A Miami il bersaglio di chi sfilava in corteo era l’uso intensivo di pesticidi negli agrumeti della Florida, a New York lo smog dovuto al traffico automobilistico, nelle città del Michigan l’acqua avvelenata di fiumi e laghi. E tutti alternavano alle parole d’ordine contro l’inquinamento, gli slogan pacifisti contro la guerra del Vietnam. ESATTAMENTE 50 ANNI FA, il 22 aprile 1970, nasceva così il movimento ambientalista: centinaia di manifestazioni attraverso gli Stati Uniti, almeno dieci milioni di persone per buona parte giovani e giovanissimi scesi in piazza nel nome dell’ambiente, convocati da un network fitto ma del tutto informale di gruppi universitari e associazioni civiche. Figlia della «controcultura» post materialista e anti consumista che aveva ispirato il Sessantotto americano, la giornata dell’Earth Day fu però, nei contenuti, una novità assoluta: per la prima volta la questione ambientale usciva dai convegni, dalle discussioni accademiche, dalle pagine dei libri di denuncia sull’inquinamento, facendosi movimento sociale, progetto di cambiamento della società e dell’economia «rivoluzionario» ma non più basato solo sul paradigma classico della lotta tra capitale e lavoro. POCHI ANNI DOPO LA «NOVITA’» sbarcherà pure in Europa, soprattutto con il movimento antinucleare e animata anche qui dalla generazione studentesca del Sessantotto, ma l’Earth Day dell’aprile 1970 fu un evento squisitamente americano. Sul momento nel vecchio continente furono in pochi a intuire che quella mobilitazione segnava l’inizio di una storia destinata a mettere radici, e non solo di là dell’Atlantico. Tra i pochi Ugo Stille, allora corrispondente del Corriere della Sera da New York, che scrisse il 23 aprile: «Il successo della Giornata della Terra appare ancora più significativo quando si consideri che le manifestazioni odierne non sono state dirette e coordinate da un organismo centralizzato, ma sono il frutto di una miriade di iniziative locali e autonome (…) il settore dove il movimento ecologico […]