Piano d’assetto del Parco dell’Appia Antica: si rischia il commissariamento

 

Lo scorso 24 maggio il Tar del Lazio tramite ordinanza ha nominato il titolare della Direzione Generale per la protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente quale Commissario ad acta per concludere l’approvazione del Piano d’assetto del Parco dell’Appia Antica in sostituzione della  Regione Lazio.

I giudici Amministrativi si sono dimostrati fin troppo magnanimi nei confronti dell’Amministrazione Zingaretti in quanto, nonostante che “non sussistono elementi tali da far ritenere che il procedimento sia per concludersi”, concedono ulteriori 90 giorni di tempo per evitare un  commissariamento che in via prioritaria dovrà verificare la possibilità di approvare a stralcio un pezzo di piano d’assetto del Parco.

Chiaramente approvare a “pezzi” un piano d’assetto così complesso non è solo improprio ma sarebbe impossibile spiegare ai più di come si possa avere il piano d’assetto  solo  su pochi ettari mentre nei  restanti 3.500 ettari di territorio continuerebbero ad essere in vigore le normative di salvaguardia.

Eppure questo parco “unico al mondo”, istituito nel 1988 il cui Ente Gestore si è insediato nel 1998, di tempo ne ha avuto per dotarsi di una definitiva pianificazione, come da tempo ha depositato in Regione la sua proposta di assetto che non ha visto nessuna discussione e approvazione da parte del Consiglio Regionale nella passata legislatura.

Ora, dopo 30 anni di attese represse, sono i singoli cittadini a  ricorrere  al Tar per uscire dalla palude delle “momentanee” norme di salvaguardia che hanno congelato un territorio e le attività presenti per decenni.

Ma attenzione tale casistica non riguarda solo l’Appia Antica, il tempo è trascorso invano anche per molte Riserve Naturali Regionali istituite con Legge Regionale 29 nel 1997: dal Laurentino Acqua Acetosa a Decima Malafede, dalla Marcigliana al Parco Veio, dai Castelli Romani a Bracciano Martignano e  Acquafredda.

Questa vicenda ci segnala che si è ormai persa l’idea collettiva che si possa avere una  pianificazione condivisa con la cittadinanza, e il singolo operatore si tutela come può dalle norme di tutela.

La pianificazione d’assetto tanto attesa si è andata sempre più configurandosi come un mero e infruttuoso esercizio  accademico, fatto di bizzantinismi e di contrasti interpretativi, di invettive normative sempre più astruse, di studi e contro studi, di relazioni e contro relazioni mentre il territorio più pregiato del Lazio si degrada e verte sempre più in stato d’abbandono.

Cosa accadrebbe se ogni operatore o proprietario di aree all’interno del sistema ambientale del Lazio percorresse la stessa strada del ricorso al Tar?

Avremo una pianificazione a macchia di leopardo e fatta per stralci da organi terzi?

A mio avviso la cosa più grave di questo pericoloso precedente è l’espropriare per manifesta incapacità  e negligenza il Consiglio Regionale dalle sue prerogative e dai suoi doveri, e con esso il sottrarre ai cittadini e all’associazionismo diffuso il poter partecipare nell’iter procedurale di ordinaria approvazione.

Perché è certo che l’organo sovrano in tema di pianificazione del territorio è l’assemblea regionale dove discutere, emendare e adeguare le proposte normative anche ascoltando le realtà territoriali e le loro istanze.

Per questo si deve aprire subito una nuova stagione di approvazione dei piani di assetto dei parchi concludendo definitivamente gli iter procedurali fermi da tempo e successivamente coordinare tale pianificazione con la normativa paesaggistica del PTPR.

Il Consiglio Regionale, dopo aver approvato il Bilancio, intervenga nel collegato alla finanziaria per snellire le norme di approvazione dei piani d’assetto del sistema ambientale del Lazio ed entro i 90 giorni approvi definitivamente il piano d’assetto dell’Appia Antica.

Su questa vicenda il nuovo Consiglio Regionale tutto e la Giunta Zingaretti si dovranno misurare per dare valore al ruolo dell’assemblea legislativa e credibilità all’azione di governo.

I parchi non possono più attendere.

Luigi Tamborrino

TerritorioRoma

 

(Comunicato pubblicato con questo titolo il 4 giugno 2018 su “Cinque Quotidiano”)

 

N.B. – Nel “comunicato” che è riuscito a farsi pubblicare il sig. Luigi Tamborrino fa sapere che sono stati «singoli cittadini a  ricorrere  al Tar» che dovrebbero avere ottenuto l’Ordinanza dello scorso 24 maggio «per uscire dalla palude delle “momentanee” norme di salvaguardia che hanno congelato un territorio e le attività presenti per decenni».

Non è dato di sapere al momento quali siano esattamente questi singoli cittadini che abbiano ritenuto di sostenere le spese non indifferenti di un ricorso al TAR per ottenere che dentro il Parco dell’Appia Antica si possano svolgere non meglio precisate attività che sarebbero congelate dalla “misure di salvaguardia”.

A parte la legittima domanda se fra questi cittadini ci sia anche il sig. Luigi Tamborrino e soprattutto se gli “interessi” che starebbero a cuore a questi cittadini siano “interessi diffusi”,  nel merito della questione va messa comunque in evidenza l’ignoranza della normativa vigente in materia da parte di questi cittadini e dello stesso sig. Luigi Tamborrino, che pretendono di far approvare in 90 giorni un Piano di Assetto del Parco dell’Appia Antica che è stato adottato il 29 luglio del 2002 e che proprio per questo dovrebbe essere sottoposto alla procedura prescritta dal comma 5 Bis dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997 che dispone testualmente: «Il piano dell’area naturale protetta è aggiornato almeno ogni dieci anni. Agli aggiornamenti ed alle variazioni del piano si provvede secondo le procedure previste dal presente articolo per la sua adozione ed approvazione.»

Secondo il sig. Luigi Tamborrino bisogna concludere «definitivamente gli iter procedurali fermi da tempo e successivamente coordinare tale pianificazione con la normativa paesaggistica del PTPR.».

Il sig. Luigi Tamborrino ignora (non si sa se volutamente) che il Piano di Assetto è stato adottato ai sensi dell’allora vigente 6° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997, ai sensi del quale «il piano dell’area naturale protetta ha valore anche di piano paesistico … e sostituisce i piani paesistici», in recepimento del tuttora vigente comma 7 dell’art. 12 della legge quadro n. 394/1991: è stato per di più adottato quando il Piano Territoriale Paesistico (P.T.P.) n. 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti” non era stato ancora adottato.

Successivamente alla adozione del Piano di Assetto del Parco dell’Appia Antica con D.Lgs. n. 42 del 22 febbraio 2004 è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, che al 3° comma dell’art. 145 ha sancito che «per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.»

La suddetta disposizione è stata recepita dalla Regione Lazio con una modifica del 6° comma dell’art. 26 che è stata apportata nel 2016 e che dispone un «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004.»

Lo stesso anno la Giunta Regionale con deliberazione n. 454 del 25 luglio 2016 ha adottato il Piano Territoriale Paesistico (P.T.P.) n. 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti”, che il Piano di Assetto del Parco dell’Appia Antica dovrebbe quindi rispettare.

Per il sig. Luigi Tamborrino una pianificazione d’assetto del genere, rispettosa cioè delle norme che la disciplinano, si configura invece «come un mero e infruttuoso esercizio  accademico, fatto di bizzantinismi e di contrasti interpretativi», al posto dei quali forse vorrebbe che il Piano di Assetto del Parco dell’Appia Antica venga adattato alla deregulation approvata dalla Giunta Zingaretti nella scorsa legislatura, fra cui la multifunzionalità in zona agricola e la rigenerazione urbana.

 

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

 

 

 

 

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