Archivi Giornalieri: 10 Maggio 2018
Secondo l’articolo “Future Decline of African Dust: Insights from the Recent Past and Paleo-records” pre-pubblicato su arXiv da un team dell’Earth Sciences Division del Nasa Goddard Space Flight Center e del Joint Center for Earth Systems Technologydell’università del Maryland (Tianle Yuan, Hongbin Yu, Mian Chin, Lorraine Remer), il riscaldamento globale può ridurre la quantità di sabbia che viene introdotta nell’atmosfera terrestre dal deserto del Sahara fino a 100 milioni di tonnellate all’anno, “affamando” la foresta pluviale amazzonica che ha bisogno di quei nutrienti e facendo alzare le temperature nell’Atlantico settentrionale. L’aumento delle temperature significherà meno vento e quindi meno sabbia. I ricercatori scrivono che «la sabbia africana mostra una forte variabilità su una serie di scale temporali. Qui mostriamo che l’Iinterhemispheric contrast in Atlantic SST (Icas) porta alla variabilità della sabbia africana su scale temporali interannuali, multidecadali e millenarie, e che in futuro ci possiamo aspettare un forte declino antropogenico della sabbi africana a causa del previsto aumento dell’ICAS». La sabbia del Sahara dispersa è un player sorprendentemente importante nel sistema climatico del pianeta: assorbe e disperde le radiazioni solari, insemina le nuvole fornendo minuscoli supporti per la formazione delle gocce d’acqua della pioggia che, quando ricadono al suolo, forniscono minerali essenziali per le piante e la vita marina come il ferro e il fosforo. Ma la sabbia e la polvere presenti nell’atmosfera dipendono a loro volta da condizioni climatiche come temperatura, le precipitazioni e velocità del vento. Il deserto del Sahara e la regione semi-arida del Sahel rappresentano le principali fonti di sabbia e polvere atmosferiche: ogni anno contribuiscono in media con oltre 180 milioni di materiali a “fertilizzare” il pianeta. La maggior parte della sabbia del Sahara e del Sahel viene trasportata dagli alisei a ovest dall’Atlantico, in gran parte ricade in mare, dove fornisce ferro vitale per far fiorire il fitoplancton. Ma […]
Il clima sulla Terra è influenzato dalle periodiche variazioni dell’orbita terrestre, che ogni 405.000 anni diventa un po’ più ellittica a causa dell’attrazione gravitazionale esercitata dal pianeta più vicino, Venere, e dal ‘gigante’ del Sistema solare, Giove. La prova dell’esistenza di questo fenomeno è ‘scritta’ in antichi sedimenti risalenti ad oltre 200 milioni di anni fa e ritrovati nel cuore del deserto dell’Arizona. Descritti sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas) da un gruppo di ricerca coordinato dalla Rutgers University del New Jersey, i sedimenti trovati nelle rocce potranno essere usati come un ‘orologio geologico’ per ricalcolare la storia del nostro pianeta e delle sue forme di vita. “È un risultato sorprendente – spiega il primo autore dello studio, Dennis V. Kent – perché questo lungo ciclo, finora previsto per un periodo di 50 milioni di anni sulla base dei movimenti planetari, viene così confermato per almeno 215 milioni di anni“. Questo significa che era attivo già prima della comparsa dei dinosauri e che lo è ancora oggi: secondo i calcoli saremmo a metà del ciclo, nella fase in cui l’orbita è meno ellittica. Fra 202.500 anni, quando l’eccentricità tornerà ad essere massima, diventeranno più evidenti le differenze tra le stagioni, con le estati più calde, gli inverni più freddi, i periodi di secca più siccitosi e i periodi umidi più ricchi di precipitazioni. (Ansa dell’8 maggio 2018, ore 10:57)
Secondo i dati dell’European Centre for Medium Range Weather Forecasts del Copernicus Climate Change Service, «l’aprile 2018 è stato il terzo più caldo mai registrato, continuando il trend di temperature superiori alla media che si è protratto per gran parte di questo secolo». Dati che vengono rilanciati dalla World meteorological organization (Wmo) che ricorda che «vi sono stati anche notevoli sviluppi negli indicatori a lungo termine sui cambiamenti climatici, compresi i livelli di biossido di carbonio e la copertura di ghiaccio marino. L’aprile 2018 è stato caratterizzato da una serie di eventi meteorologici di grande impatto. Questi sono continuati all’inizio di maggio con violente tempeste che combinavano sabbia, venti forti, fulmini e pioggia che hanno ucciso più di 100 persone e ne hanno ferite circa 300 negli stati indiani dell’Uttar Pradesh e del Rajasthan». Durante la stagione pre-monsonica queste tempeste sono comuni in Indie e le tempeste sono comuni nella stagione pre-monsonica in India, e l’India meteorological department ha emesso regolarmente avvisi e allarmi, ma la Wmo dice che quanto accaduto il 2 maggio è stato eccezionale. Anche le alte temperature hanno favorito la gravità della tempesta di sabbia, soprattutto con le temperature record toccate nelle pianure dell’India nord-occidentale: in alcune aree del Rajasthan sono stati superati i 40° C, con temperature massime da 3,1 a 5,0° C superiori alla norma. In Pakistan è andata anche peggio: il 30 aprile due stazioni meteorologiche hanno riportato temperature di almeno 50° C, picco di un’ondata di caldo che ha colpito la popolosa provincia del Sindh. Un’ondata di caldo estremo iniziata a marzo e che ha interessato tutto il centro-sud del Pakistan, con 30 siti che hanno battuto i record di temperatura mensili. Un’altra eccezionale ondata di caldo ha colpito il Paese asiatico metà aprile, facendo registrare il 29 e il 30 […]
Il glifosato è l’erbicida più diffuso al mondo. È utilizzato per uccidere le piante infestanti e indesiderate e agisce in modo non selettivo: elimina tutta la vegetazione sulla quale viene impiegato. È stato brevettato dalla Monsanto Company nel 1974 (USPTO,1974), multinazionale nordamericana specializzata in biotecnologie agrarie e sementi, nonché leader mondiale nella produzione di alimenti OGM, ed è presente in 750 formulati. Oltre che in agricoltura è ampiamente impiegato da Comuni e Provincie per la pulizia delle strade, dalle ferrovie per quella dei binari ed è presente anche in prodotti da giardinaggio e per l’hobbistica. Persone, piante e animali possono essere esposte in molti modi al glifosato e ai prodotti commerciali che lo contengono, sia per esposizione diretta durante le applicazioni in agricoltura e nel giardino, che attraverso l’acqua, le bevande e gli alimenti di origine vegetale (pane, pasta, cereali, legumi, nei quali viene spesso usato come disseccante prima del raccolto), la carne e i trasformati, in particolare laddove gli animali vengano nutriti con derivati da piante OGM. LA SITUAZIONE Attualmente il glifosato, in varie formulazioni, rappresenta il 25% del mercato mondiale degli erbicidi ed è il prodotto più venduto in Italia: nel 2012 ne sono state acquistate 1795,1 tonnellate (fonte SIAN 2012), pari al 14,8 %, la percentuale più alta di tutte le sostanze chimiche per l’agricoltura vendute in Italia. I residui vengono frequentemente ritrovati negli alimenti e nell’ambiente. Il rapporto ISPRA sui pesticidi nelle acque italiane segnala che le sostanze più ritrovate sono proprio il glifosato, presente nel 39,7 dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, e il suo principale metabolita, l’acido amminometilfosfonico (AMPA), presente nel 70,9% dei punti di campionamento e tra le sostanze che superano più spesso i limiti, a chiara dimostrazione che l’erbicida non “sparisce” affatto come invece ampiamente reclamizzato. In Italia il glifosato […]