Tav, farfalle e pipistrelli. Non nel nome della biodiversità, prego…

 

TELT, la società italo-francese responsabile della realizzazione della sezione transfrontaliera della linea ferroviaria Torino-Lione, dall’autunno scorso ha ampiamente pubblicizzato un progetto elaborato in collaborazione con alcuni docenti dell’Università di Torino e finalizzato alla conservazione della farfalla Zerynthia polyxena, specie protetta la cui presenza è stata scoperta da attivisti del movimento No TAV in un’area destinata ad ampliamenti di cantiere.

In sintesi, il progetto mira a compensare la perdita di habitat ed esemplari causata dalla realizzazione dell’opera creando condizioni ambientali idonee alla specie in aree attualmente ad essa ostili e trasferendovi  un certo numero di bruchi e di esemplari della pianta nutrice; le nuove aree dovrebbero inoltre servire a connettere nuclei demografici isolati della specie, incrementandone la probabilità di conservazione.

Lo stato di conservazione di Z. polyxena è attualmente valutato least concern: essa non è considerata a rischio di estinzione, né in Italia, né a livello europeo.

Si tratta tuttavia di una specie in calo demografico, minacciata da vari fattori fra cui la sottrazione di habitat e per questo inclusa fra le specie che meritano rigorosa tutela.

Questo pezzo potrebbe dunque finire qui, con l’augurio che gli interventi abbiano successo, che il danno causato dall’opera sia effettivamente compensato e che, anzi, si ottenga un miglioramento rispetto alla situazione attuale. 

Se però si esamina più dettagliatamente il progetto e come esso viene presentato al pubblico, emergono delle criticità.

Lungo la Dora Riparia, asse fluviale della Valle di Susa, sono presenti aree degradate, aperte o semiaperte e caratterizzate dalla dominanza di specie vegetali alloctone.

Con interventi gestionali volti al recupero della naturalità, in esse sarebbe possibile incrementare il valore ambientale per Z. polyxena senza rischiare di interferire negativamente su altre specie, anzi, producendo effetti positivi più generali sulla biocenosi.

Non sono però questi i terreni interessati dal progetto ideato dai docenti torinesi. 

Le aree prescelte  sono occupate da vegetazione forestale che, per quanto segnata dagli interventi antropici del passato, ha un valore naturalistico.

Con riferimento a tali aree, la descrizione del progetto pubblicata sul sito di TELT (1) parla della sperimentazione di un «miglioramento boschivo»  e di una soluzione innovativa che garantisce «la salvaguardia della biodiversità», che i promotori credono «possa diventare un modello per azioni future». 

Nell’articolo intitolato «Zerynthia, la farfalla che insegna a rispettare la natura», pubblicato su Piemonte Parchi a firma di A. Paolini (2), si sostiene in particolare che Z. polyxena sia una “specie ombrello”, la cui tutela aiuterebbe la conservazione di chirotteri (pipistrelli), roditori arboricoli e insetti saproxilici (cioè degli insetti che, per lo meno in uno stadio del loro ciclo vitale, dipendono dal legno di tronchi o rami marcescenti).

Sta di fatto che gli interventi in progetto consistono nell’apertura di radure, e come il taglio del bosco possa favorire animali arboricoli o che necessitano di legno è cosa difficile da comprendere. 

Nell’ipotesi che la componente arbustiva venga salvaguardata o che le si permetta di colonizzare il terreno dopo il taglio del bosco (ma ciò confliggerebbe con le esigenze di Z. polyxena), le radure potrebbero forse avere un significato positivo per il moscardino, piccolo gliride che nel nostro paese è ampiamente diffuso e in buono stato di conservazione; ma di certo la rimozione degli alberi non è la strategia da applicarsi per la conservazione degli insetti saproxilici, che annoverano specie di valore ecologico e conservazionistico ben maggiore di quello del moscardino e di Z. polyxena.

La protezione di tali insetti richiede che si conservi il bosco e che lo si lasci evolvere e invecchiare, non che lo si tagli. 

E non si può neppure pensare che la legna tagliata, accatastata e lasciata marcire in loco, possa svolgere per queste specie lo stesso ruolo degli alberi deperenti o morti ancora in piedi.

Veniamo ai chirotteri.

L’area interessata del progetto (fra Giaglione e Salbertrand) è frequentata da una ventina di specie di pipistrelli: tutte sono incluse nell’allegato IV della Direttiva Habitat (come Z. polyxena) e alcune anche nell’allegato II della medesima normativa (che sancisce la necessità di tutela attraverso la designazione di aree Natura 2000); fra di esse ci sono specie ascritte a  livello nazionale alle categorie di stato di conservazione near threatenedvulnerable ed endangered  (identificanti, nell’ordine, un crescente rischio di estinzione) e alcune sono considerate near threatened vulnerable anche a livello globale e/o europeo.

Con la realizzazione di radure e diradamenti, soprattutto se gli interventi interessano boschi fitti e giovani, si può ottenere un incremento locale della presenza di pipistrelli, ma si tratta prevalentemente di esemplari di specie comuni.

Per la conservazione dei chirotteri forestali più esigenti e minacciati occorre altro: perseguire gli obiettivi dell’incremento della disponibilità di rifugi arborei (cavità arboree e cortecce sollevate) e dell’incremento, qualitativo e quantitativo, degli insetti e degli altri artropodi che il bosco produce (fra i quali ci sono molte specie-preda dei pipistrelli). 

Tali obiettivi si realizzano tutelando la flora propria del luogo, evitando l’asportazione del legno morto e lasciando invecchiare i popolamenti: misure, queste, che davvero producono un effetto positivo più generale sulla biodiversità forestale, alla quale, merita forse ricordare, contribuiscono primariamente i batteri, i funghi e, fra gli animali, i coleotteri.

Si tenga inoltre presente che, con l’invecchiamento delle foreste, si creano volumi liberi dalla vegetazione sotto le chiome degli esemplari arborei maggiori e che gli schianti aprono radure naturalmente, senza necessità di motoseghe.

Nell’immediato, il progetto TELT-Università di Torino prevede la realizzazione di 10 piccole radure (500 mq ciascuna), dislocate linearmente ogni 20 m nell’area di Giaglione.

Ipotizzando che negli interventi di taglio non vengano danneggiate le porzioni di bosco comprese fra le diverse radure, la superficie complessiva coinvolta risulta di soli 0,5 ha. 

Conseguentemente, ammesso che l’intervento abbia successo per Z. polyxena (mi auguro che lo si verifichi prima che vengano distrutte le stazioni dove la specie già esiste!), gli effetti sulla biodiversità, di qualunque segno siano, si profilano come non significativi per una semplice questione di scala.

In conclusione, la comunicazione veicolata da TELT-Università di Torino attribuisce  all’intervento di realizzazione del corridoio ecologico una valenza, quella rispetto alla biodiversità, che esso non ha e che andrebbe perseguita in altro modo.

Altre iniziative progettate da TELT- Università di Torino sollevano perplessità.

Come possano essere chiamate «interventi di miglioramento forestale» (1) le operazioni di rimozione della vegetazione legnosa igrofila di greto (in programma per favorire due rare specie erbacee nell’area di Salbertrand) è, di nuovo, difficile da comprendere.

Viene il sospetto che i responsabili della comunicazione o, peggio, gli estensori di questa parte del progetto ignorino anche i più elementari concetti di ecologia forestale e allora ci si augura che chi dirigerà l’intervento (che potrebbe anche essere del tutto opportuno – preciso di non conoscere il caso) sappia che i salici sono fra le specie con più ricca entomofauna associata.

Colpisce anche che, per compensare la perdita di potenziali rifugi per i chirotteri dovuta ai cantieri, il progetto preveda la creazione di cavità in alberi di grandi dimensioni, impiegando una tecnica particolarmente macchinosa e costosa (si opera da piattaforma). 

Su questo tipo di intervento ho avuto modo di esprimere il mio parere di chirotterologa nell’ambito del tavolo tecnico sulla conservazione dei chirotteri organizzato da TELT in collaborazione con Regione Piemonte e con gli stessi docenti universitari che seguono il progetto su Z. polyxena. 

In quella sede, ho fatto presente che, se c’è la necessità di aumentare il numero dei potenziali rifugi nel breve termine, è preferibile ricorrere alla collocazione sugli alberi di bat box e che, con le risorse economiche risparmiate rinunciando alla realizzazione delle cavità nei tronchi, si potrebbero acquistare ettari di bosco.

Rilasciati all’evoluzione naturale o sottoposti a una gestione minimale (volta a favorire le specie proprie della flora del luogo), questi non solo assolverebbero alla funzione di rifugio per i chirotteri, ma sosterrebbero in maniera più generale la biodiversità forestale.  

Il suggerimento di ricorrere alle bat box pare sia stato accolto, ma purtroppo non quello di utilizzare meglio i fondi destinati alla realizzazione delle cavità artificiali.

Questo è solo un esempio minimale della serie di interventi costosi, e di fatto inutili per la conservazione della natura, che si va profilando all’orizzonte.

Si dice che per le attività di compensazione e monitoraggio ambientale che affiancheranno la realizzazione della Torino-Lione sia disponibile un budget milionario.

Tuttavia, da quanto ho potuto riscontrare partecipando al tavolo tecnico sui chirotteri, di compensazioni con valore naturalistico/conservazionistico si parla molto poco, mentre si allunga la lista delle attività di raccolta di dati naturalistici che saranno effettuate e che difficilmente produrranno benefici in termini di conservazione.

Sappiamo che le indagini naturalistiche realizzate nelle fasi di valutazione dell’impatto/incidenza dell’opera sono state carenti e che, per alcune importanti componenti faunistiche, non sono proprio state condotte. 

Ma fare ora quanto si sarebbe dovuto fare in passato concretizza un’anomalia procedurale: i risultati di indagini naturalistiche adeguate andavano messi sul piatto della bilancia quando si doveva decidere se l’opera andasse realizzata o meno.

Ora che la decisione è stata presa, le cosiddette attività di monitoraggio faunistico servono a ben poco.

Dalla letteratura sull’ecologia delle diverse specie e dalla conoscenza del territorio valsusino che è patrimonio di molti che in quell’area vivono e lavorano da anni, sapremmo individuare da subito interventi con significato di compensazione per la perdita di natura.

Ma forse questo interessa poco.

(1) http://www.telt-sas.com/it/corridoio-ecologico-farfalla-zerynthia/

(2) http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/natura/biodiversita/item/3386-zerynthia-la-farfalla-che-insegna-a-rispettare-la-natura

(Comunicato di  Elena Patriarca, Stazione Teriologica Piemontese, pubblicato con questo titolo il 6 marzo 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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