PACIFISMO. In questo vuoto è come se non ci fosse nessuna alternativa credibile alla risorsa assolutizzata delle armi, né diplomazia, né sostegno alle vittime con la mobilitazione di pace DI MARCO REVELLI, IL MANIFESTO 3 APRILE 2022 «Va chiamata ‘vertigine’ ogni attrazione il cui primo effetto sorprenda e disorienti l’istinto di conservazione». Così scriveva Roger Caillois in un testo dell’esilio sudamericano, pubblicato nel 1943 ma risalente agli anni appena precedenti, quando la catastrofe della guerra mondiale si avvicinava ed esplodeva. In questo caso, spiegava, «l’essere è trascinato alla rovina e come persuaso dalla visione del proprio annientamento a non resistere alla potente fascinazione che lo seduce terrorizzandolo». Per l’insetto, aggiungeva, «è lo sfolgorare della fiamma, per l’uccello sono gli occhi fissi del serpente». Per l’uomo è l’attrazione irresistibile del vuoto. In particolare di quel vuoto estremo che è la guerra: il vortice della distruzione in cui ogni volontà individuale è travolta di fronte al dominio assoluto dell’elementare, e privata del potere, costitutivo dell’esistenza, «di dire di no». Ho ripensato a queste parole nelle settimane scorse, in cui la guerra ha invaso, senza trovare resistenza, le nostre vite e le nostre menti, trascinandoci tutti, società e individui, nel suo vortice, con le sue categorie totalizzanti e totalitarie che non lasciano spazio al pensiero complesso, soprattutto che assolutizzano la sola risorsa delle armi (lo strumento per eccellenza concepito per «fare il vuoto»). E INFATTI CAILLOIS, dopo aver passato rapidamente in rassegna i vari tipi di vertigine che mettono in scena «l’estrema abdicazione dell’uomo» di fronte alle «tentazioni che lo spingono alla rovina» – la figura delle femme fatale , l’ebbrezza patologica del gioco d’azzardo… – si sofferma appunto sulla «vertigine della guerra», la più potente di tutte nel suo trasformare agli occhi dell’uomo la propria resa all’attrazione dell’abisso in «dovere, grandezza, ebbrezza». La distruzione, […]