Carbon Budget 2018: forte crescita delle emissioni globali di CO2, massimo storico

 

Secondo lo studio “Global Carbon Budget 2018” pubblicato simultaneamente su NatureEarth System Science Data  e Research Letters  da un folto team internazionale di scienziati del Global Carbon Project (GCP) «nel 2018,  le emissioni globali di carbonio raggiungeranno il massimo storico

Il team guidato da Corinne Le Quéré, direttrice del Tyndall Centre for Climate Change Research dell’università della East Anglia (Uea), spiega che «l’aumento previsto di oltre il 2% è stato determinato da una solida crescita del consumo di carbone per il secondo anno consecutivo e da una crescita sostenuta del consumo di petrolio e gas».

La notizia – che conferma le previsioni già fatte e la crescita delle emissioni registrata nel 2017 – arriva proprio mente a Katowice, in Polonia, è in corso la 24esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop24 Unfccc) e speriamo sia uno stimolo all’azione da parte di governi.

Al GCP però non sono pessimisti e dicono che «i trend energetici stanno cambiando e c’è ancora tempo per affrontare il cambiamento climatico se gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio si espanderanno rapidamente in tutti i settori dell’economia».

Il nuovo Carbon Budget rivela che nel 2018 le emissioni globali derivanti dalla combustione di combustibili fossili dovrebbero raggiungere 37,1 miliardi di tonnellate di CO2 e che «le emissioni di CO2 sono aumentate per un secondo anno, dopo tre anni di crescita minima o nulla dal 2014 al 2016.

L’aumento quest’anno è previsto al 2,7% (da +1,8 a +3,7%). 

Nel 2017 è stato dell’1,6%.»

I 10 maggiori emettitori nel 2018 sono Cina, Stati Uniti, India, Russia, Giappone, Germania, Iran, Arabia Saudita, Corea del Sud e Canada. L’Ue, se si considerano i 28 Paesi membri, nel suo complesso è al  terzo posto.

Mohammed Adow, che è a Katowice per Christian Aid, sottolinea che «tutte le confortanti  parole pronunciate al vertice sul clima delle Nazioni Unite in Polonia non aiuteranno a prevenire il cambiamento climatico, Il clima non risponde all’alta retorica, risponde alle riduzioni delle emissioni di anidride carbonica.

Se questa è la questione più importante del nostro tempo, come dicono ripetutamente i leader, allora perché non agiscono di conseguenza  e si presentano ai colloqui sul clima?»

La  Le Quéré, docente di Scienza e politica dei cambiamenti climatic all’Uea, sottolinea: «Stiamo assistendo ancora una volta a una forte crescita delle emissioni globali di CO2.

Per affrontare i cambiamenti climatici, le emissioni devono raggiungere il picco e diminuire rapidamente. 

Con la crescita delle emissioni di quest’anno, sembra che il picco non sia ancora in vista.

Per limitare il riscaldamento globale all’obiettivo di 1,5° C dell’Accordo di Parigi, le emissioni di CO2 dovrebbero diminuire del 50% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto intorno al 2050.

Siamo molto lontani da questo e c’è ancora molto da fare perché se i Paesi si attengono agli impegni già presi, siamo sulla buona strada per vedere i 3° C del riscaldamento globale. 

Quest’anno abbiamo visto come i cambiamenti climatici possono già amplificare l’impatto delle ondate di caldo in tutto il mondo. 

Gli incendi in California sono solo un’istantanea degli impatti crescenti che affronteremo se non riduciamo rapidamente le emissioni».

La crescita delle emissioni di quest’anno è in gran parte dovuta alla forte crescita dell’utilizzo del carbone che però rimane ancora al di sotto del suo massimo storico nel 2013. Ma al GCP avvertono che «se l’attuale crescita continua, l’utilizzo del carbone potrebbe presto superare questo picco del 2013».

Anche l’utilizzo del  petrolio è in forte crescita nella maggior parte delle regioni del mondo, con un aumento delle emissioni di auto e camion, compreso negli Stati Uniti e in Europa. 

Anche i voli arerei hanno contribuito all’aumento del consumo di petrolio. 

Negli ultimi anni l’utilizzo del gas è cresciuto quasi senza sosta.

La Le Quéré conferma: «Per ora, la crescente domanda globale di energia sta superando la decarbonizzazione. 

Per affrontare i cambiamenti climatici, questo deve cambiare e cambiare rapidamente.

Abbiamo bisogno di una politica forte e di un sostegno economico per lo sviluppo rapido di tecnologie low-carbon per ridurre le emissioni nei settori dell’energia e dei trasporti, dagli edifici e dall’industria.

I trend energetici stanno cambiando rapidamente, con l’uso del carbone in calo in molte parti del mondo e ancora al di sotto del livello del 2013 a livello mondiale, e un boom dell’energia eolica e solare. 

Ma mentre le energie rinnovabili stanno crescendo rapidamente, questo non è ancora sufficiente per invertire le tendenze globali delle emissioni.

Le azioni rapide necessarie per affrontare i cambiamenti climatici devono anche essere giuste per tutte le generazioni».

In molti pensano che case automobilistiche e governi non stiano cambiando i veicoli e i trasporti così velocemente come richiederebbe la crisi climatica.

Rosie Rogers di Greenpeace  fa notare che «semplicemente, non possiamo aspettare quasi un quarto di secolo per eliminare gradualmente le auto che riscaldano il nostro clima e rendono l’aria tossica.

Le persone che vivono in città inquinate e che affrontano disastri legati ai cambiamenti climatici meritano di meglio».

Un altro autore dello studio, Glen Peters, direttore ricerche del CICERO Center for international climate research di Oslo, che ha guidato il team che ha fatto l’analisi delle emissioni, ha evidenziato che «gli impegni globali assunti a Parigi nel 2015 per ridurre le emissioni non sono ancora accompagnati da azioni proporzionate.

Nonostante la rapida crescita delle tecnologie a basse emissioni di carbonio come energia solare ed eolica, veicoli elettrici e batterie, non si fa abbastanza per sostenere politiche che limitano la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera.

L’aumento delle emissioni nel 2017 avrebbe potuto essere considerato un’una tantum, ma il tasso di crescita nel 2018 è ancora più alto, e sta diventando chiaro che finora il mondo è incapace di percorrere una strada coerente con gli obiettivi stabiliti nell’accordo di Parigi nel 2015».

Quest’anno, le emissioni di CO2 causate dalla deforestazione e da altre attività umane che utilizzano il suolo hanno contribuito con ulteriori 5 miliardi di tonnellate di CO2, portando le emissioni totali di CO2 a 41,5 miliardi di tonnellate. 

I ricercatori dicono che i trend globali di queste emissioni non sono chiari a causa di grandi incertezze nei dati.

Quel che è certo è che, per effetto del continuo aumento delle emissioni, nel 2018 le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera aumenteranno in media di circa 2,3 parti per milione, per raggiungere circa 407 parti per milione nel corso dell’anno, cioè il 45% sopra i livelli preindustriali. 

L’aumento di CO2 nell’atmosfera è la causa principale dei cambiamenti climatici.

Ma ci sono anche buone notizie: negli ultimi 10 anni (2008-2017) 19 Paesi – Aruba, Barbados, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Groenlandia, Islanda, Irlanda, Malta, Olanda, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Trinidad e Tobago, Regno Unito, Stati Uniti e Uzbekistan –  hanno tutti ridotto le loro emissioni anche se la loro economia è cresciuta. 

In tutto il mondo si stanno installando sempre più energie rinnovabili in modo esponenziale, con una produzione di elettricità che in media ha raggiunto una crescita del 15% all’anno nell’ultimo decennio. 

Ma questo non è stato sufficiente a compensare la crescita dell’energia fossile perché le fonti rinnovabili stanno crescendo partendo da una base ridotta, anche se «questo sta cambiando rapidamente».

Il problema è che quasi tutti i Paesi hanno contribuito all’aumento delle emissioni globali, sia attraverso la crescita delle emissioni sia attraverso riduzioni più lente del previsto.

Lo studio rivela che «Le emissioni della Cina rappresentano il 27% del totale mondiale, essendo cresciute del 4,7% (dal +2% al +7,4%) nel 2018 e raggiungendo un nuovo massimo storico. 

La crescita delle emissioni è legata all’attività edilizia e alla crescita economica, in parte a causa della crescita temporanea del credito guidata dallo stimolo. 

L’energia da fonti rinnovabili cresce del 25% all’anno, ma da una base bassa».

Le emissioni degli Usa rappresentano il 15% del totale mondiale e sembra siano cresciute di circa il 2,5% (dallo +0,5% al +4,5%) nel 2018 dopo diversi anni in declino. 

Il nuovo aumento è dovuto alla robusta crescita del consumo di petrolio di circa l’1,4%, associata a un aumento dei viaggi in auto e al gas di circa il 7,6%». 

Nel 2018, nonostante la politica pro-carbone dell’amministrazione Trump, le emissioni derivanti dal consumo di carbone sembrano essere diminuite di circa il 2,1% e le centrali a carbone continuano a chiudere, con una diminuzione del 40% delle emissioni di CO2 da carbone, spostando i consumi energetici verso il gas e, più recentemente. anche verso le energie rinnovabili.

Il rapporto dice che «le emissioni dell’Ue rappresentano il 10% delle emissioni globali e si prevede un lieve calo di circa lo 0,7%, ben al di sotto del calo del 2% annuo nel decennio fino al 2014».

Nell’Unione europea i cali stimati del consumo di carbone e gas dipendono dalla crescita delle energie rinnovabili che però è stata parzialmente compensata da una crescita del consumo di petrolio. 

Nell’Ue emissioni complessive dell’Ue sono ancora prossime o superiori ai livelli del 2014.

Con il boom economico in corso, le emissioni dell’India, che rappresentano il 7% del totale mondiale, hanno continuato a crescere di circa il 6,3%. Eolico e solare stanno crescendo velocemente, ma si parte da una base bassa.

Le emissioni nel resto del mondo, il 42% delle emissioni globali, nel 2018 dovrebbero aumentare di circa l’1,8% (da +0,5% al 3%).

I 5 Paesi che nell’ultimo decennio hanno contribuito maggiormente a questa quota della crescita delle emissioni sono l’Arabia Saudita, l’Iran, la Turchia, l’Iraq e la Corea del Sud.

Christiana Figueres, ex segretaria esecutiva dell’Unfccc, leader della campagna Mission 2020 e principale autrice del commento su Nature, conclude: «Se vogliamo raggiungere gli obiettivi per la temperatura dell’accordo di Parigi, le emissioni globali di CO2 devono iniziare a scendere dal 2020, ma questo è alla nostra portata. 

Abbiamo già realizzato cose che sembravano inimmaginabili solo un decennio fa.

Stanno avvenendo progressi esponenziali nelle soluzioni chiave e siamo sulla buona strada per sostituire i combustibili fossili. 

In un decennio i costi delle tecnologie energetiche rinnovabili sono diminuiti dell’80% e oggi oltre la metà di tutta la nuova capacità di produzione di energia è rinnovabile. 

Prima del 2015 molte persone pensavano che l’accordo di Parigi fosse impossibile, eppure migliaia di persone e istituzioni hanno compiuto il passaggio dall’impossibile all’inarrestabile. 

Lo stesso vale per la decarbonizzazione dell’economia. 

Spinti, tra gli altri benefici, dalla ricerca di aria pulita, occupazione e indipendenza energetica i coraggiosi sforzi collettivi dei giovani, della società civile, delle imprese, degli investitori, delle città e degli Stati tracciano il percorso delle emissioni zero nette entro il 2050».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 6 dicembre 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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