Pericolo Grandi navi, Venezia non vuole trovare la soluzione

 

Domenica mattina, ore 8,35.

La nave da crociera Msc Opera ha appena superato il bacino di San Marco e naviga alla velocità di 5,5 nodi nel mezzo del canale della Giudecca.

E’ una delle «Grandi Navi» il cui devastante impatto sul delicato equilibrio lagunare è sempre stato denunciato dagli ambientalisti veneziani: una sorta di villaggio turistico galleggiante lungo 275 metri e con una stazza di 65mila tonnellate che da ferma inquina quanto 15.500 auto.

Tanto è vero che sotto il ponte di Rialto sono state misurate più polveri sottili che ai bordi di una autostrada a tre corsie.

Giunta a ridosso alla banchina d’ormeggio a San Basilio, la nave dovrebbe rallentare ma così non accade.

Secondo le prima indagini, la colpa sarebbe da imputarsi ad un non meglio definito «black out» del sistema di navigazione.

Un evento che le compagnie di crociera avevano sempre giudicato «impossibile alla luce delle moderne tecnologia» ma che ha comunque causato altri abbordi come quello al porto di Genova.

Fatto sta che la nave non riesce a fermare il suo abbrivio.

Le cime da traino di sicurezza dei due rimorchiatori che la scortavano si spezzano.

L’Msc Opera continua la sua corsa e, seminando panico tra le persone che attendevano l’arrivo della nave, costrette a fuggire disordinatamente, va a schiantarsi tra la banchina del porto e una lunga lancia fluviale ormeggiata.

La lancia viene fracassata, ma ha il merito di attenuare l’urto.

Qualcuno finisce in acqua, quattro donne finiscono all’ospedale con contusioni e ferite di lieve entità.

Il video dell’abbordo girato da un testimone che si trovava nella banchina d’ormeggio, finisce sulla rete e fa rapidamente il giro del mondo.

«UN DISASTRO ANNUNCIATO – ha dichiarato Tommaso Cacciari, portavoce del Comitato No Grandi Navi – che questi grattacieli galleggianti siano incompatibili con la laguna e che non possano navigare in canali che sono stati realizzati per gondole o barche a vela, lo diciamo da sei anni.

La politica non ha fatto niente.

E oggi abbiamo rischiato il morto.

L’incidente ha dimostrato che non soltanto queste grandi navi inquinano l’atmosfera e devastano le fragile struttura palafitticola che sorregge la città, ma sono anche pericolose.

È ora di buttarle fuori dalla laguna».

Il comitato ha indetto una assemblea cittadina ai Magazzini del Sale, mercoledì alle 17,30, in cui si preparerà la mobilitazione di sabato prossimo alle ore 16 alle Zattere.

Intanto che il mondo si interroga su cosa sarebbe potuto succedere se l’Msc Opera avesse perso il controllo dieci minuti prima e avesse speronato Palazzo Ducale, la politica si è svegliata dal letargo.

Soltanto che le «soluzioni» che propone sono, se possibile, peggiori del male.

Tanto il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, quanto la Regione e l’Autorità Portuale hanno colto la palla al balzo per rilanciare il progetto, più volte bocciato dalla commissione Via (ma questo a Venezia non vuol dire nulla perché anche il Mose era stato bocciato dalla commissione di impatto ambientale), di dirottare le grandi navi lungo il canale Vittorio Emanuele.

Una strada d’acqua che eviterebbe la «passerella» davanti al salotto buono di Venezia, il bacino di San Marco, dirottando il problema in terraferma, con la realizzazione di una banchina a Marghera.

Soluzione per la quale si è espresso anche il vicepremier Matteo Salvini che non ha perso occasione di addossare tutta la colpa del mancato intervento ad un non espressamente citato “ministro dei 5 Stelle” che avrebbe messo il classico bastone sulle ruote al Governo del Cambiamento.

DI CHI SI TRATTA? 

Il primo indiziato è Danilo Toninelli, che il leader della Lega non ama di sicuro.

Ma è più probabile che il «colpevole» sia Sergio Costa, ministro dell’Ambiente.

Sono proprio gli studi messi a punto dai tecnici di questo ministero che hanno impedito che cominciassero i lavori per l’ampliamento del Vittorio Emanuele per farci passare le grandi navi.

Scavi che comprometterebbero definitivamente quello che rimane del fragile equilibrio morfologico e idrogeologico della laguna, trasformandola in un braccio di mare aperto.

Senza contare l’escavazione di milioni di metri cubi di fanghi pesantemente inquinati, considerando che il Vittorio Emanuele corre a ridosso della zona industriale di Porto Marghera.

SONO BEN ALTRE le soluzioni che chiedono gli ambientalisti.

Su tutte, quella di tenere le navi ben lontane dalla laguna dirottandole verso altri porti oppure su un avamposto al largo collegato alla città da battelli navetta.

Intanto, per la prima volta dopo centinaia di anni, Venezia ha dovuto rinunciare alla sua festa della Sensa e alla regata nel canal della Giudecca che apriva la stagione del remo.

Era la festa dello «sposalizio» col mare che portava alla città spezie, cultura e ricchezze.

Ma oggi non c’è davvero niente per cui festeggiare.

 

(Articolo di Roberto Bottazzo, pubblicato con questo titolo il 4 giugno 2019 sul sito online del quotidiano il manifesto”)

 

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