Referendum – Conoscere per votare: come cambia la potestà legislativa delle Regioni

 

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Il Testo degli articoli della Costituzione italiana che disciplinavano i rapporti tra Stato e Regioni prima delle riforme del 1999-2001 era il seguente.

Art. 117

«La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni:

– ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;

– circoscrizioni comunali;

– polizia locale urbana e rurale;

– fiere e mercati;

– beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera;

– istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;

– musei e biblioteche di enti locali;

– urbanistica;

– turismo ed industria alberghiera;

– tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale;

– viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;

– navigazione e porti lacuali;

– acque minerali e termali;

– cave e torbiere;

– caccia;

– pesca nelle acque interne;

– agricoltura e foreste;

– artigianato;

– altre materie indicate da leggi costituzionali.

Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».

Art. 118

«Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali.

Lo Stato può con legge delegare alla Regione l’esercizio di altre funzioni amministrative. 

La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici».

A seguito della riforma operata con la legge costituzionale n.3del 18 ottobre 2001 «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione») (Gazz. Uff. n. 248 del 24 ottobre 2001), il Testo attualmente vigente della Costituzione è diventato il seguente.

«Art. 117

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. 

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea;

diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario;

sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione

delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull’istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e

Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico

dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;

s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. 

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:

– rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;

– commercio con l’estero;

– tutela e sicurezza del lavoro;

– istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;

– professioni;

– ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;

– tutela della salute;

– alimentazione;

– ordinamento sportivo;

– protezione civile;

– governo del territorio;

– porti e aeroporti civili;

– grandi reti di trasporto e di navigazione;

– ordinamento della comunicazione;

– produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;

– previdenza complementare e integrativa;

– coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

– valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione

di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;

– enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.  

Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princıpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. 

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. 

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.»

Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, riguardo al Capo IV della Costituzione, relativo alle “MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE SECONDA DELLA COSTITUZIONE” prevedeva una serie di modifiche riguardante l’art. 117 della Costituzione, contenuta all’art. 26.

 CAPO IV

 MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE SECONDA DELLA COSTITUZIONE

 Art. 26.

(Modificazioni all’articolo 117

della Costituzione)

 

1. All’articolo 117, primo comma, della Costituzione, la parola: «comunitario» è sostituita dalle seguenti: «dell’Unione europea».

2. …..

 3. All’articolo 117 della Costituzione, i commi terzo e quarto sono sostituiti dai seguenti: «Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia e funzione non espressamente riservata alla legislazione esclusiva dello Stato, con particolare riferimento alla pianificazione e alla dotazione infrastrutturale del territorio regionale e alla mobilità al suo interno, all’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese, dei servizi sociali e sanitari e, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, dei servizi scolastici, nonché all’istruzione e formazione professionale.

Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale.  

Con legge dello Stato, approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati, l’esercizio della funzione legislativa, in materie o funzioni di competenza esclusiva statale, ad esclusione di quelle previste dal secondo comma, lettere h), salva la polizia amministrativa locale, i) e l), salva l’organizzazione della giustizia di pace, può essere delegato ad una o più Regioni, anche su richiesta delle stesse e per un tempo limitato, previa intesa con le Regioni interessate.  

In tali casi la legge disciplina l’esercizio delle funzioni amministrative nel rispetto dei principi di cui agli articoli 118 e 119».

 Nella relazione al disegno di legge l’abrogazione è stata spiegata nel seguente modo: «L’articolo 26 modifica l’articolo 117 della Costituzione.

…….

Venendo alle scelte di razionalizzazione e semplificazione del sistema, l’articolo 26 del disegno di legge prevede, in primo luogo, la soppressione dell’elenco di materie in cui concorrono la competenza legislativa dello Stato e quella delle regioni e la ridefinizione dell’ambito della competenza esclusiva statale oltre il quale si estende la competenza regionale.

…………..

Tra di esse vi sono, per un verso, i limiti della configurazione delle materie oggetto di competenza concorrente, per l’altro la constatazione che le stesse forme più accentuate di autonomia legislativa regionale non si sottraggono alla forza espansiva e all’azione trasversale di competenze assegnate allo Stato ai sensi del vigente articolo 117, secondo comma, della Costituzione.

Ancora, se la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni si avvale in alcuni casi del criterio dell’identificazione della materia, per altri casi la formulazione del citato articolo 117 non consente una puntuale identificazione di ambiti oggettivi.

L’esempio più evidente dei limiti dell’elenco delle materie di competenza concorrente — e più rilevante nell’attuale contesto di crisi economica per i suoi riflessi finanziari — è costituito dal coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, trasferito dal disegno di legge dalla competenza concorrente a quella esclusiva, includendolo nella lettera e) del secondo comma dell’articolo 117.

….

Di conseguenza, alle regioni spetta la competenza legislativa in materia di valorizzazione dei beni di non appartenenza statale, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dal legislatore nazionale (come previsto anche dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, che detta numerose disposizioni in materia di fruizione e di valorizzazione).

Viene quindi semplificato il riparto di competenze legislative tra Stato e regioni, ponendo l’accento in tal caso sulla materia «beni culturali e paesaggistici» piuttosto che sulle funzioni, anche in considerazione del fatto che la tutela del patrimonio storico e artistico è compito affidato alla Repubblica.

…..

Come accennato, a fronte della revisione degli ambiti di competenza esclusiva dello Stato e della soppressione dell’elenco di materie di competenza concorrente, con il nuovo terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione, l’esercizio della potestà legislativa delle regioni è previsto non solo per tutte le altre materie o funzioni non espressamente riservate alla legislazione esclusiva dello Stato, ma, secondo la più volte citata prospettiva finalistica che si è inteso adottare, viene riferito agli ambiti funzionali «propri» della legislazione regionale.

Tali ambiti sono indicati, in modo non tassativo, con riguardo alla pianificazione e alla dotazione infrastrutturale del territorio regionale e alla mobilità al suo interno, all’organizzazione dei servizi alle imprese, dei servizi sociali e sanitari e, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, dei servizi scolastici, nonché all’istruzione e formazione professionale.

Sono, questi, i principali settori in cui il legislatore regionale potrà definire sistemi normativi tesi alla valorizzazione delle specificità dei territori, ma coerenti con gli indirizzi dettati dal legislatore statale all’esito di un procedimento legislativo in cui l’intervento del Senato delle Autonomie è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale.»

Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.

Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quelli dedicati alle modifiche suddette sono diventati l’articolo 31 che ha il seguente testo:

Art. 31. 

(Modifica dell’articolo 117 della Costituzione). 

1. L’articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 117. – La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.

….

 Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

 Con riferimento all’art. 117 sulla potestà legislativa delle Regioni le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) dedicano un apposito paragrafo all’argomento e riportano le seguenti precisazioni: «L’articolo 31 riscrive ampiamente l’articolo 117 della Costituzione, in tema di riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e regioni.

Nel comples­so l’intervento di riforma determina l’ampliamento delle materie di competenza esclusiva dello Stato, la soppressione della competenza concorrente tra Stato e Regioni e l’individuazione di materie di competenza legislativa regionale.

Nell’ambito della competenza esclusiva statale, l’elenco delle materie è ampliato e modificato e sono enucleati casi che potrebbero definirsi di competenza esclusiva “attenuata”, in quanto l’intervento del legislatore statale è circoscritto ad ambiti determinati (quali “disposizioni generali e comuni” o “disposizioni di principio”).

La soppressione della competenza concorrente tra Stato e Regioni, determina la redistribuzione delle materie tra competenza esclusiva statale e competenza re­gionale, con una preponderanza della prima.

Nell’ambito della competenza regionale, una novità appare l’individuazione di specifiche materie attribuite a tale competenza.

Tali materie si aggiungono alla competenza regionale che, allo stato, è individuata solo in via residuale (essendo ascrivibili ad essa tutte le materie non espressamente riservate alla competenza statale).

….

La soppressione della competenza concorrente

Una delle principali novità del nuovo riparto di competenze legislative con­siste nella soppressione della competenza concorrente tra Stato e regioni.

In base all’art. 117 attualmente vigente, nelle materie di competenza concorrente “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamenta­li, riservata alla legislazione dello Stato” (terzo comma).

Peraltro, la distinzione tra principi fondamentali e norme di dettaglio, che costituisce il discrimen tra competenza statale e competenza regionale, appare ben chiara in linea astratta ma comporta non pochi problemi interpretativi una volta calata sul piano concreto delle singole e specifiche disposizioni.

In linea generale, il vaglio di costituzionalità, che deve verificare il rispetto del rapporto tra normativa di principio e normativa di dettaglio, “va inteso nel senso che l’una è volta a pre­scrivere criteri e obiettivi, mentre all’altra spetta l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi” (sentenze 46/2016, n. 272/2013, n. 16/2010, n. 237 del 2009 e n. 181 del 2006).

Peraltro, il carattere di principio di una norma non è esclu­so, di per sé, dalla specificità delle prescrizioni, qualora la norma «risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione» (sentenze n. 38/2016, n. 44/2014, n. 23/2014, n. 16/2010, n. 237/2009, n. 430/2007).

È sul piano concreto, come detto, che insorgono le maggiori difficoltà interpretative, in quanto, secondo la giurisprudenza costituzionale, la nozione di principio fondamentale “non ha e non può avere caratteri di rigidità e di universalità, perché le “materie” hanno di­versi livelli di definizione che possono mutare nel tempo.

È il legislatore che opera le scelte che ritiene opportune, regolando ciascuna materia sulla base di criteri normativi essenziali che l’interprete deve valutare nella loro obiettività.” (sentenza n. 50/2005).

Ne consegue che “l’ampiezza e l’area di operatività dei principî fondamentali […] non possono essere individuate in modo aprioristico e valido per ogni possibile tipologia di disciplina normati­va.

Esse, infatti, devono necessariamente essere calate nelle specifiche realtà normative cui afferiscono e devono tenere conto, in modo particolare, degli aspetti peculiari con cui tali realtà si presentano” (sentenza n. 336/2005).

Dunque “nella dinamica dei rapporti tra Stato e Regioni, la stessa nozione di principio fondamentale non può essere cristallizzata in una formula valida in ogni circostanza, ma deve tenere conto del contesto, del momento con­giunturale in relazione ai quali l’accertamento va compiuto e della peculiarità della materia” (sentenze n. 23/2014, n. 16/2010).

Nel nuovo articolo 117, le materie attualmente di competenza concorrente sono in massima parte attribuite alla competenza esclusiva statale (nuovo art. 117, se­condo comma).

Nell’ambito delle materie di competenza esclusiva dello Stato, può peraltro de­linearsi una distinzione tra:

materie di competenza esclusiva integralmente attribuite a tale competenza (competenza esclusiva “piena”);

materie di competenza esclusiva in cui la competenza statale appare limitata a determinati ambiti (competenza esclusiva “attenuata”).

……………………….

Nello specifico, tra le materie attualmente attribuite alla competenza concor­rente, sono integralmente attribuite alle competenza esclusiva statale le seguenti:

coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (salvo per gli spe­cifici profili inerenti alla regolazione in ambito regionale delle relazioni fi­nanziarie tra enti territoriali ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica);

previdenza complementare e integrativa;

tutela e sicurezza del lavoro;

commercio con l’estero;

ordinamento sportivo;

ordinamento delle professioni;

ordinamento della comunicazione;

produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia.

Per le seguenti materie attualmente di competenza concorrente, è operata la seguente distinzione:

la tutela della salute, così ripartita: le disposizioni generali e comuni per la tutela della salute spettano alla com­petenza esclusiva statale;

la programmazione e organizzazione dei servizi sanitari è ascritta alla com­petenza regionale;

la promozione e organizzazione di attività culturali, così ripartita:

è attribuita allo Stato la competenza legislativa esclusiva per la definizione delle disposizioni generali e comuni sulle attività culturali;

è riconosciuta alle regioni la competenza legislativa per la disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali.

• le materie governo del territorio, porti e aeroporti civili e grandi reti di trasporto e di navigazione, così ripartite: sono ascritte alla competenza esclusiva dello Stato le materie disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; infrastrutture strategiche (mate­ria peraltro non nominata nel testo vigente dell’art. 117) e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale ed internazionale;

alla competenza delle regioni sono invece ricondotte le materie pianifica­zione del territorio regionale e mobilità al suo interno e dotazione infrastrut­turale;

• la protezione civile è attribuita alla competenza esclusiva statale, in cui è peraltro individuata come sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;

• la ricerca scientifica e tecnologica è attribuita alla competenza esclusiva statale, in cui è peraltro individuata come programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;

• l’alimentazione è attribuita alla competenza esclusiva statale per ciò che attiene alle disposizioni generali e comuni per la sicurezza alimentare;

• con riferimento alla materia sostegno all’innovazione per i settori produttivi, è ascritta alla competenza regionale la promozione dello sviluppo economico locale e l’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese. Per altre materie, per le quali già nell’attuale sistema vi è una coesistenza tra profili di competenza statale e profili di competenza regionale, vi è una riscrittura delle relative denominazioni, spesso con un’enunciazione più ampia dei contenuti, che sono poi redistribuiti tra competenza esclusiva statale e competenza regionale.

Ciò vale, in particolare, per le competenze in materia di istruzione e di beni culturali.

Per quanto riguarda l’istruzione, l’art. 117 vigente annovera le norme generali sull’istruzione tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, mentre attri­buisce alla competenza concorrente l’“istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”, la quale ultima rientra, dunque, nella competenza residuale regionale (per la ricerca scien­tifica e tecnologica, si veda quanto detto supra).

L’art. 117, come modificato dal testo di legge costituzionale:

attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di dispo­sizioni generali e comuni sull’istruzione, in materia di ordinamento scolastico e istruzione universitaria, e in materia di disposizioni generali e comuni sull’i­struzione e formazione professionale;

attribuisce alle regioni, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, la com­petenza legislativa in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario e di organizzazione in ambito regionale dei servizi della formazione professionale.

In materia di beni culturali, il testo attualmente vigente dell’articolo 117 an­novera la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione dei beni culturali e ambientali rientra tra le materie di le­gislazione concorrente.

Nell’assetto delineato dal testo di legge in esame:

è attribuita allo Stato la competenza legislativa esclusiva nella materia tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;

è riconosciuta alle regioni la competenza legislativa per la disciplina, per quanto di interesse regionale, della promozione dei beni ambientali, culturali e pa­esaggistici. Infine, le seguenti materie di competenza concorrente non sono più nominate nel nuovo testo dell’articolo 117:

rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;

casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Le materie “innominate” nell’attuale art. 117 attribuite alla competenza esclu­siva statale

Un’ulteriore innovazione consiste nell’enucleazione, nell’ambito della com­petenza esclusiva statale, di materie non nominate nel vigente testo dell’art. 117.

Per le seguenti materie, la nuova competenza esclusiva statale è “attenuata” nel modo seguente:

…..

Le altre materie sono invece già state variamente ricondotte dalla giurispru­denza costituzionale ad ambiti di pertinenza statale.

La nuova materia politiche attive del lavoro è invece nel vigente assetto costituzionale implicitamente ascritta alla competenza concorrente, considerandosi compresa, in base alla giurisprudenza costituzionale, nella materia tutela e sicurez­za del lavoro (che diviene anch’essa di competenza esclusiva statale).

Fra di esse, due materie – a Costituzione vigente – sono riconosciute di com­petenza regionale residuale, le politiche sociali e il turismo, in ordine alle quali è co­munque già ammesso, entro i limiti delineati dalla giurisprudenza costituzionale, l’intervento del legislatore statale (v. infra l’analisi delle materie).

procedimento amministrativo, limitatamente a quanto necessario ad assicurare l’uniformità delle norme sul territorio nazionale;

disciplina giuridica del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazio­ni pubbliche, limitatamente a quanto necessario ad assicurare l’uniformità delle norme sul territorio nazionale;

politiche sociali: è attribuita allo Stato la competenza esclusiva per le dispo­sizioni generali e comuni in tale ambito, mentre è riconosciuta alle regioni la competenza legislativa per la programmazione e l’organizzazione dei servizi sociali;

turismo, è attribuita allo Stato la competenza esclusiva per le disposizioni generali e comuni in tale ambito, mentre è riconosciuta alle regioni la compe­tenza legislativa per la valorizzazione e organizzazione regionale del turismo. Nuova è altresì la previsione espressa della competenza esclusiva statale in materia di infrastrutture strategiche (cui si accompagna l’attribuzione espressa alla competenza regionale della dotazione infrastrutturale, di cui si è già detto nel pa­ragrafo precedente).

………………

Si rileva in proposito che la disposizione finale di cui all’art. 40, comma 4, primo periodo, interviene in materia di riparto di competenze legislative relativa­mente agli enti di area vasta.

Essa prevede che per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree mon­tane, i profili ordinamentali generali sono definiti con legge dello Stato, mentre le ulteriori disposizioni sono adottate con legge regionale.

Le materie di competenza regionale

Altra novità di rilievo nell’ambito del nuovo testo costituzionale è l’indivi­duazione esplicita di specifiche materie nell’ambito di competenza regionale (nuovo art. 117, terzo comma), pur mantenendosi la clausola residuale generale in base alla quale “spetta alle regioni la potestà legislativa in ogni materia non espressamente riservata alla competenza (rectius: legislazione) esclusiva statale”.

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L’individuazione espressa di specifiche materie in questo ambito di competenza costituisce dunque, come già ricordato, un elemento di novità (v. infra).

Per quanto riguarda le materie individuate, la maggior parte di esse deriva da una sorta di “ritaglio” di materie in precedenza di competenza concorrente o anche resi­duale e coesiste con competenze del legislatore statale nel medesimo settore materiale.

Il nuovo articolo 70, primo comma, Cost. attribuisce peraltro ad una legge bicamerale l’attuazione delle disposizioni costituzionali in materia di tutela delle minoranze linguistiche, prefigurando in tal modo una competenza statale in ma­teria che si interseca con la competenza regionale in esame.

Le “clausole di colegislazione”

Sul piano generale, la definizione del riparto di competenze legislative tra Stato e regioni ed in particolare, la delimitazione di alcune materie afferenti alla pote­stà esclusiva dello Stato, pongono nuovi problemi di tipo definitorio in relazione all’individuazione del significato delle categorie utilizzate, quali: “disposizioni ge­nerali e comuni”, “disposizioni di principio”, “norme … tese ad assicurare l’unifor­mità sul territorio nazionale”, “profili ordinamentali generali”.

Tali categorie, che sono definite in dottrina quali “clausole di colegislazione”, si sostituiscono a quelle contemplate dal testo vigente, ossia “principi fondamentali”, riferiti alle materie di competenza concorrente, e “norme generali” (queste ultime previste peraltro solo in materia di istruzione).

Si ricorda che il testo originario del disegno di legge del Governo (A.S. 1429) richiamava, per alcune materie, la categoria delle “norme generali” al fine di delimitare la competenza statale.

Tale espressione è stata sostituita nel corso dell’esame in prima lettura al Senato con il riferimento alle “disposizioni generali e comuni”.

Rispetto ai “principi fondamentali”, il riferimento alle “disposizioni generali e comuni” sembra in ogni caso segnare un rafforzamento delle competenze dello Stato, in quanto alla disposizione è riconosciuto, sul piano precettivo, un valore maggiormente vincolante rispetto al principio.

Può in proposito essere richiamata la giurisprudenza costituzionale in materia di norme “generali”, cui la Corte costituzionale ha riconosciuto una capacità di incidere sulle competenze regionali più ampia rispetto a quella dei principi fon­damentali.

In particolare, nella sentenza n. 279/2005, la Corte ha rilevato che “le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenu­to, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell’ambito propriamente regionale”.

In tal senso, le norme generali si differenziano dai “prin­cipi fondamentali”, i quali, “pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose”.

Successivamente, nella sentenza n. 200/2009, la Corte ha precisato che i principi fondamentali nella materia dell’istruzione sono quelle nor­me che, nel fissare criteri, obiettivi, discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di frui­zione del servizio, da un lato non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema di istruzione che caratterizza le norme generali, dall’altro necessitano “per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell’intervento del legislatore regionale”.

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 LE RAGIONI DEL SÌ

Dal sito Basta un Sì.

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Quanti conflitti tra Stato e Regioni! Ecco come la Riforma Costituzionale li risolve

….. Il Titolo V della Costituzione ha lo scopo di distribuire le competenze legislative tra lo Stato e le Regioni.

Perché, allora, l’attuale testo del Titolo V, in vigore dal 2001, intasa la Consulta di conflitti d’attribuzione e contenziosi?

Perché il testo attuale, che prevede il potere legislativo, a seconda degli ambiti, riservato o allo Stato o alle Regioni, prevede anche alcune aree di competenza “concorrente”: è il caso di istruzione, tutela della salute, governo del territorio, energia e trasporti.

“Questo quadro dai confini incerti ha innescato numerosi ricorsi da una parte e dall’altra: lo Stato lamentava l’ingerenza delle norme regionali in ambiti di propria competenza e le autonomie hanno fatto altrettanto rispetto alle leggi nazionali” leggiamo sul Sole 24 Ore in un articolo di Antonello Cherchi e Marta Paris.Questo errore si vuole correggere.

Il nuovo Titolo V ridisegna la geografia delle materie affidate al legislatore nazionale e a quello regionale.

Amplia gli ambiti di competenza esclusiva dello Stato ed elimina la competenza concorrente.

Con questa riforma, lo Stato sarà responsabile dell’energia, le infrastrutture, la tutela e la sicurezza del lavoro, il commercio con l’estero, l’ordinamento delle professioni e delle comunicazioni.

Non vogliamo un piano nazionale sugli aeroporti?

Non vogliamo che l’autista di un camion che attraversa 5 regioni chieda un solo permesso e non 5?

A novembre saremo noi a decidere: se voteremo No, tutto resterà come oggi.

Per cambiare, bisogna votare Sì. 

 

LE RAGIONI DEL NO

Il NO per l'alternativa

coordinamento-democrazia-costituzionale

Il giurista Luca Benci ha espresso al riguardo il seguente giudizio.

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Luca Benci

«Nella Carta attuale le competenze sono divise in tre filoni:

a) la legislazione esclusiva dello Stato;

b) la legislazione concorrente tra Stato e Regioni;

c) la legislazione residuale attribuita alle Regioni.

Per legislazione concorrente si intende la suddivisione delle competenze legislative tra Stato e Regioni: lo Stato approva le leggi c.d. “cornice” contenenti i “principi generali”, mentre le Regioni approvano le norme di dettaglio.

La riforma del 2001 aumentò le materie di legislazione concorrente e ne individuò altre di competenza esclusiva delle Regione.

Con la riforma renziana si suddivide invece la potestà legislativa solo tra competenze esclusive dello Stato e delle Regioni, abolendo la legislazione concorrente e riportando l’asse verso una maggiore centralizzazione a favore dello Stato.

Salvo poi ripescarla utilizzando – si pensi alla materia della sanità – la generica formulazione, all’interno delle competenze statali, delle “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute” che sostanzialmente riecheggia la concorrenza concorrente.

Le materie attribuite allo Stato sono indicate direttamente nel comma 2 dell’articolo 117, mentre solo alcune di quelle determinate dalle Regioni sono indicate (comma 3 dell’articolo 117), e per altre si utilizza la clausola generica relativa a “ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato”.

Articolo lunghissimo il 117 riscritto e non completo! »

Alessandro Pace, Professore emerito di diritto costituzionale – Università La Sapienza di Roma, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi-Boschi si è espresso al riguardo nel modo seguente.

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Alessandro Pace

«7.1. Il rapporto Stato-Regioni. Nei rapporti tra Stato e Regioni di diritto comune la riforma prevede una netta inversione di tendenza rispetto alla legge cost. n. 3 del 2001, ma non nei rapporti con le Regioni di diritto speciale, garantite da specifiche leggi costituzionali, che da questa riforma «uscirebbero addirittura rafforzate» essendo prevista la necessaria intesa per le future modifiche statutarie (U. De Siervo, 2016.a).

Inoltre alle Regioni speciali non si applicherebbero gli indicatori dei “costi standard”, invece imposti alle Regioni ordinarie dal “nuovo” art. 119 comma 3 (L. Antonini, 2015.a).

Nei confronti delle Regioni di diritto comune viene invece abolita la legislazione concorrente—che invece resta per le Regioni speciali—che da taluni è stata infondatamente considerata la causa dell’enorme contenzioso “costituzionale” tra Stato e Regioni a partire dal 2001 (indicazioni in E. Rossi), mentre da altri la causa del contenzioso è stata più convincentemente attribuita agli apparati ministeriali (R. Bin, 2015) o «alla pessima redazione delle disposizioni del Titolo V ed alla difficile convivenza delle materie esclusive statali con le competenze regionali» (U. De Siervo, 2016.b; P. Caretti, 2016).

Quale ne sia stata la causa, la riforma Boschi ha ricondotto alla competenza esclusiva dello Stato talune materie troppo generosamente (o distrattamente) attribuite nel 2001 alla competenza regionale concorrente [6. Ordinamento delle comunicazioni, grandi reti di trasporto, produzione e distribuzione nazionale dell’energia, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ecc]

La riforma è però andata ben oltre assumendo le dimensioni di una slavina, trascinando anche quelle materie che riguarderebbero perfino il cuore di ogni assetto autonomistico (U. De Siervo, 2016.b), quali le politiche sociali, la tutela della salute, il governo del territorio, l’ambiente e il turismo.

Il risultato è che le materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva dello Stato raggiunge una cinquantina circa, affastellate in 21 lettere dalla a) alla z) (E. Rossi, 2016).

Una slavina inutile, quanto meno dal punto di vista logico.

Se infatti la volontà del Governo era quella di ridurre ai minimi termini la competenza legislativa regionale e di ampliare, corrispondentemente, la competenza legislativa esclusiva dello Stato, sarebbe stato assai più lineare tornare alla versione originaria del 1947, attribuendo la competenza generale allo Stato e le competenze nominate alle Regioni.

Si è invece seguita un’impostazione discutibile.

……………………..

Competenza legislativa esclusiva che di per sé non si estende alle norme di attuazione (così Corte cost. sent. n. 200 del 2009, in tema di norme generali sull’istruzione»), ma alla quale non corrisponde, nel successivo comma 3, la normativa regionale di attuazione delle «disposizioni generali e comuni» indicate nel comma 2, come ci si aspetterebbe (R. Bifulco) [Secondo R. Bifulco le disposizioni generali e comuni «chiaramente sottendono e rimandano a un’ulteriore legislazione da parte regionale». Poiché però non esistono, nel “nuovo” titolo V, competenze legislative diverse da quella “esclusiva”, ne segue che la potestà di attuazione delle Regioni non potrebbe ritenersi implicita nella previsione di una potestà legislativa esclusiva statale di natura “generale” (contra, C. Pinelli, 2016.b). ].

Vi corrisponde invece la previsione di una competenza legislativa regionale, parimenti esclusiva, relativa ai profili organizzativi delle attività previste nel comma 2, quali la « programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali » (quanto alla lett. m); la disciplina « in materia di servizi scolastici » e di « promozione del diritto allo studio, anche universitario » (quanto alla lett. n); la « promozione (…) e organizzazione in ambito regionale (…) della formazione professionale » (quanto alla lett. o); la « pianificazione del territorio regionale » (quanto alla lett. u); la « promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione ed organizzazione regionale del turismo » (quanto alla lett. s).

Dal che discende che, con riferimento alle materie nelle quali la potestà legislativa esclusiva statale consiste nella mera previsione delle anzidette disposizioni generali e comuni, la corrispondente potestà legislativa d’attuazione non è stata attribuita a chicchessia.

Ciò indurrebbe giocoforza a sostenere che la competenza legislativa regionale concorrente, uscita dalla porta, rientrerebbe dalla finestra (G. Serges; E. Gianfrancesco; contra A. Morrone), a meno che, in forza di un’interpretazione centralistica, si ritenesse doversi applicare alla specie il “nuovo” art. 116 comma 3 che consente allo Stato, anche su richiesta delle Regioni, di estendere, di volta in volta, «ulteriori forme e condizioni di autonomia» in taluni settori, tra i quali alcuni di quelli sopra elencati.

Il che però sarebbe il frutto di un’interpretazione dottrinale non già una consapevole scelta del legislatore costituzionale.

L’elenco delle competenze esclusive regionali si conclude con una clausola residuale, in forza della quale spetterebbe alle Regioni — e non, sorprendentemente, allo Stato — la potestà legislativa « in ogni materia non espressamente non riservata alla competenza esclusiva dello Stato» (critico U. De Siervo, 2016.a).

Il che, qualora la legge Boschi entrasse in vigore, sarebbe suscettibile di determinare conflitti a iosa, in quanto tra le materie implicitamente riservate alle Regioni ve ne sono di notevole importanza quali la circolazione stradale, i lavori pubblici, l’industria, l’agricoltura, l’artigianato, l’attività mineraria (la ricerca del petrolio!), le cave, la caccia e la pesca (U. De Siervo, 2016.a).

A meno che non si condivida la tesi secondo la quale, alla luce della pregressa giurisprudenza costituzionale, una siffatta riserva “implicita” in favore delle Regioni dovrebbe ritenersi condizionata dall’inesistenza, su quella data materia, di esigenze di carattere unitario (A. Morrone).

Ciò che però costituirebbe, anche qui, un’interpretazione correttiva e non una consapevole scelta del legislatore costituzionale. »

Massimo Villone, già senatore e professore di diritto costituzionale della Università Federico II, ha individuato 30 ragioni per dire NO alle riforme della Costituzione e legge elettorale Italicum.

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Massimo Villone

La 26°, 27° e 28° di queste ragioni riguardano il nuovo rapporto Stato-Regioni.

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Sul rapporto Stato-Regioni ha dato il seguente giudizio Daniele Granara, Docente di Diritto costituzionale nell’Università di Genova e di Diritto regionale nelle Università di Genova e “Carlo Bo” di Urbino, nonché Vice Presidente di VAS.

Prof. Daniele Granara

Daniele Granara

«In particolare, con riferimento al Titolo V, la riforma opera tre scelte molto serie, che avrebbero meritato ampio dibattito, a tutti i livelli, anche con le forze sociali.

In primo luogo, è abolita la potestà legislativa concorrente regionale, la quale prevede che spetta allo Stato la fissazione dei principi fondamentali delle materie e alle Regioni la disciplina delle stesse.

Si indica, infatti, una lunga serie di materie di competenza esclusiva statale, affidando quella residuale alle Regioni, ma è difficile individuare materie non riconducibili al primo elenco.

Quando poi si passa all’enumerazione delle “materie” di potestà regionale, ci si trova in realtà di fronte a “non materie”, relative a “programmazione”, “valorizzazione”, “promozione” e “organizzazione” di ambiti disciplinati dallo Stato.

Si torna quindi indietro rispetto alla precedente riforma, che promuoveva le autonomie e, pur potendosi anche sostenere l’opportunità (peraltro non condivisibile) di una abolizione delle Regioni (analogamente a quanto avvenuto per le Province), attesi i risultati complessivamente insoddisfacenti del sistema, occorre che una operazione di questo tipo sia adeguatamente ponderata e discussa, come invece non è avvenuto.» 

 

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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