A Roma brucia il Tmb di via Salaria: qualcosa nella strategia “rifiuti zero” è andato storto

 

Stanotte a Roma è divampato un incendio nell’impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) di via Salaria 981, di proprietà dell’Ama, che accoglie una parte delle circa 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani che i cittadini della Capitale producono ogni anno.

Mentre scriviamo i Vigili del fuoco stanno ancora lottando contro le fiamme, e nel mentre l’assessora alla Sostenibilità ambientale di Roma – Pinuccia Montanari – ha convocato un’apposita cabina di regia per gestire l’emergenza: attorno a un tavolo sono riuniti tra gli altri la Regione Lazio, la Protezione Civile e il dipartimento Tutela ambientale di Roma Capitale.

L’Arpa Lazio è già al lavoro per il monitoraggio sulla qualità dell’aria, ma al momento non sono molte le certezze attorno alle cause dell’incendio e sulla natura dei rifiuti andati a fuoco.

«In seguito all’incendio,  per ragioni precauzionali, in attesa dei dati delle misurazioni dell’aria da parte di Asl e Arpa Lazio, le raccomandazioni – affermano del Campidoglio – sono di chiudere le finestre laddove si percepisce odore, ma soprattutto evitare attività all’aria aperta ed evitare di consumare prodotti colti nell’area circostante all’incendio».

Quel che è certo è che, una volta spente le fiamme, l’enorme problema della gestione dei rifiuti romani – che la strategia “rifiuti zero” predisposta dall’amministrazione Raggi a partire da marzo 2017 non sembra aver scalfito – si troverà con un grattacapo in più: un altro impianto (almeno momentaneamente) fuori gioco, in un contesto dove impianti per chiudere il ciclo integrato della gestione dei rifiuti non ce ne sono a sufficienza.

Di nuovi non vengono realizzati, spesso per opposizioni locali, e si finisce per affidarsi a impianti che hanno già mostrato tutti i loro limiti.

Anche l’impianto Tmb di via Salaria non ha certo rappresentato finora una soluzione ottimale alla gestione dei rifiuti secondo logica di sostenibilità e di prossimità.

Tutt’altro.

Intanto: di che impianto si tratta?

Come spiega l’Ispra all’interno del suo XX rapporto sui rifiuti urbani, pubblicato ieri, i Tmb sono impianti che in tutta Italia hanno accolto l’ultimo anno oltre 10,8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani: per l’88,0% si tratta di rifiuti urbani indifferenziati (9,5 milioni di tonnellate), per l’8,5% (924 mila tonnellate) di rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani.

Che fine fanno?

L’analisi Ispra mostra che il 54,2% (corrispondente a 5,2 milioni di tonnellate) dei rifiuti/materiali prodotti dal trattamento meccanico biologico viene smaltito in discarica, mentre altre 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti sono destinate a bruciare nei termovalorizzatori.

Al Tmb di via Salaria va però un record poco rassicurante.

Sempre l’Ispra ha messo nero su bianco che nel solo 2017 «l’Italia ha esportato in Austria circa 51 mila tonnellate di “rifiuti urbani indifferenziati” (codice 200301) prodotti dalla città di Roma e stoccati nell’impianto di Tmb di via Salaria», poi andate avviate «a smaltimento» fuori confine.

Si tratta di oltre la metà di tutti i rifiuti esportati – a caro prezzo – dall’Italia in Austria, a testimonianza di una cronica mancanza di impianti per gestire sul territorio locale i rifiuti prodotti dai romani.

A questo dato di fatto si sommano gli storici problemi che da sempre caratterizzano il Tmb di via Salaria, e che hanno portato Rossella Muroni, deputata LeU ed ex presidente di Legambiente, a chiedere in Parlamento un’indagine da parte della commissione Ecomafie e la chiusura dell’impianto.

Sullo sfondo rimane un dato di fatto: per gestire il ciclo integrato dei rifiuti occorrono impianti industriali adeguati lungo tutta la filiera (dalla selezione all’avvio al riciclo, dal recupero energetico allo smaltimento), e se Roma come gli altri numerosi territori italiani che ne sono in carenza non se ne doteranno al più presto, roghi come quello che oggi terrorizza la Capitale continueranno a ripetersi.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo l’11 dicembre 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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