Le temperature ‘stranamente’ calde nella stratosfera sopra l’Antartide hanno drasticamente limitato la perdita di ozono tra settembre e ottobre, provocando il più piccolo buco dell’ozono osservato dal 1982: al momento è di 10 milioni di chilometri quadrati, rispetto ai 16 milioni di chilometri quadrati misurati l’8 settembre.
Lo rendono noto gli scienziati dell’Ente americano per le ricerche su atmosfera e oceani (Noaa) e della Nasa precisando che non si tratta di una bella notizia: le temperature più alte riducono le reazioni fra ozono e i composti che lo distruggono, cioè cloro e bromo.
Secondo gli esperti, è la terza volta in 40 anni che i sistemi meteorologici causano temperature così calde a limitare l’esaurimento dell’ozono.
Modelli meteorologici simili nella stratosfera antartica nel settembre 1988 e nel 2002 hanno anche prodotto buchi di ozono atipicamente piccoli.
“È importante riconoscere che ciò che stiamo vedendo quest’anno è dovuto alle temperature stratosferiche più calde“, ha affermato Paul Newman, capo scienziato di Scienze della Terra presso il Goddard Space Flight Center della Nas.
“Non è un segno che l’ozono atmosferico è improvvisamente sulla buona strada per il recupero“, ha ammesso.
La riduzione dello strato ozono presente nella stratosfera cominciò tra il 1970 e il 1990 per via di alcuni composti – il cloro e il bromo – in grado di catalizzare reazioni che distruggo l’ozono.
Si tratta di composti che sono stati emessi dell’atmosfera prevalentemente dall’uomo.
Si pensi al freon, un gas refrigerante usato nei frigoriferi e bandito, insieme a clorofluorocarburi (CFC) e idrofluorocarburi (HCFC) soltanto nel 1987 grazie alle determinazioni del protocollo ambientale di Montreal.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 22 ottobre 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)