Covid-19, al coronavirus Sars-Cov-2 non piace il caldo

 

Se precedenti ricerche condotte in ambito internazionale sembravano indicare che condizioni meteorologiche e temperature non fossero una discriminante di rilievo nel facilitare (o meno) la diffusione del coronavirus Sars-Cov-2, responsabile della pandemia Covid-19 che stiamo vivendo, l’Istituto superiore di sanità (Iss) è giunto a conclusioni assai diverse.

Secondo lo studio SARS-CoV-2 infection: the environmental endurance of the virus can be influenced by the increase of temperature, pubblicato sulla rivista Clinical microbiologi and infection dell’European society of clinical microbiology and infectious diseases, il decadimento del coronavirus Sars-Cov-2 è sensibile all’aumento della temperatura ambientale, come già dimostrato per altri virus.

Più nel dettaglio, gli esperimenti condotti da un team di ricercatori del Dipartimento di Malattie Infettive in vitro hanno dimostrato che innalzando la temperatura fino a 28°C, la temperatura massima prevista per il mese di giugno, la carica virale subisce un drastico decadimento entro le prime 24 ore dall’emissione di droplet infette, mentre per raggiungere gli stessi livelli di decadimento alla temperatura di 20-25°C (temperatura ambiente) sono necessari tre giorni.

«I nostri dati – spiega il virologo Fabio Magurano, che ha coordinato lo studio – aiutano a spiegare il perché le condizioni ambientali estive più sfavorevoli per il virus ne abbiano rallentando la diffusione e il contagio.

Al contrario l’abbassamento delle temperature permette al virus di resistere di più e nel contempo giustifica una maggiore capacità delle goccioline respiratorie di persistere e diffondersi nell’ambiente, favorendo la diffusione del virus e il contagio».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 30 novembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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