Nessun vincolo. Si può mutare la destinazione d’uso di qualsiasi immobile legittimamente edificato. Che sia connesso o meno a alla realizzazione di opere edilizie, qualunque edificio del centro storico può essere trasformato in una struttura turistico-alberghiera. Lo stabilisce una legge della Regione. Spinto ai suoi limiti più estremi, è piuttosto il trionfo della deregulation. In inglese si dice così e da noi si ripete pari pari, forse anche per non farsi capire da tutti. Del resto, la traduzione in italiano non è il massimo. Si parla di deregolazione, oppure di deregolamentazione per indicare un processo vasto. Comporta l’allentamento dei controlli e delle restrizioni in economia come in urbanistica, con l’obiettivo di incoraggiare l’iniziativa, specialmente quella privata, confidando in una sorta di autoregolamentazione interna al sistema che promuove queste pratiche. Il dibattito, in realtà, va avanti da decenni ormai, perché spesso i mercati liberi da controlli hanno finito per rendere subalterno lo stato di diritto al mercato. Poche regole, significa anche far west. Con tanti saluti alla ricchezza del Bel Paese, faro di civiltà e attrattore da secoli dei visitatori del mondo intero, per ragioni storiche ben precise. Basterebbe citare la prescrizione del poliedrico genio del Rinascimento italiano dal quale tutta la cultura urbanistica occidentale ha tratto nutrimento. Si trova nel De re aedificatoria, opera alla quale Leon Battista Alberti lavorò fino alla morte, nel 1472. Un trattato in cui, già nel Prologo, si sottolinea decisamente il legame tra attività progettuali, costruttive e convivenza civile: “a riunire e mantenere insieme gli esseri umani“. Da allora, la ricerca di una finalità sociale e di un giustificazione morale è entrata nel centro dello statuto e della riflessione urbanistica in tutto il mondo. Quanto però si coniuga a questa esigenza di convivenza civile la legge regionale n. 5 del 4 marzo 2016 – […]