Su questo stesso sito il 4 aprile 2015 è stato pubblicato un articolo dal titolo “I nazareni della Toscana”, che riportava la riflessione a carattere “politico” di Alberto Asor Rosa sulla approvazione del Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico. (http://www.vasonlus.it/?p=13117#more-13117).
Ha voluto replicare al suddetto articolo lo stesso Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, con il seguente articolo pubblicato il 5 aprile 2015 su “Il Manifesto”.
Il piano del paesaggio, una vittoria per la sinistra
Ho letto con interesse il recente articolo di Asor Rosa (I nazareni della Toscana), che ricostruisce le ultime fasi d’approvazione del nostro piano del paesaggio.
Anch’io sono certo che la sua adozione sia stata una grande vittoria; una scelta lungimirante, che ha messo al sicuro la Toscana e che rappresenta un passo avanti esemplare nella tutela dei beni culturali e paesaggistici, in grado di segnare la rotta per il resto del paese.
Asor Rosa intesta — con buoni argomenti — una parte del successo alla pressione mediatica e sociale.
Petizioni, appelli di autorevoli intellettuali, interventi sulla grande stampa di associazioni come Italia Nostra, Fai, Legambiente e altri.
Tutto vero e utile.
Io stesso ho risposto a oltre 5mila lettere di cittadini preoccupati, che chiedevano garanzie e rassicurazioni.
Tutto questo ha prodotto un concorso di idee e passione civile che ancora una volta pone al centro del dibattito e della «questione democratica» i temi della partecipazione, della rappresentanza e dei beni comuni.
Tuttavia un fatto resta indiscutibile: siamo l’unica Regione ad aver approvato il piano del paesaggio, in un dibattito a tratti aspro, ma con uno sforzo collettivo capace di andare fino in fondo.
E questo dopo un lavoro lungo quattro anni, che ha visto integrarsi università, uffici regionali, politica e rete dei comitati, in un inedito sforzo di ricomposizione tra quelli che Gramsci chiamava «intellettuali» e «popolo».
Avevamo anche il dovere di copianificare tutto con il Ministero e non ci siamo sottratti.
Per me è stato un onore scrivere un emendamento che è stato condiviso dal Ministero e votato dal Consiglio regionale.
Quello che sembrava un cortocircuito tra federalismo e centralismo si è rivelato un successo istituzionale, rispetto al quale i retroscena sui ’nazareni’ e le ’larghe intese’ appaiono davvero irrilevanti. Il nostro piano rappresenta la conclusione di un percorso di leggi e interventi di governo del territorio, che hanno reso la Toscana una delle regioni più protette d’Europa.
Leggi discusse e approvate nello stesso Consiglio ingiustamente messo in ombra dalle cronache.
Mi riferisco allo stop all’edificazione in tutte le aree a rischio idraulico, al consumo zero di suolo, alla ripubblicizzazione delle cave Apuane, alla messa in sicurezza del sistema idrogeologico.
Piuttosto che «relazioni pericolose» tra maggioranza e opposizione, nel corso dei mesi ho assistito a opposti estremismi: quello di chi voleva continuare ad avere le mani libere e di chi invece quello di chi voleva frenare ogni sviluppo.
Un paesaggio che è nato da secolare armonia tra lavoro e elementi naturali, vive e si rigenera solo nella salvaguardia di questa relazione, non nella sua scissione e separazione.
D’altro canto la dialettica e la sintesi restano a mio giudizio la principale risorsa della politica.
Una Toscana imbalsamata finirebbe per perdere la capacità di emancipazione e avanzamento sociale, che viene dai distretti produttivi, dalle reti infrastrutturali e dalla valorizzazione del capitale umano.
Nella nostra regione ci sono circa 200 mila disoccupati e ogni anno 6.500 ragazzi abbandonano gli studi.
Dobbiamo costruire le condizioni per incentivare opportunità di lavoro e investimento produttivo.
Non si può chiedere tutto alla rendita immobiliare o al turismo: sarebbe insostenibile anche sul piano ambientale. Occorrono lavoro, formazione, ricerca e produzioni di qualità.
Come stiamo cercando di fare con infrastrutture e bonifiche sulla costa, da Piombino a Livorno fino a Massa.
Seguo e osservo con grande interesse quello che accade nella sinistra italiana e sono certo che la crisi dei corpi intermedi e dei partiti impone il dovere di allargare lo spettro della rappresentanza, della discussione e della decisione politica.
Sono grato ai comitati di cittadini impegnati da anni nelle battaglie ambientali e civili.
Asor Rosa ha scritto che il voto è uno strumento di influenza democratica e dovrà essere usato con intelligenza, indirizzandolo verso i problemi e le soluzioni concrete.
Credo che con il Piano del Paesaggio anche in Toscana possiamo contribuire alla ricomposizione delle forze progressiste e delle culture della sinistra.
Ci sono tutte le premesse.
Tra le molte possibilità anche il voto disgiunto, consentito dalle regole e dall’offerta politica.
Esso rappresenta un’opportunità per tutti coloro che sono disposti a superare gli steccati davanti alla concretezza delle sfide.
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L’articolo è stato pubblicato anche su “Eddyburg” con la seguente postilla di Edoardo Salzano.
Il presidente della Toscana ha indubbiamente svolto un ruolo di eccezionale rilievo nel «percorso di leggi e interventi di governo del territorio, che hanno reso la Toscana una delle regioni più protette d’Europa», e – secondo le cronache – è stato decisivo nel condurre il piano paesaggistico fuori dalle secche in cui i rappresentanti del “partito unico del cemento” lo avevano condotto.
Benché zoppicante e reso più fragile il piano è stato approvato con la sua paziente mediazione.
Ha ragione di essere soddisfatto del suo lavoro.
Tuttavia il suo intervento contiene una inesattezza e una forzatura.
Come “persona informata dei fatti” devo fare due osservazioni.
Non è esatto affermare che quello della Toscana è il primo piano paesaggistico approvato.
Nel 2006 è entrato in vigore (e lo è tuttora) il piano paesaggistica della Regione Sardegna, grazie all’iniziativa e alla costante azione del suo presidente Renato Soru.
Ed è secondo me una forzatura affermare che nella vicenda del piano toscano si siano manifestati due «opposti estremismi», uno dei quali sarebbe «quello di chi voleva frenare ogni sviluppo».
Eddyburg ha seguito con molta attenzione la vicenda, ma posizioni che volessero frenare “ogni sviluppo” non le abbiamo trovate. (e.s.)
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Sempre su “Eddyburg” il 6 aprile 2015 è stato pubblicato un articolo di Paolo Baldeschi che ha voluto commentare a sua volta le valutazioni politiche del Presidente Enrico Rossi.
A proposito della proposta politica di Enrico Rossi
Alberto Asor Rosa, nel suo “I nazareni della Toscana“, indica con lucidità le scelte fondamentali che dovrebbero essere soddisfatte dal prossimo governo della Toscana se vuole dirsi di sinistra e se vuole onorare l’approvazione del Piano paesaggistico.
L’intervento del Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, anche se risponde solo in parte e omette di replicare alle critiche, contiene una serie di dichiarazioni e proposte condivisibili e si segnala anche per un approfondimento e uno stile del tutto desueti nelle acrimoniose polemiche dei consiglieri regionali del Pd.
Inconsueti, inoltre, sia il contenuto, sia il tono delle parole con cui Rossi esprime apprezzamento di quanto hanno fatto i vituperati (da altri) intellettuali, opinionisti e giornalisti per sostenere le buone ragioni del Piano paesaggistico, di cui il Pd nel consiglio regionale aveva proposto lo stravolgimento (un dato che non può essere sottovalutato e su cui Rossi tace).
Il succo ‘politico’ delle dichiarazioni di Rossi, sta nelle ultime frasi, in particolare quando il Presidente afferma: “sono certo che la crisi dei corpi intermedi e dei partiti impone il dovere di allargare lo spettro della rappresentanza, della discussione e della decisione politica.
Sono grato ai comitati di cittadini impegnati da anni nelle battaglie ambientali e civili“.
E subito dopo: “credo che con il Piano del Paesaggio anche in Toscana possiamo contribuire alla ricomposizionee delle forze progressiste e delle culture della sinistra.
Ci sono tutte le premesse.
Tra le molte possibilità anche il voto disgiunto, consentito dalle regole e dall’offerta politica“.
Rossi, a quanto sembra, invita gli elettori di sinistra che non voteranno né Pd né Grillo, ma più probabilmente altre liste, a esprimere comunque un voto a suo favore.
Dobbiamo prendere sul serio la proposta di Rossi o si tratta solo di un brillante escamotage per porre fine a una polemica?
Proviamo a prenderla sul serio.
La risposta potrebbe essere la seguente.
Caro Presidente, quanto lei scrive è indubbiamente di grande importanza e siamo soddisfatti che abbia riconosciuto il ruolo positivo di associazioni ambientaliste e comitati nelle vicende del Piano paesaggistico e più in generale nella tutela del territorio toscano.
L’unico appunto è che nel suo intervento sia riproposta la teoria degli “opposti estremismi”, intesi come contrapposizione tra un’imprenditoria di rapina che pretende di avere le mani totalmente libere e un ambientalismo ‘imbalsamatore’ che vuole frenare ogni sviluppo.
Lei sa bene che gli ambientalisti e i comitati vogliono arrestare – non basta frenare – lo sviluppo distruttivo e vogliono supportare, nei limiti delle loro possibilità, quello che crea lavoro, tanto meglio se qualificato, come lei stesso dice.
Ma torniamo alla sua proposta che indica come possibile una ricomposizione delle forze progressiste e della cultura della sinistra e all’ipotesi di un possibile voto disgiunto.
L’una cosa si lega all’altra.
In effetti, potrebbe essere la gestione del Piano paesaggistico a costituire il vero e proprio banco di prova di questa proposta, ma il dubbio è il seguente: lei è sicuro che sarà seguito su questa strada dal suo partito?
E che un modello di governo toscano un po’ eccentrico rispetto a quello nazionale sarà supportato, o per lo meno non ostacolato, dagli organismi centrali del Pd?
Occorrerebbe una buona dose di intelligenza politica per non essere pregiudizialmente contrari a un esperimento di questo tipo, capire i vantaggi di una certa ‘biodiversità politica’ e non pretendere, perciò, l’omologazione di ogni realtà regionale.
Ma questa intelligenza esiste?
Si tratta, Presidente, del primo nodo critico che deve essere superato perché la ‘ricomposizione’ che lei prospetta sia fattibile.
Il secondo è conseguente: se lei si candida come Presidente anche per chi, da sinistra, non vota il suo partito, deve per coerenza, una volta eletto, formare un governo regionale e una giunta che includano queste forze di sinistra.
Lo farà, anche se lei – di nuovo Presidente – disporrà di una maggioranza assoluta nel consiglio regionale e non avrà bisogno di allargare “lo spettro della rappresentanza e della decisione politica“?
Sono domande cruciali per coloro che vogliono prendere sul serio quanto lei ha scritto.