COMUNICATO STAMPA AGRICOLTURA BIODINAMICA: DISCUSSIONE SURREALE IN SENATO Stefano Zuppello Presidente di Verdi Ambiente e Società, con riguardo alla discussione avvenuta in Senato sulla legge per l’agricoltura biologica ha dichiarato: “Rimaniamo sorpresi da alcune dichiarazioni avvenute in Senato da parte di chi sembra sia davvero poco informato sulle leggi in vigore sulla agricoltura biologica – biodinamica. Infatti la normativa italiana riconosce già l’agricoltura biodinamica. (Cfr. il D. M. 18354, 27 novembre 2009, art. 3, comma 5 “Disposizioni per particolari prodotti utilizzati in agricoltura biologica, biodinamica e convenzionale”) e nell’Allegato 1. 5 include i preparati biodinamici. Dalla prima regolamentazione, avvenuta nel 1991, i regolamenti UE in materia di bioagricoltura includono l’agricoltura biodinamica. Si veda il Reg. Cee 2092/91, All. 1. 2. B, dove le preparazioni biodinamiche sono peraltro definite “appropriate” per l’attivazione del compost. Il successivo e vigente Regolamento UE 834/07 conferma ciò all’articolo 1, comma 2, lettera C e negli allegati. Infine, il nuovo Regolamento UE in materia di bioagricoltura, n. 848, approvato il 30 maggio 2018 e in vigore dal 1 gennaio 2021, conferma la precedente giurisprudenza: all’articolo 3, “Definizioni”, definisce le sostanze “tradizionalmente utilizzate in agricoltura biodinamica” e include i preparati biodinamici nell’elenco delle sostanze dell’agricoltura biologica. Parlare quindi di lobby e di pratiche esoteriche sull’agricoltura biodinamica ci sembra davvero fuori luogo. Basterebbe fare un giro in alcune importanti aziende agricole anche di Roma per vedere che questo tipo di agricoltura viene portata avanti con grande soddisfazione per i risultati che si ottengono per i produttori e per i consumatori”. Roma, 20 maggio 2021
Liberi da OGM
Il 13 gennaio ci dovrebbe essere il parere della Commissione agricoltura della Camera dei 4 decreti proposti dal ministro dell’agricoltura, Teresa Bellanova (Italia Viva), che ricorda un vasto fronte di associazioni, «con il pretesto dell’aggiornamento delle misure fitosanitarie, riorganizza il sistema sementiero nazionale, apre la strada alla diffusione degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) e dei cosiddetti “nuovi” OGM (ottenuti tramite le New Breeding Techniques – NBT)». Acu, Aiab, Altragricoltura Bio, Ari, Associazione Agricoltura Biodinamica, Civiltà Contadina, Coordinamento Zero OGM, Crocevia, Deafal, Égalité, European Consumers, European Coordination Via Campesina, Fair Watch, FederBio; Firab, Greenpeace, Isde, Legambiente; Lipu, Navdanya, Pro Natura, Slow Food, Terra!, Unaapi e Wwf sottolineano in un comunicato congiunto che «già lo scorso 28 dicembre, in sordina e con una seduta a ranghi ridotti per le festività, la Commissione agricoltura del Senato ha espresso parere favorevole sui 4 decreti, che permettono di fatto la sperimentazione in campo non tracciabile di varietà di sementi e materiale di moltiplicazione ottenuti con le “nuove tecniche di miglioramento genetico” (NBT) che, come ha confermato la sentenza del 2018 della Corte Europea di Giustizia, sono a tutti gli effetti OGM e come tali devono sottostare alle normative europee esistenti in materia. Se la Commissione agricoltura della Camera prenderà la stessa decisione di quella del Senato, DOP, IGP, vini di qualità, produzione biologica, prodotti dei territori, varietà locali e tradizionali potranno essere contaminate da prodotti ottenuti con le nuove tecniche di genome editing (NBT) che non saranno etichettati come OGM e quindi saranno irriconoscibili per i consumatori. Ne risulterà che coloro che vorranno prodotti “GMO-free” garantiti, per esempio nell’export, rifiuteranno anche i prodotti etichettati come “non-OGM” per mancanza di certezze. Chi pagherà i danni? Di fatto, con questi decreti, le sanzioni per il rilascio ambientale di OGM sono esigue e, oltre a non avere funzione deterrente, […]
Con un decreto pubblicato nel Diario Oficial de la Federación ed entrato in vigore il primo gennaio, il governo di sinistra del presidente del Messico Andres Manuel Lopez Obrador si è impegnato a bandire entro 3 anni dal suo territorio il mais geneticamente modificato e il contestatissimo erbicida glifosato, suscitando il plauso delle associazioni ambientaliste e le proteste del settore agro-industriale. Nel decreto si legge che le autorità messicane «revocheranno e si asterranno dall’accordare dei permessi per la disseminazione nell’ambiente di sementi geneticamente modificate». Le importazioni di mais OGM saranno gradualmente ridotte fino a che, entro 3 anni, non verrà concesso più nessun permesso. Una misura che, secondo il governo, punta a contribuire alla sovranità alimentare e a proteggere il mais indigeno del Messico, un Paese grande importatore di mais (714.900 tonnellate) che è l’ingrediente base dei messicani. Il glifosato, classificato come probabile cancerogeno dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità sarà progressivamente vietato nei campi del Messico, fino alla sua totale interdizione il 31 gennaio 2024 e gli enti pubblici devono immediatamente astenersi dall’acquistare o utilizzare il glifosato e l’agro-industria deve cercare alternative sostenibili come «i prodotti agrochimici, biologici o organici a bassa tossicità, le pratiche agro-ecologiche o quelle che necessitano di un utilizzo intensivo di manodopera». Greenpeace México esulta e ricorda che «promuovere il divieto in Messico di organismi geneticamente modificati (OGM) noti anche come transgenici è stata oggetto di innumerevoli battaglie negli ultimi 21 anni per Greenpeace México. Greenpeace México, insieme a diverse organizzazioni di agricoltori, consumatori, accademici, ricercatori, artisti e intellettuali, ha denunciato che i transgenici e il loro pacchetto tecnologico causano danni alla salute umana e ambientale». Come gli scienziati hanno verificato in varie ricerche, sia gli OGM che l’erbicida glifosato hanno gravi ripercussioni sugli agricoltori e sulle popolazioni indigene del Messico. A rischio anche […]
Gli Ogm sotto l’albero di Natale? E’ quello che sembrano riservarci i quattro decreti legislativi proposti dal ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova e sui quali la Commissione agricoltura della Camera si esprimerà oggi. Con la motivazione di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento dell’Ue e seguendo un percorso privo di trasparenza, senza il coinvolgimento delle forze politiche, della società civile, degli agricoltori, si vogliono introdurre norme che modificano profondamente il sistema di produzione e commercializzazione delle sementi. Si chiede un parere favorevole alla Commissione parlamentare su una normativa che riguarda «la protezione delle piante dagli organismi nocivi, la produzione e la commercializzazione dei prodotti sementieri, dei materiali di moltiplicazione della vite, delle piante da frutto e ortive». Una commistione di norme che, partendo dalle misure fitosanitarie, arriva a interessare la produzione e la commercializzazione di sementi. Da quando, nel 2018, la Corte di giustizia europea ha stabilito che tutti gli organismi su cui si opera con tecniche di ingegneria genetica vanno considerati alla stregua degli Ogm classici, si è sviluppata una forte pressione da parte delle multinazionali delle sementi e della chimica per consentire la coltivazione di varietà agricole ottenute con la tecnica di ricombinazione genetica (Nbt). E sono appunto le New breeding technique l’oggetto del contendere. I decreti legislativi della ministra Bellanova vanno nella direzione di favorire la produzione e la coltivazione di questi organismi geneticamente modificati. Un ampio fronte di associazioni ambientaliste, organizzazioni dell’agricoltura biologica e contadina denunciano con forza questa operazione. Da FederBio a Slow Food, Acu, Aiab, Ari, Fair Watch Greenpeace, Legambiente, Cambia la Terra, Firab, Isde medici per l’ambiente, Lipu, Pro Natura, Wwf, Coordinamento europeo via campesina, hanno preso posizione con un appello rivolto al governo e alle regioni perché non c’è nessuna necessità di adeguamento alle norme europee in quanto esse non […]
Domani, 22 dicembre, la Commissione agricoltura della Camera dovrà dare il parere su 4 decreti proposti dalla ministro delle politiche agricole e forestali, Teresa Bellanova, che «con il pretesto dell’aggiornamento delle misure fitosanitarie, riorganizza il sistema sementiero nazionale, apre la strada alla diffusione degli Organismi Geneticamente Modificati (Ogm) e dei cosiddetti “nuovi” Ogm (New Breeding Techniques – Nbt)». Secondo una sentenza della Corte di giustizia europea nel 2018, le Nbt, ottenute con tecniche di ingegneria genetica del taglia e cuci, vanno considerate alla stregua degli altri Ogm in quanto ad oggi non risulta dimostrato che questi nuovi Ogm non presentino un rischio per l’agricoltura, l’ambiente e la biodiversità. La decisione dell’Italia di aprire ai vecchi e nuovi Ogm arriverebbe mentre in Europa il Parlamento, con forte maggioranza e per la 50a volta dal 2015, si è opposto all’importazione di 5 nuovi Ogm (GM soybean MON 87751 × MON 87701 × MON 87708 × MON 89788: 472/194/30, GM maize MON 87427 × MON 89034 × MIR162 × MON 87411: 488/186/22, GM maize MIR604: 489/185/22, GM maize 88017: 489/185/22, GM maize 89034: 490/184/22). A lanciare l’allarme è un ampio fronte di associazioni – Acu, Aiab, Ari, Fair Watch, Federbio, Firab, Greenpeace, Isde, Legambiente, Lipu, Pro Natura, Slow Food, Wwf, Coordinamento Europeo Via Campesina – che denuncia: «Senza un confronto pubblico con le Organizzazioni contadine, né con le Associazioni dell’agricoltura biologica né ambientaliste, ma forse solo con le organizzazioni professionali agricole che sono anche proprietarie di imprese sementiere, il Mipaaf chiede alla Commissione parlamentare un parere positivo sui 4 decreti legislativi relativi al Servizio fitosanitario nazionale, alla riorganizzazione del settore delle sementi, dei materiali di moltiplicazione dei fruttiferi e delle ortive e della vite. E’ noto a tutti che, relativamente alla riorganizzazione del sistema sementiero nazionale, non c’è nessuna necessità di adeguamento a norme […]
(Articolo di Manlio Masucci, pubblicato con questo titolo il 10 dicembre 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)
Si può criticare l’uso di pesticidi? Si può dire e scrivere che possono essere tossici, come afferma la scienza? Si possono promuovere campagne contro il loro uso, seppure ammesso dalla normativa? E si possono (ancora) organizzare referendum per dire basta ai pesticidi, come hanno fatto nel 2014 a Malles, in provincia di Bolzano? DAI CAMPI DI MELICOLTURA intensiva dell’Alto Adige il dibattito approda al tribunale di Bolzano dove il 15 settembre inizia il processo per diffamazione dell’agricoltura altoatesina nei confronti di Karl Bär, referente per la politica agricola dell’Umweltinstitut, un’associazione ambientalista di Monaco di Baviera. A portarlo in tribunale è stato Arnold Schuler, assessore all’Agricoltura e fino a qualche settimana fa anche vicepresidente della provincia di Bolzano (si è dovuto dimettere perché era tra i furbetti del bonus 600€), insieme con 1.367 agricoltori. A SCHULER NON E’ ANDATA giù né la campagna web Pestizidtirol, condotta dall’Umweltinstitut né un manifesto apparso nella metropolitana di Monaco che denunciava l’uso massiccio dei pesticidi nei frutteti dell’Alto Adige, utilizzando lo stile e il logo della campagna di marketing turistico altoatesino. «Il problema non sono le critiche costruttive, ben vengano – ribatte l’assessore Schuler – noi abbiamo sporto querela perché sono state fatte dichiarazioni come omicidio volontario e altre che per noi sono inaccettabili». Di diffamazione Schuler e gli agricoltori hanno accusato anche lo scrittore e regista Alexander Schiebel, autore di Das Wunder von Mals (Il miracolo di Malles), un libro e un documentario che raccontano la mobilitazione per il referendum, insieme a Jacob Radloff, amministratore delegato della sua casa editrice Oekom. Per quest’ultimo la Procura aveva chiesto l’archiviazione, ma Schuler ha presentato appello. A DIFENDERE L’ATTIVISTA E LO SCRITTORE, a cui Slow Food ha espresso solidarietà, sarà l’avvocato Nicola Canestrini che, in una conferenza stampa, è passato al contrattacco parlando di queste azioni penali come di […]
Greenpeace ha annunciato oggi di aver sviluppato, insieme a un gruppo di associazioni impegnate sul tema degli OGM e a un’azienda della grande distribuzione organizzata – un consorzio guidato da John Fagan dell’Health Research Institute (Iowa, USA). È stata finanziata da: Greenpeace Ue e Greenpeace Germania; Sustainability Council of New Zealand; associazione per il cibo non-OGM (VLOG – Germany); ARGE Gentechnik-frei (Austria); Non-GMO Project (USA); the Organic and Natural Health Association (USA); l’associazione per il cibo e l’agricoltura biologica IFOAM Organics Europe; la catena di supermercati SPAR Austria – «il primo metodo open source in grado di rilevare in laboratorio colture che sono state geneticamente modificate tramite le nuove tecniche di editing genetico», sviluppata utilizzando l’editing genetico, e che è in grado di rilevare una colza OGM resistente agli erbicidi che è stata. Consente ai Paesi Ue di effettuare controlli in modo che questa coltura OGM, non autorizzata secondo la normativa vigente in Ue, non entri illegalmente nelle filiere alimentari e mangimistiche europee. Fino ad ora, i Paesi dell’Ue non avevamo modo di rilevare la presenza di questa colza OGM coltivata in alcune parti degli Stati Uniti e del Canada, tra quella importata. Il nuovo studio “A Real-Time Quantitative PCR Method Specific for Detection and Quantification of the First Commercialized Genome-Edited Plant2, pubblicato su Foods da ricercatori di Health Research Institute, Somagenics e Sustainability Council of New Zealand, illustra il nuovo metodo e greenpeace dice che «confuta le affermazioni delle industrie biotech e di alcuni enti regolatori secondo cui i nuovi prodotti geneticamente modificati (OGM) ottenuti tramite editing genetico sarebbero indistinguibili da colture simili non-OGM e per questo non possono essere regolamentate secondo la normativa in vigore sugli OGM». Inoltre, il nuovo metodo consente alle aziende alimentari, alla GDO, agli enti di certificazione e agli ispettorati nazionali per la sicurezza alimentare di verificare che i prodotti non contengano questo tipo di colza […]
Il glifosato, il pesticida più utilizzato in campo agricolo, ritorna al centro dell’attenzione. La Bayer ha accettato il pagamento di più di 10 miliardi di dollari per chiudere migliaia di procedimenti giudiziari per danni alla salute causate dall’erbicida. L’accordo si riferisce a 95 mila delle 125 mila denunce avviate in questi anni nei tribunali degli Stati Uniti contro la Monsanto, acquistata nel 2018 dalla Bayer, ritenuta responsabile di aver immesso sul mercato a partire dagli anni ‘70 il Roundup, erbicida che contiene come principio attivo il glifosato. L’accordo chiude solo il 75% dei contenziosi legali e sono 30 mila le persone che lo hanno rifiutato. QUELLA DELLA BAYER è stata una scelta obbligata dopo che, in tre distinti processi, i tribunali americani avevano condannato la multinazionale al risarcimento delle persone colpite per un totale di 191 milioni di dollari. La Bayer ha anche comunicato di aver accettato il pagamento di 820 milioni di dollari come risarcimento per i danni ambientali provocati dall’uso dei policlorobifenili (PCB), sostanze altamente tossiche presenti in alcuni prodotti forniti dalla Monsanto, e 400 milioni di dollari per i danni causati da un altro diserbante, il dicamba. INTORNO AL GLIFOSATO SI GIOCA una partita che ha enormi implicazioni su piano sanitario, ambientale ed economico. Ogni anno si spendono a livello mondiale 5 miliardi di dollari per acquistare prodotti a base di glifosato e la sua messa al bando non è una operazione semplice. Nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha inserito il glifosato tra le sostanze «probabilmente cancerogene». Eppure, nel 2017 la Commissione europea ne ha prorogato l’uso per altri 5 anni. COSA ACCADRA’ NEL 2022 ALLA SCADENZA della proroga? La Corte di giustizia europea nell’ottobre 2019, dopo che un tribunale francese aveva chiesto chiarimenti sulla normativa che regola l’impiego dell’erbicida, ha sentenziato che «non […]
A confermare che i prodotti biologici hanno un effetto positivo sulla salute arriva un’altra review scientifica: «A Systematic Review of Organic Versus Conventional Food Consumption: Is There a Measurable Benefit on Human Health?», pubblicata sulla rivista Nutrients. La cosa sconcertante è che Efsa dica il contrario secondo i risultati di due sue recenti valutazioni pilota. Secondo l’Agenzia, i rischi per l’uomo connessi alla presenza di pesticidi multipli sarebbero «con diversi gradi di certezza, inferiori alla soglia che fa scattare meccanismi normativi per tutte le fasce di popolazione interessate». Affermazioni sorprendenti che arrivano con uno strano tempismo. Proprio in questo periodo di emergenza sanitaria si discute infatti di revisione di modelli produttivi dannosi per ambiente e salute umana e si fa strada il concetto di One Health, che prevede un approccio multiattoriale, nel perseguimento di obiettivi di salute pubblica da utilizzarsi anche in campo agroalimentare e zootecnico. Come sottolinea Renata Alleva Ph.D, dottore di ricerca in Biochimica, specialista in Scienza dell’Alimentazione e membro del comitato scientifico Isde, consultata da Aiab in proposito, «molti degli studi pubblicati e citati nella review, hanno dimostrato come il consumo di prodotti biologici protegga dall’esposizione a pesticidi neurotossici o cancerogeni, a metalli cancerogeni come il cadmio e a fertilizzanti sintetici. Troppo spesso abbiamo osservato che più di un pesticida sia stato messo al bando dopo tanti anni dalla sua immissione in commercio per accertati effetti sulla salute. Un esempio passato è il Ddt e uno molto recente il clorpirifos, un insetticida diffusamente utilizzato nella frutticoltura in Italia e nell’Europa, bandito dall’Efsa da gennaio 2020, perché ritenuto neurotossico, genotossico e pericoloso proprio per i bambini. Molti studi scientifici pubblicati in riviste scientifiche internazionali, che avevano come obiettivo di valutare l’esposizione a pesticidi, hanno trovato spesso il clorpirifos nelle urine di bambini e adulti esposti sia attraverso […]