Clima, alla conferenza Onu intesa ma senza ulteriori progressi

 

La conclusione della conferenza sul clima di Katowice, in Polonia, ha seguito gli equilibri incerti della politica internazionale, non i suggerimenti della comunità scientifica.

Ha adottato le regole per attuare l’accordo di Parigi del 2015, ma senza aggiungere impegni chiari e determinanti.

Il colpo di freno impresso dall’alleanza tra i Paesi che vogliono bruciare petrolio o foreste (Stati Uniti, Russia, Arabia saudita, Kuwait, Brasile) ha costretto i delegati Onu a una maratona supplementare dopo due settimane di trattative.

Per 24 ore è sembrato che l’intera macchina negoziale delle Nazioni Unite, che richiede l’unanimità, potesse essere bloccata.

Il risultato però è stato un compromesso che conferma gli impegni di Parigi per arginare la minaccia climatica.

Potrebbe sembrare un buon risultato di fronte all’offensiva del cartello dei Paesi guidati da leader che negano l’evidenza scientifica del cambiamento climatico.

Le nuove regole sono abbastanza chiare per rendere operativo l’accordo di Parigi e questa è una buona notizia“, ha dichiarato infatti il ministro spagnolo dell’Ambiente Teresa Ribera.

Nelle circostanze attuali, continuare a costruire il nostro edificio è già un successo”.
Ma gli impegni finora presi dai vari Paesi non sono sufficienti: porterebbe a un aumento della temperatura globale di oltre tre gradi, il doppio rispetto all’incremento massimo concordato a Parigi.

L’accordo del 2015 ha senso dal punto di vista climatico se si rispetta l’impegno alla progressione dei tagli delle emissioni serra.

Ed è propria questa volontà collettiva che è venuta a mancare.

Gli Stati hanno fatto progressi, ma ciò che abbiamo visto in Polonia è una fondamentale mancanza di comprensione dell’attuale crisi“, ha detto Manuel Pulgar-Vidal, del Wwf.

Quando il cartello guidato dagli Stati Uniti prende le distanze, come è successo a Katowice, dall’ultimo rapporto degli scienziati dell’Ipcc, è chiaro che la battaglia per la salvaguardia dell’atmosfera perde le caratteristiche di un impegno corale.

E si trasforma in una battaglia politico-economica che ha per posta la qualità della nostra vita e la possibilità di far restare abitabili intere aree del pianeta.

Il più grande inquinatore della storia e il più grande produttore di petrolio oggi dicono ai Paesi in via di sviluppo che le responsabilità sono le stesse e bloccano i progressi sui trasferimenti di tecnologia e sul supporto finanziario“, ha denunciato Meena Raman della ong Third World Network.

Ma all’irrigidimento di Usa, Russia, Arabia Saudita e Brasile si è contrapposta una nuova disponibilità di Pechino, che ha approfittato dell’arretramento americano per guadagnare posizioni in un settore strategico.

La Cina ha cambiato marcia“, ha dichiarato il ministro canadese dell’Ambiente Catherine McKenna, dicendo che i cinesi hanno mostrato “flessibilità“.

Anche sul fronte finanziario la Cop24 ha fatto registrare una doppia velocità.

Se c’è chi fa marcia indietro, alcuni Paesi europei hanno promesso di portare gli aiuti climatici a 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020.

La Germania ha annunciato nuovi contributi, in particolare al Fondo verde.

E la Banca Mondiale ha impegnato 200 miliardi di dollari per il periodo 2021-2025.

 

(Articolo di Antonio Cianciullo, pubblicato con questo titolo il 16 dicembre 2018 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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