Dal paese di Forni di Sopra, in Carnia, si può risalire la Valle del torrente Giaf attraverso un sentiero, camminando per un’ora circa. Accompagnati dai profumi delle conifere e dal gorgoglio di limpidi ruscelli, tra scorci di frastagliate cime dolomitiche e imponenti torrioni, si nota ancora qualche traccia lasciata dalla tempesta Vaia che colpì il nord-est italiano nell’ottobre del 2018. Da due anni, un gruppo di volontari della zona cerca di rimediare raccogliendo i resti del violento passaggio di pioggia e vento che causò la distruzione di migliaia di ettari di foreste. Proprio in cima a questo sentiero, a 1400 metri di quota, tre giovani stanno coltivando un sogno: Tommaso Lizzi, Alessandro Puntoriero e Marco Politi gestiscono da quest’anno il rifugio alpino Giaf, una delle quattro tappe dell’Anello delle Dolomiti Friulane, un tour escursionistico selvaggio, immerso in un parco protetto e rimasto fuori dal circuito dal turismo di massa. Nel rifugio il tempo appare dilatato e gli spazi consentono di evitare affollamenti. La struttura, di proprietà del comune di Forni di Sopra, è adagiata su un ripiano boscoso, sul versante nord-est dei Monfalconi e del Monte Cridola, tra le guglie più conosciute delle Dolomiti. Il Giaf offre ristoro e una quarantina di posti letto. Quando piove, quassù non arriva nessuno e i tre gestori, tutti grandi viaggiatori di età compresa tra i 34 e i 38 anni, giocano a scacchi e si godono la tranquillità del posto. Tommaso si è spostato per anni tra la Nuova Zelanda, l’Australia e il Canada, per poi decidere di tornare a Forni di Sopra, dove è cresciuto. «Ho studiato per diventare un accompagnatore di mezza montagna – spiega – Mi occupo anche di educazione ambientale, ecologia e meteorologia. Ho seguito dei corsi di sopravvivenza, non quella militare naturalmente, ma quella legata alla natura. […]