Articolo di Roberto De Pietro pubblicato l’11 novembre su Eddyburg con questo titolo e la seguente premessa: “Un progetto del comune di Acireale, proposto per contrastare l’erosione costiera, in realtà si rivela, a uno studio attento, particolarmente pesante e distruttivo.” Come in molte parti d’Italia, in Sicilia si costruisce e si trasforma il territorio in spregio alle norme tecniche e ai principi urbanistici più elementari. E, anche in assenza di fenomeni naturali gravi ed evidenti, come ad esempio eventi meteorici intensi, si generano condizioni di rischio per il territorio e l’incolumità delle persone. Il paradosso è che spesso le stesse Pubbliche Amministrazioni, proprio facendo riferimento a non prioritarie o inesistenti emergenze, approvano o incoraggiano interventi inutili e dannosi. È il caso di un progetto concepito dal Comune di Acireale, in provincia di Catania, per “rimuovere”, presunte cause di “degrado e di erosione” da tratti costieri con falesie di natura basaltica, ricoperte da formazioni a bosco e macchia mediterranea, ricadenti in una riserva naturale regionale (“La Timpa”) e in un Sito di Interesse Comunitario (ITA070004 “Timpa di Acireale”). Di tale intervento, finanziato con fondi POR (POR Sicilia 2000/2006, n° 2: “Interventi integrati finalizzati alla rimozione delle cause di degrado ed erosione di tratti di costa in corrispondenza delle frazioni di S. Caterina, S. M. La Scala e Pozzillo“), sono stati portati a termine finora lavori a dir poco devastanti che, a detta dell’Amministrazione Comunale, avrebbero “rimosso” l’erosione costiera nei tratti interessati[1]. Tali lavori hanno invece comportato, in alcune aree di massima protezione della riserva naturale, la posa di spropositate e sovradimensionate reti metalliche, la totale e radicale distruzione della fitta vegetazione a macchia mediterranea inizialmente presente, nonché il disgaggio di rocce e lo scivolamento di suolo, determinando un processo erosivo che, in relazione ai tempi di erosione naturale della Timpa, avrebbe […]