Senza End of waste «sempre più vicina una devastante crisi del sistema rifiuti in Italia»

 

Senza End of waste l’economia circolare è una bufala: sono passati quasi nove mesi da quando, sul palcoscenico di Ecomondo, i riciclatori italiani di Unicircular lanciarono l’allarme al ministro dell’Ambiente Sergio Costa che prontamente rassicurò affermando che «il Governo l’End of Waste lo considera una priorità.

Abbiate solo il tempo di aspettare i passaggi tecnici».

E in effetti un pasticciato intervento del Governo c’è stato nel decreto Sblocca cantieri, ma con il paradossale effetto di bloccare ulteriormente l’industria del riciclo: risultato, oggi sono arrivate a 56 le associazioni e imprese – da Unicircular a Utilitalia, da Confindustria ad Assoambiente, dal Circular economy network alla Cna agli agricoltori – riunite a Roma per chiedere un confronto immediato con Governo e maggioranza M5S-Lega.

Ci sarebbe molta ironia da fare sulla distanza tra gli annunci entusiasti della politica per l’economia circolare e i disastri sul fronte degli atti normativi che dovrebbero sostenerla, se solo le conseguenze non fossero tragiche.

L’economia circolare si trova di fatto «paralizzata» e il blocco delle attività «ci costa 2 miliardi di euro l’anno», ammoniscono gli imprenditori.

Ma i danni non sono certo solo per loro: se si blocca il riciclo si determina un forte aumento dell’impatto ambientale con ripercussioni che arrivano fino alla gestione dell’igiene urbana.

«La crisi in atto che già colpisce la gestione dei rifiuti, urbani e speciali, si aggraverà – sottolineano da Roma – e porterà a situazioni critiche in molte città su tutto il territorio nazionale, con il rischio di sovraccaricare le discariche e gli inceneritori».

Senza considerare l’invio dei nostri rifiuti all’estero, a fronte di costi troppo elevati per i cittadini, imprese e ambiente.

Come siamo arrivati a questo paradosso?

Tutto nasce dalla sentenza 28 febbraio 2018 n. 1229 emessa dal Consiglio di Stato che – in assenza di criteri Ue o nazionali – nega che possano essere le singole Regioni a riconoscere caso per caso la cessazione della qualifica di rifiuto (End of waste) al termine di un processo di recupero.

Il problema è che ad oggi esistono criteri Ue solo per 5 categorie di rifiuti, e 3 criteri nazionali.

Per dare un’idea dello stallo, sono altri 16 i decreti ministeriali in fase di elaborazione, fermi da una vita.

Negli ultimi 6 anni sono stati pubblicati solo due decreti End of waste – per il conglomerato bituminoso nel marzo 2018 e per i pannolini a maggio 2019 –, e continuando al ritmo di un decreto ogni tre anni solo per concludere l’iter dei 16 già in lavorazione servirebbe mezzo secolo.

Per metterci una toppa M5S e Lega hanno inserito un comma nello Sblocca cantieri, che si è subito rivelato peggio del buco limitandosi a salvaguardare le tipologie e le attività di riciclo previste da un decreto di vent’anni fa – il DM 5 febbraio 1998 e successivi – escludendo quindi quelle che sono state sviluppate nel frattempo.

Una farsa che impedisce sia il rilascio delle autorizzazioni ai nuovi impianti di riciclo, sia il rinnovo di quelle esistenti andate nel frattempo in scadenza.

A Roma oggi le imprese hanno fornito molti esempi delle conseguenze: citiamo 15 milioni di tonnellate di aggregati riciclati da rifiuti da costruzione e demolizione che non possono tornare sul mercato, 150 milioni di euro di investimenti nel riciclo dei pneumatici che sarebbero svalutati, l’impossibilità di riciclare i rifiuti da spazzamento stradale e grandi difficoltà per i rifiuti elettrici ed elettronici (Raee), 50 impianti di rigenerazione olii e grassi bloccati, e – in barba alla moda #plasticfree – il blocco di 355.698 tonnellate di raccolta differenziata multi materiale.

Come se ne esce?

Basterebbe 1 solo articolo di legge, che riportiamo in allegato, che si basa sulla direttiva europea 2018/851/UE sull’economia circolare, che l’Italia deve ancora recepire.

«Da oltre un anno e mezzo – dichiara il presidente di Fise Unicircular, Andrea Fluttero – denunciamo in ogni sede che la mancata soluzione da parte di Parlamento e Governo del “problema End of waste”, aperto dal Consiglio di Stato e aggravato dallo Sblocca Cantieri, rischia di demolire queste solide basi facendo chiudere centinaia di aziende con evidenti danni economici, occupazionali ed ambientali.

Impianti di riciclo chiusi vuol dire più rifiuti in discariche ed inceneritori.

La soluzione, che il Governo si rifiuta ostinatamente di attuare, è la reintroduzione delle autorizzazioni “caso per caso”, sulla base di precise condizioni e di criteri uguali per tutta l’Europa, affidate alle Regioni, che in Italia sono preposte a tali autorizzazioni.

Senza questa semplice soluzione – conclude Fluttero – il Governo ed il Parlamento si assumono la responsabilità di una sempre più vicina e devastante crisi del sistema rifiuti nel nostro Paese».

Le 56 associazioni e imprese che hanno lanciato oggi l’appello sono: CONFINDUSTRIA, CIRCULAR ECONOMY NETWORK, CNA, FISEUNICIRCULAR, FISE ASSOAMBIENTE, CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI, CONFARTIGIANATO IMPRESE, CONFCOOPERATIVE, LEGACOOP PRODUZIONE E SERVIZI, CISAMBIENTE, FEDERCHIMICA, FEDERACCIAI, FEDERAZIONE GOMMA PLASTICA, ASSOMINERARIA, CONAI, CONOU, ECOPNEUS, CONFEDERAZIONE LIBERE ASSOCIAZIONI ARTIGIANE ITALIANE, GREEN ECONOMY NETWORK DI ASSOLOMBARDA, UTILITALIA, CASARTIGIANI, CONFAPI, ASSOVETRO, CONFAGRICOLTURA, CONSORZIO ITALIANO COMPOSTATORI, ECOTYRE, COBAT, CONSORZIO RICREA, ANCO, AIRA, GREENTIRE, ASSOBIOPLASTICHE, ASCOMAC COGENA, ECODOM, AMIS, COMIECO, ASSOCARTA, FEDERAZIONE CARTA E GRAFICA, CENTRO DI COORDINAMENTO RAEE, SITEB, ASSOREM, FIRI, FEDERBETON, AITEC, CONOE, COREPLA, FEDERESCO, ANGAM, CENTRO DI COORDINAMENTO NAZIONALE PILE E ACCUMULATORI, UCINA – CONFINDUSTRIA NAUTICA, ASSOFOND, CONSORZIO CARPI, ASSOFERMET, AGCI-SERVIZI, ANCE, LEGACOOPSOCIALI

Allegati

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 25 luglio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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