Per salvare il pianeta bisogna guardarlo di più dallo Spazio

“Ho visto con i miei occhi le sabbie del deserto del Sahara arrivare fino all’Europa o una grande macchia di smog coprire la Lombardia. Lo spettacolo della terra dallo spazio è ancora bellissimo, ma non stiamo facendo quello che le servirebbe”.

Paolo Nespoli è un ingegnere dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). È il secondo astronauta italiano che è rimasto per più tempo nello spazio, quasi un anno in tre missioni diverse. “Guardare la terra dal suolo è come vedere i quadri in un museo con il naso appiccicato alla tela: per capire bisogna allontanarsi”, spiega nel giorno in cui si celebra il nostro pianeta, il 22 aprile appunto, una festa istituita nel lontano 1970 ma che oggi è diventata soprattutto una giornata di denuncia dell’emergenza climatica. E da questo punto di vista, oltre agli uomini, in orbita ci sono soprattutto i satelliti. Non solo quelli Cosmo SkyMed, italiani, in grado di scrutare la Terra dallo spazio metro per metro, di giorno e di notte, con ogni condizione meteo per aiutare a prevedere frane e alluvioni, coordinare i soccorsi in caso di terremoti o incendi, controllare dall’alto le aree di crisi (ma anche monitorare la stabilità degli edifici scolastici); ma anche quelli “sentinella” del progetto Copernicus, finanziato dall’Esa e dall’Unione europea.

Satelliti che forniscono dati e misurazioni esatte agli scienziati climatici che poi costruiscono i loro modelli, evitando missioni faticose e spesso impervie in zone ostili della terra. Umidità del suolo, temperatura del mare, spessore dei ghiacci, quantità di gas presenti nell’atmosfera: i cambiamenti della terra sono oggettivi, sottratti a ogni interpretazione soggettiva.

“Per noi ogni giorno, in un certo senso, è la festa della terra”, spiega Simona Zoffoli, fisica dell’Agenzia Spaziale Italiana, esperta di missioni di osservazioni della terra e delegata dell’Esa. “Dallo spazio riusciamo a misurare come il ghiaccio in Antartide e in Groenlandia stia perdendo massa sei volte più velocemente che negli anni Novanta, ma anche l’aumento esatto dei mari ogni anno o la concentrazione della CO2 nell’aria”. Utilizzando i dati dei satelliti, gli scienziati hanno stimato la perdita totale combinata di massa di ghiaccio attraverso Groenlandia e Antartide: 6.400 miliardi di tonnellate tra il 1992 e il 2017, mentre 9.000 miliardi sono le tonnellate perse dai ghiacciai di tutto il mondo dal 1961. E sempre grazie ai satelliti è stato possibile stabilire che il livello del mare è aumentato a livello globale di 17,8 mm durante il XX secolo e attualmente sta aumentando più del doppio a una velocità di 3,6 mm all’anno (tra il 2006 e il 2015), ma non in maniera uniforme, un dato vitale per sviluppare una risposta efficace.

“Forse bisognerebbe mandare i politici in orbita”, conclude Paolo Nespoli. “Magari smetterebbero di decidere in base alla convenienza economica ed elettorale e si convincerebbero che bisogna agire per la nostra sopravvivenza. E quella dei nostri figli”.

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