A proposito di responsabilità dei Parchi dopo la tragedia del Raganello

 

Vorrei chiarire brevemente due aspetti contenuti nell’intervento di Giampiero Sammuri, Presidente di Federparchi, intitolato “I Parchi dopo la tragedia delle Gole del Raganello” e pubblicato su Greenreport, per evitare interpretazioni che rischiano di danneggiare gli stessi Parchi e i loro visitatori.

1. Scrive il Presidente di Federparchi: “I parchi non hanno alcuna competenza nel regolamentare accessi per la sicurezza delle persone”.

La frase è equivoca perché sembra affermare l’immunità dei parchi da qualsiasi responsabilità in ordine alla sicurezza delle persone.

Due esempi dimostrano il contrario:

a) un parco che istituisce un percorso per disabili deve risolvere i relativi problemi di sicurezza, altrimenti è responsabile in caso di danni;

b) un parco che inserisce percorsi difficili o pericolosi tra i suoi itinerari, segnalandoli con la propria tabellazione o indicandoli specificatamente nelle proprie pubblicazioni, deve informare adeguatamente i visitatori delle difficoltà e dei pericoli che essi presentano, altrimenti non può sottrarsi alla responsabilità per gli eventuali danni.

2. Esige un chiarimento anche l’altra affermazione di Sammuri secondo cui, quando non è richiesta una determinata attrezzatura (nel qual caso è esatto che la competenza sia delle guide alpine), “praticamente chiunque può fare la guida ai sensi della legge 4/2013, la cosiddetta legge per la liberalizzazione delle professioni”.

Non è esatto che in natura, a parte le guide del parco previste specificatamente dalla legge quadro sulle aree protette, possa fare da guida “praticamente chiunque”: possono infatti essere guide solo quei professionisti in grado di offrire le garanzie previste dalla stessa legge 4/2013 o perché iscritti ad associazioni che rilasciano l’attestato di qualità e di qualificazione professionale (art. 2 e seguenti) oppure, se non aderiscono ad alcuna associazione, perché esercitano l’attività in autoregolamentazione in conformità sia con la normativa tecnica UNI ai sensi della direttiva 98/34/CE sia con le linee guida CEN 14 del 2010 (art. 6).

Aggiungo alcune considerazioni:

  • la sicurezza delle persone è questione che coinvolge molti soggetti (istituzionali e privati) tra cui i parchi i quali, tra le loro finalità più importanti, hanno anche quella di formare le persone al rapporto con la natura: tale formazione non può non inserirsi in un quadro di sicurezza;
  • un vero rapporto con la natura, però, si basa anche sul desiderio della scoperta e dell’avventura e perciò richiede liberà: libertà di movimento, di accesso; una libertà che non è illimitata: un parco ad esempio può istituire riserve integrali o può in determinate parti del suo territorio introdurre il numero chiuso dei visitatori o il divieto di abbandonare i sentieri; questa libertà esige comunque capacità di conoscere e di affrontare i rischi e quindi responsabilità: la formazione di un visitatore responsabile rientra tra i compiti di un parco;
  • non è invece compito del parco vietare l’accesso ai luoghi che pericolosi sono da sempre o sono diventati (ad esempio per un terremoto): pertanto non può considerarsi responsabile per i danni che ivi si verificano neanche quando quei luoghi sono da esso pubblicizzati perché  di particolare interesse; il parco deve solo contribuire, per quanto di propria conoscenza, a indicare alle istituzioni competenti le situazioni pericolose; la sua responsabilità invece scatta, come si è prima detto, quando i danni avvengono sui “suoi” sentieri, cioè su quelli che ha provveduto a tabellare o a promuovere con specifiche pubblicazioni senza offrire adeguata informazione sui pericoli esistenti o, in caso di pericoli sopravvenuti, senza che ne abbia vietato l’accesso;
  • in un’epoca in cui cresce il numero dei visitatori nelle aree protette e in generale nei territori ricchi di natura e in cui aumenta l’attrattiva dell’avventura e degli sport pericolosi diventa necessario e urgente che le istituzioni interessate affrontino insieme la questione della sicurezza delle persone senza pretendere competenze esclusive o negare proprie responsabilità: trattandosi di accesso alla natura è auspicabile che sia il Ministero dell’ambiente a prendere l’iniziativa;
  • resta il problema delle guide “naturalistiche”, soprattutto (ma non solo) nelle zone montane: come ha sottolineato recentemente il TAR del Piemonte (9 maggio), il quadro normativo “si presenta frammentario e frutto della giustapposizione nel tempo, senza mai alcun tipo di coordinamento, di diverse discipline statali e regionali, spesso ispirate da finalità contrapposte”; anche qui è giunto il momento di un’iniziativa coordinata tra i soggetti interessati per individuare una soluzione razionale.

 

(Articolo di Carlo Alberto Graziani, giurista e primo presidente del Parco nazionale Monti Sibillini, pubblicato con questo titolo il 27 agosto 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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