Accogliendo un ricorso del Consiglio dei ministri, la Corte Costituzionale ha bocciato l’articolo 4 della legge della Regione Abruzzo 13 aprile 2016, n. 11 (Modifiche alle leggi regionali 25/2011, 5/2015, 38/1996 e 9/2011) che consentiva lo svolgimento di attività cinofile e cinotecniche nei parchi naturali regionali e non inferiore al 30% di quella delle riserve naturali regionali guidate, controllate e speciali. Nel giugno 2016, il governo aveva promosso una questione di legittimità costituzionale sull’articolo 4, che modificava il comma 6 dell’art. 8, aggiungendo il comma 2-bis all’art. 9, modificando il comma 3 dell’art. 19, della legge-quadro sulle aree protette della Regione Abruzzo per l’Appennino Parco d’Europa, che «al fine di favorire lo sviluppo sostenibile delle aree interne attraverso l’incremento del turismo cinofilo», autorizzava le attività cinofile e cinotecniche, per almeno 8 mesi l’anno, su aree non inferiori al 50% per cento delle zone B, C e D dei parchi naturali regionali e su aree non inferiori al 30% di quelle delle riserve regionali naturali guidate, controllate e speciali; inoltre, nelle more dell’adeguamento alle nuove disposizioni dei regolamenti o dei piani dei parchi naturali regionali ovvero del piano di assetto naturalistico, le predette attività sono consentite per l’intero anno su tutte le aree ricadenti nelle zone B, C e D dei parchi naturali regionali e sull’intera superficie della riserva naturale regionale. Secondo il governo, «l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività cinofila sarebbe in contrasto sia con i vincoli posti dalla legislazione nazionale per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, e conseguentemente con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., sia con gli obblighi assunti dall’Italia sul piano internazionale e comunitario, violando l’art. 117, primo comma, Cost., poiché la presenza dei cani nei parchi e nelle riserve naturali arrecherebbe disturbo ad alcune specie animali protette (quali il lupo, l’orso bruno marsicano ed il camoscio […]