Entro tre mesi l’Italia dovrà consegnare all’Ue la propria Strategia climatica al 2050

 

La «Strategia di lungo termine per la riduzione dei gas a effetto serra al 2050», che il Governo ha citato anche all’interno della nota di aggiornamento al Def, inizia a prendere corpo: a partire da oggi il ministero dell’Ambiente lancia una consultazione pubblica sul tema (qui le info per parteciparendr), che si chiuderà il 4 novembre.

«Le osservazioni  che saranno raccolte – spiegano dal dicastero – forniranno input importanti e aiuteranno ad arricchire la valutazione delle opzioni di riduzione delle emissioni che il Paese deve mettere in campo per contribuire al raggiungimento degli impegni sottoscritti con l’Accordo di Parigi».

La Strategia dovrà essere pronta entro il 1° gennaio 2020, come previsto proprio dall’Accordo di Parigi e dalle normative europee, per poi essere inviata alla Commissione Ue: l’obiettivo, come si spiega all’interno dei documenti per la consultazione pubblica, è quello di «delineare una transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, che sia equa sul piano sociale ed efficiente in termini di costi».

La Strategia analizzerà una serie di scenari di decarbonizzazione, in linea con l’Accordo di Parigi, considerando tutti i settori chiave dell’economia.

Un documento di grande rilievo dunque, ma se mancano solo tre mesi alla scadenza prevista al momento la Strategia è ancora agli inizi: il ministero dell’Ambiente, in coordinamento con quelli dello Sviluppo economico, delle Politiche agricole e delle Infrastrutture, ha «avviato i lavori» per la sua predisposizione, e fa sapere che «sono in corso approfondimenti tecnici sulle opportunità e sulle sfide che derivano dalla transizione verso un’economia a basse emissioni».

Ad essere note sono invece le premesse, poco incoraggianti, delineate all’interno del Piano energia e clima (Pniec) che il primo Governo Conte ha inviato all’Ue nel gennaio di quest’anno, e all’interno del quale si delinea un percorso dove la riduzione dei gas serra nazionali si ferma a circa il 33% nel 2030.

Un obiettivo largamente al ribasso, considerato che l’Italia dovrà arrivare a emissioni nette zero da lì ad appena vent’anni: la necessità di accelerare è evidente.

Come argomentano dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, guidata dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, per raggiungere la neutralità carbonica l’Italia al 2030 dovrebbe «dimezzare le emissioni rispetto al 1990», mentre il Pniec in via di definizione porterebbe allo stesso risultato ma nel 2050, quando le emissione nette dovrebbero essere già a zero: «Per conseguire l’obiettivo di dimezzamento delle emissioni entro il 2030 – secondo le stime della Fondazione – è necessario moltiplicare gli sforzi rispetto al passato, sia nella produzione di fonti rinnovabili, che dovrebbe praticamente raddoppiare in poco più di un decennio, sia i miglioramenti nell’efficienza energetica, che dovrebbe portare a una riduzione consistente dei consumi energetici complessivi.

Solo in questo modo sarebbe possibile riuscire a tagliare, anche tenendo conto di possibili assorbimenti di CO2, le emissioni di gas serra in media di almeno 10 milioni di tonnellate di CO2eq ogni anno.

Si tratta certamente di una sfida impegnativa, ma anche di un valore inferiore a quello che siamo riusciti a fare in media ogni anno, pur con la complicità della crisi, tra il 2004 e il 2015».

La speranza è che la consultazione pubblica appena avviata possa contribuire a spingere verso l’altro le ambizioni climatiche del Governo.

Le premesse nella società civile sembrano esserci: una settimana fa 1 milione di giovani è sceso in piazza contro i cambiamenti climatici, e anche da una recente indagine del Laboratorio Ref Ricerche emerge che la tutela ambientale è identificata come responsabilità collettiva che coinvolge istituzioni, operatori e i cittadini stessi.

«Un impegno comune da perseguire, e dove allo Stato compete il ruolo di indirizzo», sottolineano dal Laboratorio: «Quasi 8 italiani su 10 ritengono lo Stato responsabile della tutela ambientale – un valore superiore a quello attribuito ai gestori (72%) e ai cittadini stessi (71%) – chiedendo alle Istituzioni pubbliche di esercitare i poteri tipici della rappresentanza loro conferita».

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con  questo titolo il 3 ottobre 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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