Le leggi del mare le fanno i marinai. Donne e uomini che sanno che il mare non perdona. Restare umani, in mare, è spesso l’unica alternativa alla barbarie. Vale anche a terra. Le leggi del mare ci dicono che chi non presta soccorso in mare è un infame. Chi si impegna a farlo, è un eroe. Punto. Per questo Greenpeace ha la più alta stima per quelle donne e quegli uomini che hanno deciso di non stare a guardare. Per questo, Greenpeace ha presentato all’IMO (International Maritime Organization) una dichiarazione per conto di Sea Watch e di tutte le altre associazioni che stanno riscattando l’onore del nostro occidente. Troppe foto di gente annegata stiamo tollerando, per esser certi di farla franca. Ribellarsi a quest’assuefazione è un dovere. Ed è qui che nasce il problema. I numeri di dicono che di “migranti”, in Italia in generale e a Lampedusa in particolare, ne arrivano a centinaia. Perché diventa un problema di ordine pubblico se sono un gruppo di ragazze e ragazzi, generosi e coraggiosi, a trarli in salvo verso quel porto sicuro che tutte le Convenzioni Internazionali definiscono come unico possibile attracco? Semplicemente, perché queste donne e questi uomini si ribellano. Non sono conformi al modello di società (autoritaria, patriarcale, competitiva) che sempre più spacciamo come il nuovo format della nostra civiltà. Il problema è che i potenti di ieri e di oggi sanno benissimo, da tempo, i disastri che ci hanno preparato e pure continuano a prepararli. I “migranti” fuggono da condizioni disumane (conflitti, crisi ambientali e spesso entrambe) che derivano da scelte che oggi ci mettono tutti in pericolo: sono la spia, tragica, di un collasso sistemico di cui pure noi cominciamo a sentire gli effetti. Negare i cambiamenti climatici, difendere gli interessi di chi continua a saccheggiare il Pianeta, in […]