Alla Cop25 pressing dei giovani sui big del mondo

 

Pressing dei giovani, quest’anno, alla Conferenza mondiale sul clima (Cop 25), che si apre lunedì 2 dicembre, a Madrid.

I 196 paesi (197 se si include l’Ue) che partecipano alle riunioni dell’Onu sui cambiamenti climatici sentiranno “il fiato sul collo” dei ragazzi di tutto il mondo che sollecitano azioni incisive e urgenti per frenare il riscaldamento globale.

I governi devono accelerare la corsa al taglio di Co2. 

L’obiettivo è zero emissioni entro il 2050 per evitare disastri ambientali e sociali.

Finora non è stato fatto abbastanza, dice infatti il movimento Fridays for future, ispirato dalla protesta di Greta Thunberg e cresciuto in modo esponenziale in tutto il mondo.

Ci sono ancora troppi combustibili fossili a far alzare la febbre del pianeta.

Ma se Ue, Cina e India mostrano la volontà di fare di più possono tirarsi dietro tanti altri Paesi.

La parola d’ordine alla Conferenza delle parti (Cop) quest’anno è urgenza.

La scienza lo ripete ormai da tempo.

Nei dieci giorni di incontri fra diplomatici e funzionari, Onu e Cile (che mantiene la presidenza dell’evento pur non ospitandolo più per via dei disordini interni al paese), che guidano l’Alleanza per l’ambizione climatica (una settantina i Paesi aderenti), spingeranno i governi a impegnarsi con obiettivi e piani più ambiziosi per tagliare i gas serra.

Nel 2015, l’Accordo di Parigi – il primo trattato globale delle Nazioni Unite – ha visto tutte le nazioni intenzionate a ridurre a zero le emissioni entro il 2050 per contenere l’aumento medio della temperatura globale a 1,5-2 gradi centigradi entro fine secolo rispetto ai livelli pre-industriali. 

Alla Cop26, l’anno prossimo a Glasgow, gli stessi paesi dovranno presentare nuovi e più sfidanti piani per il clima (Ndc -Nationally Determined Contribution)

L’Italia è al momento in ritardo rispetto ad altri non avendo ancora previsto misure concrete per abbandonare il carbone.

I temi delle negoziazioni vanno dai “Mercati del carbonio” a “Perdite e danni”, dagli “Allarmi della Scienza” al futuro della “Action agenda” che allarga gli impegni fra gli altri a città ed aziende, al “Green climate fund“, cioè gli aiuti ai paesi in via di sviluppo.

Intanto, gli impatti climatici sempre più devastanti si fanno sentire: si pensi all’acqua alta a Venezia o agli incendi delle foreste dell’Amazzonia e in Australia.

Ma le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare.

Intanto, il presidente Donald Trump ha chiesto la revoca degli Usa dall’Accordo di Parigi mentre il presidente brasiliano Jair Bolsonaro non avrebbe fatto nulla contro la distruzione della foresta amazzonica.

Eppure il suo ministro dell’Ambiente chiederà in sede Cop “almeno 10 miliardi di dollari l’anno” dei 100 miliardi annuali promessi dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, secondo l’Accordo di Parigi.   
A “urlare” i rischi del Pianeta saranno ancora una volta i giovani pronti a invadere le strade di Madrid.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ribadirà la necessità di “ambizione” in apertura della Cop25, come la neo presidente dell’Ue Ursula von der Leyen attesa lunedì alla Cop, alla prima uscita dopo l’insediamento.

(Articolo di Stefania De Francesco, ANSA del 29 novembre 2019, ore 14:48)

                                  

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