Rapporto shock pro Ogm del Parlamento britannico: «La normativa Ue non è adatta allo scopo»

 

Articolo pubblicato con questo titolo il 26 febbraio 2015 su “Greenreport”.

Il rapporto “Advanced genetic techniques for crop improvement: regulation, risk and precaution”, presentato oggi dalla Commissione scienza e tecnologia della Camera dei Comuni britannica, afferma che «le norme Ue che  impediscono che le colture geneticamente modificate vengano coltivate nel Regno Unito – anche dopo aver superato rigorose procedure di test di sicurezza – non sono adatte allo scopo e devono essere sostituite con un trait-based system per regolamentare le nuove tecnologie di coltivazione delle colture». 

Il presidente dello Science and Technology Committee, il laburista Andrew Miller, presentando il rapporto ha detto che «l’opposizione alle colture geneticamente modificate in molti Paesi europei si basa su valori e sulla politica, non la scienza.

C’è una chiara evidenza scientifica che le colture sviluppate utilizzando la modificazione genetica non pongono più rischi per gli esseri umani, gli animali o l’ambiente dalle colture equivalenti sviluppate utilizzando tecniche più “convenzionali”.

Purtroppo, il modo in cui funziona il sistema normativo dell’Ue comporta  che i Paesi che si oppongono alle colture geneticamente modificate sono in grado di bloccare la loro coltivazione in altri Paesi.

Questo ha spinto le attività di ricerca di fuori dell’Ue e mettere a rischio la capacità del Regno Unito di essere un global player nel progresso della tecnologia agricola.

La riforma della regolamentazione non è più soltanto un’opzione, è una necessità. 

Per soddisfare la grande sfida di nutrire una popolazione mondiale in rapida crescita, con meno risorse, mentre il clima diventa sempre più instabile, avremo bisogno di usare tutti gli strumenti a nostra disposizione, siano essi sociali, politici, economici o tecnologici». 

Miller sciorina quello che sembra un libretto di propaganda della Monsanto, con affermazioni che sono smentite proprio dalla ricerca scientifica e dall’esperienza – a volte tragica – sul territorio, ma le sue parole e il rapporto vanno presi molto sul serio, visto che sembrano trovare l’accordo sia dell’opposizione laburista che del governo conservatore-liberaldemocratico. 

Nella nuova legislazione Ue sugli Ogm il rapporto dell’House of Commons  identifica quelli che definisce tre grandi difetti nel sistema:  «Primo, gli attuali regolamenti sono basati sul presupposto che le colture geneticamente modificate rappresentano intrinsecamente un rischio maggiore rispetto alle colture prodotte con altre tecniche. 

Questo approccio “basato sul processo” non riesce a riconoscere che il rischio per una coltura ha poco a che fare con il modo in viene fatta ed ha per lo più a che fare con le caratteristiche che presenta e come viene utilizzato nel campo.

L’’attuale sistema valuta anche i rischi presentati da questi prodotti, ma non riesce a bilanciare questi con i benefici potenzialmente significativi per il produttore, il consumatore e l’ambiente. 

Ciò ha portato ad un processo decisionale unilaterale e ha inviato un messaggio ingannevole all’opinione pubblica  circa il valore potenziale di questi prodotti per l’economia, la società e l’ambiente.

Infine, i regolamenti vigenti impediscono ai membri dell’Ue di prendere le proprie decisioni sul fatto o no di adottare prodotti geneticamente modificati. 

Questo costringe gli Stati membri che sono fondamentalmente contrari alla modificazione genetica a contestare la scienza, esagerando incertezza e travisando il principio di precauzione, nel tentativo di evitare l’autorizzazione in tutta  l’autorizzazione. 

Il risultato di politicizzare in questo modo il processo di valutazione del rischio di è che le applicazioni rimangano prigioniere del sistema per anni o decenni».

 

A Miller ed agli atri parlamentari britannici non sembra nemmeno passare per la mente che ci possano essere politici e scienziati – come la maggioranza dei governi e delle organizzazioni agricole e ambientaliste dell’Ue – che la pensano diversamente da loro, e così il presidente dello Science and Technology Committee rimarca che «un sistema normativo che può richiedere decenni per giungere a una decisione non può assolutamente essere considerato adatto allo scopo.

La recente modifica normativa UeE per consentire ai singoli Paesi per vietare la crescita delle colture geneticamente modificate nei propri territori, senza insistere che gli altri paesi facciano lo stesso, potrebbe potenzialmente contribuire a rompere la situazione di stallo.

Ma non va abbastanza lontano da garantire che altri Stati membri possano accedere a colture che hanno superato il processo di valutazione del rischio.

L’obiettivo del regolamento condiviso dovrebbe essere quello di garantire la protezione reciproca di prodotti non sicuri, non di limitare ingiustificatamente le scelte disponibili per altri governi eletti e dei cittadini che essi rappresentano. 

Per il bene dei nostri agricoltori, dei consumatori e del settore del settore scientifico del Regno Unito, leader mondiale, dobbiamo riportare in patria il potere decisionale nazionale sulla sicurezza alimentare e le colture». 

Anche se l’accordo alla Camera dei Comuni sembra bipartisan e se il ministro dell’agricoltura di Londra, George Eustice, ha detto alla Conferenza della National Farmers’ Union che sugli Ogm è necessaria «una discussione adulta. Dobbiamo avere un approccio scientifico a queste cose. Dovremmo coltivare queste colture, e non dobbiamo permettere ad argomenti non scientifici di confondere il dibattito», governo e opposizione laburista dovranno fare i conti con i governi autonomi di Scozia, Galles e Irlanda del Nord che hanno dichiarato la loro opposizione alle crescenti coltivazioni di OGM.   

Ma soprattutto la Gran Bretagna, che per ora fa parte ancora dell’Unione europea e dà lezioni alla Grecia, non può far finta che Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lussemburgo e Polonia vedano gli alimenti geneticamente modificati come una minaccia per la qualità dei loro prodotti agricoli.

Il rapporto pro-Ogm della Commissione della Camera dei Comuni si conclude sferrando un attacco al principio su cui si basa la cautela sugli organismi geneticamente modificati: «Il principio di precauzione sancito dal diritto comunitario è opportuno nel caso in cui le prove scientifiche siano insufficienti, inconcludenti o incerti. 

O quando vi è motivo di ritenere che potrebbero causare effetti potenzialmente pericolosi per la salute delle piante, dell’ambiente, umana e animale se la  precauzione non venisse esercitata. 

Tuttavia, è chiaro dalle prove fornite al Comitato che queste condizioni non vengono soddisfatte semplicemente perché il raccolto è stato prodotto mediante modificazione genetica. 

Il mantenimento del principio di precauzione in relazione a tutte le colture geneticamente modificate è quindi non più appropriato e agisce come ostacolo al progresso in questo campo». 

Le reazioni non si sono fatte attendere: Peter Melchett, policy director di Soil Association, ha ricordato ai parlamentari filo-Ogm che proprio la ricerca scientifica che vorrebbero tutelare «ha dimostrato che le colture geneticamente modificate potrebbero avere un impatto negativo sulla fauna selvatica.

Nella nostra documentazione  fornita alla commissione, la Soil Association ha ricordato che «Per cinque anni il governo britannico ha speso milioni di sterline, di denaro pubblico, ricercando sia le colture GM che sarebbero utili o dannose per la fauna selvatica britannica.

Questa ricerca ha scoperto che, nel complesso, le colture GM avrebbero un impatto negativo sui terreni agricoli, gli  uccelli, i fiori selvatici ed altri animali selvatici, cosa che la commissione, nonostante la sua enfasi sull’importanza di prove scientifiche, non menziona». 

Anche Liz O’Neill, direttrice di GM Freeze è sconcertata: «Il comitato è pronto a mettere a fuoco i tratti creati dalla modificazione genetica piuttosto che il processo in sé, ma non riesce a riconoscere che le colture in attesa dell’approvazione in Europa condividono tutte i tratti GM che sono associati alla diminuzione della fauna selvatica ed alle fiorenti super-erbacce negli Usa. Attualmente non si possono separare le due cose e,  anche se si potesse, la modificazione genetica non è un “’taglia e incolla” con il DNA.

Molte cose possono andare storte, quindi è del tutto opportuno che le colture prodotte da questo processo complesso debbano essere esaminate con cura prima di essere rilasciate nel nostro ambiente e nei nostri piatti».

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