Guterres sul fronte dell’emergenza climatica: i piccoli Stati insulari non possono farcela da soli

 

Mentre l’Australia votava e confermava a sorpresa la coalizione nazional-liberale negazionista climatica, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, era in visita ufficiale in Nuova Zelanda, Figi,  Tuvalu e Vanuatu, Stati insulari del Pacifico in prima linea sul fronte del cambiamento.

Alle Figi Guterres ha evidenziato il ruolo esemplare svolto dall’Oceania contro il cambiamento climatico: «Gli Stati insulari del Pacifico hanno l’autorità morale di dire al mondo che il cambiamento climatico deve essere invertito, perché gli Stati insulari del Pacifico danno l’esempio.

Malgrado tutte le difficoltà – la mancanza di risorse, l’isolamento, le distanze – la verità è che gli Stati insulari del Pacifico non solo rinforzano la loro resilienza e investono nell’adattamento per proteggere i loro cittadini, le loro comunità e le loro culture, al fine di proteggere il loro ambiente, ma si fissano obiettivi molto ambiziosi in termini di attenuazione».

Per il capo dell’Onu «la regione è in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico» e ha ricordato che le isole del Pacifico «subiscono in particolare l’innalzamento del mare, che è fino a 4 volte più elevato che nelle altre parti del mondo, minacciando l’esistenza stessa di numerosi Stati insulari.

I danni causati recentemente dai cicloni tropicali Gita, Josie e Keni, le eruzioni vulcaniche e i terremoti nella regione, così come altri fenomeni meteorologici estremi, ci forniscono numerose prove della loro vulnerabilità.

Il cambiamento climatico aggraverà ancora questi rischi.

E’ un pericolo per la pace e per la sicurezza internazionale che si estende oltre la regione.

Le strategie militari vedono come l’impatto del cambiamento climatico accrescerà le tensioni sulle risorse e i movimenti di massa di persone in tutto il mondo.

Le coste diventeranno inabitabili, le persone cercheranno la sicurezza e la possibilità di avere una vita migliore altrove».

Guterres ha ricordato che «nel 2016, più di 24 milioni di persone in 118 Paesi sono state sfollate a da delle catastrofi naturali, cioè tra volte di più di quelle sfollate a causa di conflitti.

Cosa ancora più grave, se il riscaldamento raggiungesse i 2 gradi Celsius o più, sarebbe una catastrofe sia in terra che in mare, per gli animali e per gli uomini.

La sicurezza alimentare diminuirebbe e la crescita economica ne soffrirebbe.

Ma le emissioni di carbonio raggiungono dei livelli record e non sembrano vicine a raggiungere il loro picco.

Il cambiamento climatico minaccia il benessere degli oceani e dei mari del mondo, che sono essenziali per le economie e le tradizioni del Pacifico.

Gli oceani si riscaldano e diventano più acidi, il che provoca lo sbiancamento dei coralli e riduce la biodiversità».  

Ma i mari e la vita marina subiscono anche gli attacchi della sovra-pesca, vaste aree sono prive di ossigeno e si riempiono di veleni e rifiuti, mentre le specie in vie di estinzione aumentano: «Ogni anno, più di 8 milioni di rifiuti plastici nocivi finiscono nell’oceano – ha detto il segretario generale dell’Onu – Secondo uno studio recente, entro il 2050 la plastica potrebbe superare i pesci nei nostri mari.

Mentre numerosi Paesi alla fine rifiutano la plastica monouso, invito a fare ancora di più per far fronte ai livelli insostenibili di stress sugli ecosistemi marini e costieri».

I Paesi insulari del Pacifico sono all’avanguardia nell’adozione dell’obiettivo di sviluppo sostenibile 14 per la conservazione e l’utilizzo sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse marine e Guterres ha ribadito che «bisogna fare ancora di più per risolvere i conflitti di interessi tra l’industria, la pesca, il trasporto marittimo, lo sfruttamento minerario e il turismo che nuocciono all’ambiente» è ha annunciato che il summit sul clima Onu che si terrà a settembre «presenterà delle iniziative in settori chiave come l’energia, la mobilità, l’agricoltura e gli oceani».

La ricetta dell’Onu per realizzare la transizione economica necessaria per fermare il cambiamento climatico e stata riassunta in tre passi: «Mettere fine alle sovvenzioni per i combustibili fossili e passare alle energie rinnovabili, ai veicoli elettrici e alle pratiche rispettose del clima; Tassare il carbonio per riflettere il costo reale delle emissioni; Accelerare la chiusura delle centrali a carbone entro il 2020 e rimpiazzare i posti di lavoro mancanti con soluzioni più sane. In questo modo la transizione economica sarà equa, inclusiva e vantaggiosa».

Guterres ha deplorato il ritardo nella lotta al cambiamento climatico e per limitare l’aumento delle temperature globali entro gli 1,5° C: «La comunità scientifica ha stabilito che per raggiungere l’obiettivo dobbiamo avere le emissioni zero entro il 2050.

Il mondo non è sulla buona strada per arrivarci.

Le isole del Pacifico ci sono, ma il mondo non c’è.

E’ importante dire a coloro che dicono che dicono che questo obiettivo non è possibile, o che è troppo ambizioso, e che non sono in grado di affrontare tutte le sfide della trasformazione necessarie, nei settori dell’energia, dell’industria e dell’agricoltura o della mobilità… che l’obiettivo di 1,5° C è realizzabile e che l’obiettivo carbon neutral nel 2050 è possibile.

Quel che occorre è la volontà politica …

Quello di cui c’è più bisogno, soprattutto da parte di coloro che contribuiscono di più ai cambiamenti climatici, è la stessa determinazione che ho visto nel corso di questa riunione».

Dopo la visita alle Vanuatu, Guterres ha confermato che «il cambiamento climatico non può essere fermato dai soli piccoli Stati insulari. Deve esserlo dal resto del mondo.

E’ importante capire che la lutta contro il cambiamento climatico esige una volontà politica per politiche trasformative nei campi dell’energia, della mobilità, dell’industria e dell’agricoltura. 

Durante la settimana passata, sono stato testimone diretto degli effetti del cambiamento climatico sugli Stati insulari del Pacifico.

Contribuiscono pochissimo all’emergenza climatica mondiale e purtroppo sono quelli più colpiti.

Per alcuni di loro, il cambiamento climatico è ormai una minaccia esistenziale».

Tra questi Paesi ci sono le Tuvalu, Isole alte al massimo 5 metri sul livello del mare che stanno letteralmente scomparendo nell’Oceano e Guterres le ha definite «un avamposto dell’emergenza climatica. L’innalzamento del mare minaccia di annegare questa nazione insulare: un segno di ciò che attende tutti noi.

Voi siete l’avamposto della guerra contro il cambiamento climatico perché il cambiamento climatico colpisce le Tuvalu in maniera più drammatica che ovunque altrove nel mondo».

Guterres ha detto al premier delle Tuvalu Enele Sosene Sopoaga di ammirare molto il suo Paese che ha «deciso di resistere e di mettere in atto un programma di adattamento e resilienza che il mondo intero dovrebbe ammirare e sostenere.

Ma è necessario che i governi che causano ancora i problemi che colpiscono le Tuvalu comprendano che devono cambiare.

Questi Stati devono modificare le lo loro politiche in materia di energia e di trasporti e anche la maniera in cui gestiscono le loro città e utilizzano i combustibili fossili, per fare in modo che il cambiamento climatico a Tuvalu possa essere gestito.

Il cambiamento climatico non può essere fermato a Tuval, deve essere fermato nel resto del mondo».

Ma dalle elezioni del più potente Paese dell’Oceania, l’Australia, è venuta una risposta che va in tutt’altra direzione e a Guterres non è rimasto altro che esprimere la sua «profonda solidarietà e il sostegno totale dell’Onu al governo e al popolo delle Tuvalu per i loro sforzi risoluti per preservare il loro Paese fisicamente e culturalmente.

Nelle dimensioni economica e sociale, in quanto ricca componente del Pacifico e della comunità internazionale.

Da nessun’altra parte ho visto gli effetti devastanti dell’emergenza climatica più duramente che alle Tuvalu, dove ho incontrato delle famiglie le cui case sono minacciate da un livello del mare che non cessa di crescere.

Dobbiamo agire urgentemente per il clima per salvare le Tuvalu e salvare il mondo».

 

 

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 20 maggio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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