Archivi Giornalieri: 17 Febbraio 2019
E se il Mose non bastasse a salvare Venezia dall’acqua alta a causa dell’innalzamento del livello del mare previsto nei prossimi decenni? E se anche le paratie mobili che vengono installate alle bocche di porto riuscissero a contenere le maree che periodicamente allagano il centro storico, quale effetto avrebbe il periodo sempre più lungo di chiusura degli accessi al mare, che potrebbe avvenire una volta al giorno, sull’ecosistema della Laguna? Le domande, nient’affatto peregrine, vengono poste da un dossier-denuncia che il Comitato No Grandi Navi ha preparato guardando non solo agli effetti del traffico dei transatlantici a Venezia, ma anche all’equilibrio ecologico. Per coincidenza, nelle stesse ore l’allarme su un innalzamento generalizzato del Mediterraneo, con effetti sulle coste italiane, viene dalla mappa di dettaglio diffusa il 12 febbraio dall’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie e per l’energia, che ha rilevato il rischio inondazione per una quarantina di aree costiere. Nei prossimi ottant’anni migliaia di chilometri quadrati potrebbero essere sommersi, visto che entro la fine del secolo l’innalzamento del mare potrebbe oscillare tra i 94 centimetri e un metro (modello cautelativo) e tra 1,31 e 1,45 metri (modello meno prudenziale). Gli effetti si farebbero sentire su tutta l’area nord adriatica tra Trieste, Venezia e Ravenna, ma anche in Abruzzo, a Taranto, a La Spezia, in Versilia, Isola d’Elba e Grosseto, sulla piana Pontina e alla foce del Tevere, nella piana del Volturno e del Sele, in vaste aree litoranee della Sardegna, della Sicilia e della Calabria. Sarebbero i porti di Venezia e Napoli a subire le conseguenze peggiori, con un innalzamento nel 2100 rispettivamente di 1,064 e 1,040 metri. Ma pure Cagliari, Palermo e Brindisi registrerebbero quote superiori al metro. Il dossier di No Grandi Navi è focalizzato sul Mose e la Laguna di Venezia. “Se si vuole garantire al Porto di Venezia la normale funzionalità ed attività anche nei prossimi decenni, a media e lunga scadenza, bisogna spostare alcune strutture portuali verso il mare, oltre la linea di confine delle […]
Secondo il nuovo studio “Potential Increase in Hazard From Mediterranean Hurricane Activity With Global Warming”, pubblicato su Geophysical Research Letters da un team di ricercatori spagnoli e statunitensi e da Salvatore Pascale e Gabriele Vecchi del Department of Geosciences della Princeton University, entro la fine del XXI secolo tempeste con la potenza di uragani potrebbero colpire con molta più forza il Mediterraneo, salendo fino alla categoria di rischio 1. Anche se si prevede che in futuro i “medicanes”, i cicloni mediterranei di tipo tropicale, dovrebbero essere meno frequenti, svilupperanno una struttura più robusta, simile a quella di un uragano, e dureranno più a lungo, con venti più forti e con più pioggia. Secondo lo studio, il cambiamento nei medicanes e nelle tempeste mediterranee «inizierà ad emergere alla fine del secolo, dal 2081 al 2100, con tempeste più forti che faranno la loro comparsa in autunno». Su GeoSpace, Lisa Lester spiega che «i medicanes si presentano nel Mediterraneo quando un ciclone extratropicale prende vita nel bacino marino e si trasforma in una tempesta tropicale simile a un ciclone, con una struttura simmetrica e nuvole convettive che circondano un nucleo caldo e un occhio al centro». I cicloni tropicali vengono chiamati uragani nell’Atlantico e tifoni nel Pacifico a ovest della linea di cambio di data internazionale. Attualmente, i medicanes dell’intensità di una depressione tropicale o più forti si verificano poche volte all’anno, ma raramente raggiungono la forza di un uragano di categoria 1. Le depressioni tropicali hanno una velocità del vento massima di 63 chilometriall’ora. Il principale autore dello studio, Juan J. González-Alemán dell’universidad de Castilla-La Mancha spiega a sua volta che «nella loro fase matura, i medicanes sono simili agli uragani nei Caraibi. Probabilmente, anche in uno scenario climatico intermedio, vedremo una frequenza inferiore di queste tempeste, ma quando si verificheranno, avranno una maggiore possibilità […]