Clima: due ragazzi del Kenya scuotono i potenti all’Assemblea dell’ambiente Onu

 

Ieri Charlotte Wanja e Shlok Sachdev, due 17enni del Kenya, hanno fatto non senza un po’ di timore reverenziale il loro ingresso al quartier generale dell’United Nations environment programme (Unep) di Nairobi dove è in corso la quarta UN Environment Assembly, ma sono aliti sul palco del più importante vertice ambientale del mondo per parlare ai potenti del pianeta e per dir loro che il futuro di cui stanno discutendo appartiene a loro.

Charlotte e Shlok  studenti delle scuole superiori, sono stati invitati a partecipare al summit Onu come vincitori del concorso “Our Earth in 2050”, ma non si sono limitati a ritirare il premio: hanno fatto due discorsi  spietati, senza compromessi ma alla fine pieni di fede nell’umanità, e in particolare nei giovani del mondo che domani scenderanno in piazza per il Global Cilmate Strike for Future.

Charlotte, una studentessa dell’Alliance Girls High School di Kikuyu, nella povera periferia di Nairobi, ha scelto di concentrarsi sull’inquinamento perché, ha detto, «è un argomento che mi fa battere il cuore, mi fa venire la pelle d’oca e talvolta mi emoziono davvero, ma ho tutto il diritto di sentirmi in questo modo. Il futuro della nostra terra mi coinvolge.

E quello dei miei futuri figli. 

E dei figli dei miei figli».

Poi ha sottolineato che «se nulla cambia, l’inquinamento e il riscaldamento globale potrebbero diventare inarrestabili.

Ma è anche possibile un’alternativa.

Abbiamo fede, abbiamo verità, abbiamo speranze e abbiamo visioni. 

E abbiamo un duro lavoro da fare. 

Queste sono le cose che ci tireranno fuori dalla situazione in cui ci siamo cacciati. 

Fare le piccole cose in un modo fantastico, è così che ce la faremo. 

Pianta un albero, raccogli quella bottiglia di plastica, le piccole cose contano».

Shlok, è uno studente bianco della Premier Academy di Nairobi che spera di andare all’università per studiare economia e ingegneria, e ha fatto eco alla speranza di Charlotte: «Credo in un futuro in cui l’energia rinnovabile sia la nuova normalità, dove lasciamo sotto terra i combustibili fossili e diventiamo elettrici, un futuro in cui impariamo davvero a ridurre, riutilizzare e riciclare».

Rivolgendosi ai Capi di stato, ministri dell’ambiente, uomini d’affari, esperti tecnici, accademici, scienziati e attivisti della società civile riuniti a Nairobi per discutere di soluzioni innovative per le sfide ambientali e il consumo e la produzione sostenibili, Shlok, ha detto che «i giovani potrebbero offrire risposte, in particolare sull’innovazione con la quale siamo in sintonia, perché ci piace sapere tutto il più velocemente possibile su ogni nuova cosa che esce. 

Questo tipo di curiosità è ciò che ci porterà avanti.

I giovani sono il 100% del nostro futuro. 

Noi siamo quelli che dovrebbero fare questi cambiamenti. 

Dobbiamo iniziare a porre l’energia rinnovabile come una priorità e iniziare a innovare e renderla più efficiente, in modo che possiamo gestire tutto il nostro mondo con le energie rinnovabili».

Charlotte, una specie di Greta Thunberg nera che vorrebbe studiare ingegneria ambientale, ha cominciato a interessarsi dell’ambiente e ha deciso di partecipare al concorso “Our Earth in 2050” dopo aver visto la spazzatura accumularsi lungo la strada che ogni giorno fa per andare a scuola: «E’ così sporco e mi fa arrabbiare che le persone abbiano il cuore di fare una cosa del genere. 

Noi giovani siamo il futuro e voglio avere un impatto sull’ambiente. 

Voglio essere una delle persone che renderà il domani migliore».

Charlotte, Greta, Shlok sono solo l’avanguardia delle centinaia di migliaia di ragazzi  che in tutto il mondo hanno abbandonato le classi per protestare contro quello che percepiscono come un enorme fallimento dei politici nell’affrontare le sfide ambientali.

Per Shlok, la protesta è buona, ma l’azione è migliore: «Non possiamo guardare negli occhi tutti e dire, “questa persona non l’ha fatto”. 

Dobbiamo davvero fare la differenza perché, alla fine, siamo noi che possiamo sfruttare il futuro della tecnologia. 

Ne sappiamo di più».

I giovani keniani sono stati particolarmente ottimisti riguardo al ruolo della gioventù africana e si sono ispirati al successo del Flipflopi, il primo dhow tradizionale realizzato interamente in plastica riciclata, che all’inizio dell’anno ha navigato lungo la costa dell’Oceano Indiano, in Kenya e Tanzania, per sensibilizzare l’opinione pubblica sullo spreco della plastica e che ora fa mostra di sé su un prato all’ingresso del quartier generale dell’Unep a Nairobi, in una mostra speciale organizzata per il summit di questa settimana.

Il Flipflopi, realizzato completamente in plastica riciclata, è diventato il simbolo multicolore dell’innovazione keniana e dell’attivismo ambientale.

«Solo guardandolo, mi rende felice – ha detto Charlotte – Penso che in Africa le persone non credano in se stesse perché siamo inferiori in termini economici. 

Dobbiamo far credere alle persone che tutti sono in grado di avere un impatto e di apportare cambiamenti».

Shlok è d’accordo: «Ho sempre pensato che fosse un’idea geniale, riciclare oggetti da usare come arte.

Le scuole fanno arte sempre. 

Invece di prendere quel pezzo di carta pulito e semplicemente disegnarci sopra,  perché non vedere cosa si può raccogliere da terra e cosa si può ricavarne?

In futuro gli africani potrebbero prendere l’iniziativa sulle questioni ambientali.

L’Africa è il prossimo hotspot globale. 

Abbiamo il potenziale e abbiamo l’educazione e la forza di volontà e la determinazione per produrre cambiamenti. 

Quello che vedo è che l’Africa lascerà il mondo indietro e tutti noteranno che l’Africa è andata ben oltre i Paesi occidentali».

Parole di speranza visto che sono state pronunciate proprio mentre l’Unep presentava il terribile Global Environment Outlook che è un potente richiamo ad agire perché la situazione climatica e ambientale del pianeta sta precipitando molto più rapidamente di quel che pensassimo.

Charlotte vede lucidamente i pericoli per il suo futuro e per quello del suo continente e del pianeta, ma non perde la speranza: «Abbiamo le capacità, siamo in grado di costruire un futuro fantastico. 

È ora che tutti si rendano conto che il futuro è nelle nostre mani. 

Vivere in una landa desolata o in un giardino dorato. 

Scegliete»

E Shlok  ha concluso: «Dobbiamo concentrarci sulla nostra terra prima che sia troppo tardi perché questa terra ci dà tutto.

Diamo a Madre Natura il nostro pieno sostegno».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 14 marzo 2019 su sito online “greenreport.it”)

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