Manovra, accolto l’ordine del giorno per eliminare i sussidi fossili

 

«Basta timidezze e tatticismi, per affrontare la crisi climatica il tempo di agire è ora.

Ad esempio iniziando a tagliare i sussidi pubblici alle attività ambientalmente dannose».

E’ quello che prevede  un ordine del giorno alla Legge di Bilancio accolto alla Camera che vede prima firmataria Rossella Muroni di Liberi e Uguali.

La Muroni ricorda che «secondo il terzo Catalogo dei Sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli redatto dal ministero dell’Ambiente, con dati riferiti al 2018, diamo annualmente più di 19 miliardi alle attività inquinanti.

Un recente report di Legambiente stima siano ben 35,7 miliardi, tra diretti e indiretti, i sussidi ambientalmente dannosi (Sad).

Una montagna di soldi che non ci rende credibili quando parliamo di Green deal e che va in larga parte a vantaggio delle imprese, in particolare dei settori trasporti ed energia e in misura minore anche all’agricoltura».

Per l’ordine del giorno, sottoscritto anche da Palazzotto, Fusacchia, Quartapelle, Lattanzio, Magi e Fioramonti,  «impegna il governo ad inserire tra le misure per la transizione energetica del Recovery Plan la soppressione di tutti i sussidi alle fonti fossili entro il 2030 – ricorda la Muroni – L’esecutivo dovrà eliminare dal 2021 i sussidi diretti alle fossili e per lo sfruttamento dei beni ambientali, aggiornare il Catalogo, rivedere la tassazione sui combustibili fossili per renderla più trasparente e legarla alle emissioni prodotte.

Con questo ordine del giorno l’Italia fa un passo avanti, non nascondo però che avrei preferito questi impegni venissero assunti approvando il mio emendamento sulla graduale eliminazione dei Sad.

Visto che alle buone intenzioni sarebbe ora di far seguire le azioni. »

Infatti la parlamentare di LeU ed ex presidente di Legambiente ha annunciato la presentazione di un emendamento al Milleproroghe e spiega che «il mancato blocco dei nuovi permessi e delle attività di ricerca e prospezione di idrocarburi e la mancata proroga della moratoria sulle trivellazioni nel decreto Milleproroghe, come il ritardo sul Piano delle aree, preoccupano ambientalisti e associazioni.

Perché disegnano un quadro che può portare alla concessione di permessi di ricerca, prospezione e autorizzazioni a trivellare, non coerente con gli impegni sulla sostenibilità assunti in l’Europa».

La Muroni sottolinea che «l’Italia dovrebbe adottare il Piano delle aree, ossia il piano per stabilire di concerto con gli Enti Locali dove sarà possibile cercare ed estrarre idrocarburi e dove invece non sarà consentito, il prossimo febbraio su proposta dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente.

Ma di questo documento si sono perse le tracce e la sua mancata adozione può aprire, una volta scaduta la moratoria introdotta con il decreto Semplificazioni del 2019, al rilascio dei permessi sulle pratiche in sospeso e quindi a nuove autorizzazioni a trivellare».

La deputata di LeU conclude: «Dunque o si accelera sulla Piano delle aree, oppure più realisticamente si adottano una proroga per la sua adozione e anche per la moratoria.

Altrimenti faremmo un bel regalo a chi continua a fare affari sulle fonti fossili e alle forze che, anche in maggioranza, difendono uno sviluppo legato al passato piuttosto che investire in un futuro all’insegna delle rinnovabili, dell’efficienza, dell’innovazione.

Un regalo al mondo dei fossili che sono pronta a scongiurare con un emendamento al decreto Milleproroghe.

Perché il Green deal richiede coerenza».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 29 dicembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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