L’ambientalismo come lo conosciamo oggi non esisteva ancora, ma loro c’erano già.
Paffuti, colorati, simpatici e soprattutto molto impegnati nella difesa del pianeta.
Nati da una serie a fumetti negli Anni ’70, i Barbapapà possono essere considerati i pionieri dei cartoni animati ecologisti, un filone che ha attraversato gli ultimi quarant’anni offrendo spunti e simboli ancora attualissimi.
Il tema della natura è da sempre protagonista nelle avventure dei personaggi di cartoni e fumetti.
Basta pensare al filo diretto che lega i Puffi a Madre Natura, al richiamo che le montagne esercitano su Heidi o allo straordinario e primordiale rapporto tra la Pimpa e gli alberi, i fiori, le nuvole, le stelle.
In questi anni la crisi climatica è emersa in tutta la sua drammaticità, sono arrivati Greta, i Fridays for future e, anche se un po’ lentamente, la sensibilità su questi temi sta cambiando.
Heidi
Quindi non stupisce che oggi Masha e Orso conducano una vita nel bosco basata su una sorta di autosostentamento, lontana da città e agenti inquinanti, praticamente a impatto zero.
Oppure che Peppa Pig dedichi intere puntate a spiegare come riciclare i rifiuti in modo corretto.
Per non parlare dei volumi con le storie illustrate, che su questo tema neanche si contano più e ormai rappresentano una categoria a sé.
“Fino a una decina di anni fa libri e cartoni animati per i bambini avevano come unico scopo l’intrattenimento” spiega Maddalena Tinazzi, pedagogista e grande sostenitrice dei prodotti di narrativa come strumento di formazione.
“Oggi lo scenario è cambiato radicalmente perché si sta consolidando un nuovo tipo di esperienza che assume anche risvolti didattici”.
La chiave di accesso alla coscienza (e all’attenzione) dei bambini restano i personaggi, siano essi individui reali (come le principesse di Frozen), animali dalle sembianze umane (vedi il pesce Nemo) o esseri frutto della fantasia (come Shrek o i robot).
Più lo spettatore si identifica in loro, più aumenta il coinvolgimento.
Sotto questo aspetto la storia non è cambiata di una virgola.
“Il bambino si rispecchia nei personaggi ed è naturalmente portato a farsi delle domande – prosegue Tinazzi -. I più piccoli sono colpiti da quello che tocca la loro quotidianità e ragionano in modo molto concreto.
Spesso non hanno bisogno di essere guidati in un ragionamento che porta a una morale, semplicemente ci arrivano da soli”.
Certo, con il passare del tempo i modelli sono cambiati e la logica che sta dietro alla costruzione dei personaggi si è evoluta.
Per esempio, con buona pace di Capitan Planet e dei Planeteers (tra i primi esempi di ecologisti difensori della Terra), sembra passato un po’ di moda il modello del personaggio eroe che da solo è in grado di cambiare il destino del mondo.
“L’ecosistema in cui viviamo è complesso, le sue sorti non possono essere ricondotte a un solo individuo – aggiunge Tinazzi -. Il bambino deve rendersi conto di questa dimensione collettiva facendo i conti con la realtà che ci circonda e anche con una sorta di responsabilità individuale”.
Questo meccanismo costituisce una grande opportunità educativa, ma ovviamente nasconde anche dei rischi.
“Un errore che si commette spesso è quello di spostare troppo la responsabilità sui bambini – sostiene Gianpaolo Ragusa, psicologo dell’infanzia e psicosomatologo -. Non bisogna pensare che il bambino possa fare questo percorso di apprendimento da solo, senza l’aiuto degli adulti.
A volte consideriamo il bambino una sorta di Dalai Lama che si immerge in una storia e poi torna nella società avendo acquisito tutte le risposte che gli servono.
Ma così facendo lo mettiamo nei guai, perché gli affidiamo competenze e aspettative che lui non può gestire in autonomia”.
La reazione agli stimoli e ai ritmi della narrazione è uno degli aspetti più cari ad autori, scrittori e illustratori che sperimentano ogni giorno nuove formule per conquistare l’attenzione dei più piccoli.
“Oggi nei libri per bambini c’è tanta realtà e questo permette a chi ascolta, osserva e legge di trovare se stesso e identificarsi immediatamente” racconta Elisa Mazzoli, autrice di libri illustrati per ragazzi.
“È un meccanismo empatico che porta il lettore a sperimentare quelle che si chiamano prove emotive, vedersi dentro la storia li aiuta a elaborare concetti nuovi”.
Parlando di ambientalismo e clima verrebbe da pensare anche a un potenziale effetto indesiderato.
E cioè: mettere in primo piano la realtà, raccontare il mondo per quello che è con le sue brutture, i suoi problemi e i suoi drammi, non rischia di suscitare un sentimento di repulsione verso la storia e i personaggi anziché stimolare l’attenzione e quindi la crescita di un pensiero critico?
“Noi raccontiamo la vita con le sue cadute e le sue riprese, questo avviene metaforicamente con tutte le emozioni – precisa Mazzoli -. Il bambino non solo è in grado, ma ha voglia di elaborare punti critici e valori.
Come sosteneva Gianni Rodari, i bambini devono girare sulla giostra della realtà e poi prendere il volo con la fantasia.
I risultati sono grandiosi”.
Una delle sintesi migliori di questo esercizio narrativo trova forma nelle opere del maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki, autore di opere come Principessa Mononoke, La città incantata e Nausicaa.
Un concentrato di raffinata immaginazione che si mischia alla vita reale condito da altruismo, sensibilità e soprattutto speranza.
Quella non dovrebbe mancare mai se non vogliamo fare la fine di Wall-E, il robot protagonista del cartone animato firmato Pixar che si ritrova ad abitare la Terra da solo, quando ormai tutti gli abitanti se ne sono andati e a popolare il globo sono rimasti soltanto cumuli di rifiuti.
(Articolo di Alberto Abburrà, pubblicato con questo titolo il 2 novembre 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)