Dal Sarno ai roghi tossici: il decalogo di “Repubblica” per difendere l’ambiente

 

Acqua aria terra fuoco sono non solo gli elementi naturali dai quali, nella visione dei filosofi greci del VI secolo avanti Cristo (e non solo), trae origine ogni sostanza di cui è composta la materia, ma anche quattro parametri per misurare la qualità dell’ambiente di un dato territorio e di conseguenza la qualità della vita dei cittadini che lo abitano.

Per esempio la Campania e i campani e, tra questi, soprattutto i napoletani della città metropolitana che ne sono il 50 per cento.

Proviamo a fare queste misurazioni utilizzando uno strumento trasversale a tutti e quattro che è l’inquinamento che si potrebbe trovare in ciascuno di questi.

L’acqua che esce dai rubinetti trasportata da una fitta rete acquedottistica è finalmente di ottima qualità.

Ma non tutta l’acqua non salata, quella di fiumi e laghi per intenderci, risponde a questi requisiti.

E la Campania, che nel capitolo delle “emergenze” occupa spesso i primi posti, in questo caso è prima in Europa con il “piccolo” fiume Sarno (24chilometri) che, malgrado tentativi di disinquinamento a monte e a valle del suo corso, è, appunto, il fiume più inquinato d’Europa.

Vederlo nascere e scorrere nel primo tratto è un piacere per gli occhi, poi l’immagine cambia aspetto: il colore diventa marroncino e schiumoso e si riempie di invisibili sostanze inquinanti che ne rendono pericolosissimo l’uso in seguito agli sversamenti dei torrenti Solofrana e Cavaiola.

Poi c’è quello che si vede e che hanno visto Greenpeace e Castalia: la plastica in tutte le sue manifestazioni sotto forma di bottiglie, bicchieri, buste, e imballaggi vari progressivamente accumulantisi verso la foce del fiume dove esiste un impianto di depurazione.

Le foci dei fiumi sono un altro evidente “strumento” di misurazione della qualità delle acque.

Ebbene l’ultimo degli annuali monitoraggi di Legambiente “Goletta verde” (agosto 2019) ha verificato che su 31 punti campionati oltre la metà supera i limiti di legge: 16 sono “fortemente inquinati” e uno “inquinato”.

Nel mirino ancora foci di fiumi e torrenti: maglia nera per le foci dei fiumi Irno, Savone, Sarno, dei Regi Lagni, del canale di Licola e del torrente Asa giudicati “fortemente inquinati” per il decimo anno consecutivo.

Insomma i mari casertano e napoletano, che significa il litorale domizio, corrono seri pericoli.

E l’aria?

Ancora una volta è Legambiente a fornire dati che ci fanno sapere che lo scorso anno le città campane sono risultate «intrappolate sotto la cappa grigia dello smog con rischi per la salute delle persone».

Sono state 13 le città “fuorilegge” per la qualità dell’aria che ha superato «la soglia limite per le polveri sottili Pm10 (35 giorni di sforamenti all’anno con una concentrazione superiore ai 50 microgrammi per metrocubo)».

Il problema riguarda soprattutto la provincia di Napoli nella quale la maglia nera con il record di sforamenti è per San Vitaliano con 122 sforamenti, uno ogni tre giorni seguita da Pomigliano D’Arco dove i giorni di superamento sono stati 101, terza Acerra con 73 sforamenti.

A Napoli se ne sono registrati 37.

Numeri che si traducono in problemi di salute, costi per il sistema sanitario e impatti rilevanti sugli ecosistemi.
Infine terra e fuoco un accostamento non casuale perché induce a pensare immediatamente alla cosiddetta “terra dei fuochi”.

Che è l’immagine che abbondantemente amplia la realtà, ma che, comunque, pone l’attenzione su altre due emergenze: l’uso e abuso del suolo; il sostanzialmente irrisolto problema dei rifiuti. Entrambi strettamente collegati anche con il più globale problema del mutamento del clima.

Infatti a far male al clima non è solo quello che, accumulandosi, finisce in atmosfera, anidride carbonica e metano soprattutto, ma anche quello che si sottrae in terra: il suolo per intenderci.

Perché si incrementa la qualità di suolo urbanizzato sottraendolo all’agricoltura.

Settore nel quale negli ultimi sei anni l’Italia ha perso superfici capaci di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, oltre che di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio.

Allora?

Volendo trarre perfino profitto dalla comunicazione di queste emergenze coinvolgendo vittime e responsabili, proviamo a farne il “Decalogo di Repubblica per l’ambiente”, vale a dire una sintetica rappresentazione di una serie di problemi cui fare riferimento non per una ripetitiva lamentazione, ma per trasformarli in “comandamenti” (anche questi erano dieci) a chi amministra la cosa pubblica.
1) Il fiume Sarno.

2) Le foci degli altri fiumi dove si scaricano plastiche e metalli.

3) Il litorale domizio inquinato.

4) Gli impianti di depurazione inefficienti, primo fra tutti Cuma.ù

5) I Regi Lagni avvelenati.

6) I roghi e i rifiuti solidi e speciali sotterrati per anni nelle province di Caserta e Napoli.

7) La bonifica di Bagnoli

8) Il risanamento di Napoli Est.

9) Lo smaltimento dei rifiuti in Campania e a Napoli e la mancanza di impianti adeguati.

10) La tutela delle coste e delle isole dall’abusivismo.

(Articolo di Ugo Leone, pubblicato con  questo titolo il 27 settembre 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

 

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