Il nuovo Testo unico forestale è una mina vagante per i boschi italiani

 

Il nuovo Testo Unico Forestale (“Schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l’armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali in attuazione dell’articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154”) di fine legislatura non coltiva e protegge i boschi italiani, li mette in grave rischio.

Con la scusa di incentivare la produzione di energia verde questo “Nuovo Testo” mina concretamente il futuro dei boschi italiani.   

Sono gravi i timori espressi dalla comunità scientifica, ma non solo.

Enfatizzando la “filiera bosco-territorio” di fatto intende piegare la gestione forestale alla produzione energetica, e così, dopo qualche decennio di tutela e uso parsimonioso, i boschi  d’Italia torneranno a perdere nuovamente terreno a favore di aree che inevitabilmente verranno di nuovo coltivate intensivamente, anche in terreni assolutamente marginali per l’agricoltura, o trasformate.

Ciò attraverso una nuova definizione di bosco, una definizione che nega le necessarie tutele non solo ai boschi intesi quali ecosistemi complessi ma anche dal punto di vista paesaggistico.

Esperienze ultradecennali di studi ecologici e forestali, con l’elaborazione di milioni di dati, modelli e protocolli operativi di gestione conservativa per le aree forestali naturali del nostro Paese rischiano di cadere nel nulla per far posto ad un unico dogma, quello dell’utilizzazione spinta.

Boschi solo perché non gestiti da pochi anni non saranno più tutelati in quanto ritenuti incolti restando di fatto esclusi  dalla definizione di bosco come ad esempio potrebbe accadere per diverse foreste vetuste, alcune, fortunatamente, già riconosciute dall’Unesco  patrimonio dell’Umanità e che, vista la situazione ecologica ed ambientale legata al riscaldamento globale (global warming), costituiscono veri e propri relitti di fondamentale importanza ecologica in tutto il Mediterraneo.

In Sardegna per esempio, boschi di leccio e di roverella, con piante alte anche 30 metri, ancora abbarbicate lungo i diversi  versanti del Gennargentu, con caratteri di vetustà all’interno di strutture a mosaico ove a gruppi sempre più ridotti di alberi si associano ormai solo queste singole grandi piante relitte, se non assolutamente protetti saranno a breve destinati a scomparire per sempre.

La compensazione generalizzata ovvero il reimpianto in luogo della trasformazione di un bosco anche se non evoluto, solo perché indennizzata e dunque teoricamente possibile in altra località, non avendo ben chiari i difficili meccanismi di evoluzione naturale e di lenta successione ecologica del soprassuolo forestale, sarà causa concreta di distruzione ben occultata dall’intervento pubblico proprio ove la gestione forestale pubblica dovrebbe viceversa puntare, soprattutto attraverso il governo ad alto fusto, soprassuolo boschivo a più elevata funzionalità biologica, più facilmente difendibile dagli incendi e più valido anche sotto il profilo turistico-ricreativo e paesaggistico, a evitare i gravi fenomeni di degrado ed erosione dei suoli.

In pratica è nella comunità biologica associata al bosco ad alto fusto che si identifica il concetto stesso di equilibrio o di omeostasi (Odum, 1973), quello cioè di uno stadio di sviluppo nel quale l’ecosistema raggiunge la massima maturità e acquisisce la capacità di autoregolarsi, e sul quale sono basate la maggior parte delle attuali moderne ipotesi di gestione conservativa della natura al netto dei disturbi capaci di stravolgere questo equilibrio.

A proposito di questi ultimi prevedere di eliminare definitivamente i più temibili ovvero gli incendi non sembra ancora possibile ma almeno ridurre le “possibilità” di combustione proprio attraverso l’estensione del bosco d’alto fusto può e deve essere una strada percorribile.

Anche la conservazione del paesaggio, pur nella sua variabilità, ambientale e strutturale, deve necessariamente basarsi sul riappropriarsi di assetti colturali che hanno caratterizzato l’uso del territorio nel corso della sua storia ben prima della massiccia utililizzazione a scopo produttivo dei boschi (il caso Sardegna dal 1800 in poi è emblematico).

E il paesaggio della fustaia è concreto esempio di gestione sostenibile da proiettare oggi soprattutto nell’ottica di un’utilizzazione turistica impostata su basi ecologiche.

A questo proposito occorre ricordare che il governo a ceduo (Cappelli, 1991) può “convenire solo in regioni ad alta densità demografica con mano d’opera a basso costo”: in Italia è questa la situazione?

D’altra parte il ceduo non è certo la forma di governo migliore per contribuire ad attutire gli effetti dei cambiamenti climatici, non favorendo la fissazione del carbonio e la diversità genetica (la rinnovazione agamica favorisce le specie ad alta facoltà pollonifera riducendo di conseguenza la biodiversità a livello di ecosistema e di specie così importanti anche nella lotta ai cambiamenti climatici) e non contribuendo a mantenere e accrescere le funzioni di protezione del suolo dall’erosione e dunque, conseguentemente, di protezione e regimazione delle risorse idriche, nonché di protezione da altri fenomeni quali frane o alluvioni (purtroppo quanto mai attuali in Italia).

Il confronto tra valore economico degli assortimenti legnosi ritraibili dagli interventi di ceduazione (legna da ardere e pellet) e il valore di tutte le funzioni non produttive, ma di primario interesse pubblico (servizi ambientali), rappresenta il corretto riferimento gestionale soprattutto per le proprietà pubbliche ove gli interessi delle comunità nel loro complesso sono e devono essere prevalenti.

Se approvato il “Nuovo Testo”, attraverso un articolato sistema di autorizzazioni, renderà la trasformazione fatto comune purchè “non vi sia danno ambientale….”.

E così proprio i boschi pubblici, come nel “ventennio” fascista, torneranno nuovamente ad essere la “miniera verde” perché più facilmente monetizzabile la trasformazione (valorizzazione socio-economica) nel settore pubblico.

La possibilità di trasformare il bosco deve esser relegata a situazioni eccezionali ovvero solo se effettivamente rilevante l’interesse pubblico per la prevenzione dai dissesti e dagli incendi.

Invece, di fatto, il risultato sarà l’ampliamento sconsiderato di interessi commerciali verso tutti i boschi.

L’assenza poi di coordinamento con il sistema delle aree naturali protette (SIC/ZPS Parchi Nazionali e Regionali), luoghi di elevatissima biodiversità e ricchezza ecologica nei quali i moduli gestionali dovrebbero esser primariamente finalizzati ad assicurare anche il pieno svolgimento di tutti i principali servizi ambientali destinati alla collettività (difesa idrogeologica, assorbimento di CO2, produzione di ossigeno, mitigazione climatica, ricreazione, turismo e paesaggio), porterà concretamente alla predazione della risorsa verde proprio in quei santuari solo perché ultimi serbatoi ancora colmi “di legna” da saccheggiare e vendere.

Invero sono gli ultimi habitat straordinari d’Italia con un’unica colpa quella cioè di essere divenuti alla mercé di chi vuole aprire a tutti i costi la strada della speculazione edilizia ed energetica.

Se la Direttiva Habitat (92/43/CE) previene i fenomeni di degrado di questi siti naturali o perturbazioni significative sulle specie, consentendo la conservazione degli stessi, gli stessi dettami della “Gestione Forestale Sostenibile”, intendendo per gestione forestale sostenibile la gestione esplicitamente e fortemente richiamata sia nella Strategia Forestale UE (1999/C/56/01), sia nel decreto legislativo n. 227/2001 di orientamento e modernizzazione del settore forestale nonché nel Programma Quadro per il Settore Forestale Nazionale (PQSF, 2009), sono tesi a salvaguardare e migliorare la funzionalità complessiva del bosco prima che nei suoi aspetti economici (produzione, rinnovazione, infrastrutture connesse) in quelli ecologici (biodiversità, equilibrio fitosanitario, difesa dei suo!o, contributo ai ciclo del carbonio) e sociali (tutela dei lavoratori, paesaggio, fruizione pubblica della foresta).

Il “Nuovo Testo”?

In concreto solo l’ennesimo e pesante attacco alla natura d’Italia! Da rispedire al mittente!

 

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 6 marzo 2018 sul sito del Gruppo d’Intervento Giuridico)

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