

In ultimo chiediamo che l’ Italia contribuisca al Fondo Verde per il Clima e che l’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo e la Cassa depositi e prestiti sostengano la collaborazione tra società civile italiana e comunità povere e vulnerabili del Sud del mondo.

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Dopo questo invito al confronto sul suo programma  rivolto da coalizione Clima alle Forze politiche in corsa per le prossime elezioni del 4 marzo, hanno accettato il confronto i candidati e responsabili ambiente di: Movimento 5 Stelle, Sen. Gianni Girotto e Pasquale Stigliani; Liberi e Uguali, Presidente del Senato Pietro Grasso, Sen. Loredana de Petris e Annalisa Corrado; Lista Insieme,  On. Angelo Bonelli e Francesco Alemanni; Potere al Popolo, Maurizio Acerbo e Stefano Galieni; Partito Democratico, Stefano Mazzetti.

Dai partiti di destra e contro destra finora nessun cenno di risposta.

Coalizione Clima sottolinea che «pur con argomentazioni e accentuazioni diverse, tutti riferiscono la presenza dei temi ambientali nei programmi dei partiti, semmai la difficoltà ad inserirli nell’agenda dei media.

Hanno convenuto che lo Sviluppo Sostenibile è l’obiettivo imprescindibile della nostra società e che “i cambiamenti climatici rappresentano una emergenza  che mette a rischio la vita delle persone, specie ed ecosistemi”. 

Pertanto vanno incrementate le azioni per contenere l’aumento della temperatura globale  al di sotto dei 2°C, come stabilito nell’Accordo di Parigi sul clima.

Sugli otto punti del Programma gli interlocutori hanno dichiarato una sostanziale condivisione.

A volte sono presenti esplicitamente nei loro programmi,  ma comunque si sono tutti impegnati a sostenerli».

Coalizione Clima conclude: «Il riscontro positivo ottenuto in campagna elettorale dall’iniziativa della Coalizione non ci esime dal verificare successivamente gli impegni assunti e gli atti concreti che seguiranno sia nei confronti di chi sarà al Governo che all’opposizione.

Le Organizzazioni che compongono la Coalizione sono impegnate a declinare, nei rispettivi ambiti di attività ed iniziative, le azioni coerenti necessarie per contrastare i cambiamenti climatici, e per questo intendono continuare a fare, assieme a tutte le espressioni della società e della cittadinanza attiva che operano per una società più equa, ambientalmente e socialmente sostenibile. Rimaniamo a disposizione di tutti/e coloro che ancora non hanno risposto alla nostra richiesta di confronto sulle proposte inviate».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 1 marzo 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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