CHI nel giorno del suo insediamento pensava (o sperava) che il negazionismo del presidente americano Donald Trump sui cambiamenti climatici causati dall’azione dell’uomo fosse un atteggiamento destinato ad ammorbidirsi nel tempo, si sbagliava di grosso. Da quel 20 gennaio del 2017 – come testimonia un’inchiesta del New York Times – il lavorio dell’amministrazione Usa per delegittimare il ruolo della scienza nella politica federale (almeno di quella che nei fatti si oppone al modello di sviluppo trumpiano) non si è fermato un attimo, è stato ed è in un certo senso “scientifico”. Con effetti negativi che – Trump o non Trump – peseranno per anni, ammoniscono gli esperti. Si tratta di un’azione a tappeto, avvolgente, quasi “pervasiva”, spiega al quotidiano newyorkese Michael Gerrard, direttore del Sabin Center for Climate Change Law della Columbia University, che dal 2017 ha individuato più di 200 tentativi dell’amministrazione Trump tesi a limitare il ruolo della scienza. Ce n’é per tutti i gusti: tagli di fondi o addirittura stop agli studi sul cambiamento climatico e sulla salute a cui si oppongono le grandi industrie petrolifere e del carbone; chiusura di centri di studio studi governativi, come quello che lavorava a contromisure sugli insetti invasivi. Ma non solo: a San Francisco uno studio sugli effetti dei prodotti chimici sulle donne incinta si è dovuto fermare per un’improvvisa mancanza di fondi. La lista è lunga. Le competenze? Non contano o contano soltanto se coincidono con le politiche dell’amministrazione attuale. Trump ha sempre affermato che i regolamenti governativi hanno messo in crisi le aziende e allontanato alcuni degli obiettivi principali dell’amministrazione, come l’aumento della produzione di combustibili fossili. Ebbene, coerentemente, nel 2017 i funzionari degli Interni hanno cancellato uno studio da 1 milione di dollari delle Accademie nazionali delle scienze, dell’ingegneria e della medicina sui rischi per la salute derivanti dalla “rimozione delle montagne” dell’estrazione […]
Archivi Giornalieri: 30 Dicembre 2019
Cosa ci ricorderemo dei primi venti anni del terzo millennio? Abbiamo scelto 20 notizie e 20 foto, una per anno dal 2000 al 2019 tra migliaia di immagini dell’archivio dell’ANSA. 2000 – Dopo le profezie apocalittiche e il Millennium Bug, si fa festa. La foto dell’anno è la mucca che trema e si accascia colpita da encefalopatia spongiforme bovina. Il morbo della mucca pazza scatena il panico tra i consumatori. La crescita di vegetariani e vegani nel mondo comincia così. 2001 – È l’anno delle Torri Gemelle: l’11 settembre a New York, in piena Manhattan, aerei civili si schiantano contro i due grattacieli, negli stessi momenti un altro viene indirizzato contro il Pentagono. È l’attacco frontale del terrorismo islamico di Al Qaida al simbolo dell’Occidente: 3mila morti e il mondo sotto choc. 2002 – Arriva la moneta unica per i 12 paesi dell’Unione Europea: comincia l’epoca dell’euro e le vecchie lire finiscono tra i ricordi. Gli euroscettici criticano da subito i parametri di Maastricht su deficit, rapporto debito/pil e inflazione. 2003 – Gli Stati Uniti di George W. Bush, con l’appoggio del laburista inglese Tony Blair, invadono l’Iraq dopo le accuse rivolte a Saddam Hussein di possedere armi di distruzioni di massa, mai provate. Moriranno 1 milione 200mila iracheni, 4.500 soldati americani e 200 britannici. E a Nassiriya il 12 novembre 2003, in un attacco alla base Maestrale morirono 19 italiani (12 carabinieri, 5 soldati e due civili). 2004 – Lo studente Mark Zuckerberg realizza un progetto di connessioni tra persone: è Facebook, il social network fenomeno. Ma anche: l’onda mortale dello tsunami il 26 dicembre spazza via l’Indonesia. Una devastazione con 230mila morti e 5 milioni di sfollati. Il mondo attonito di fronte alla natura impazzita. 2005 – Il primo Papa non italiano, il polacco Karol Wojtyla considerato tra gli artefici del crollo del comunismo, conservatore ma in […]
Entra nel vivo il piano di contenimento dei cinghiali. La Regione Lazio, l’11 dicembre, ha approvato il documento tecnico che integra il protocollo d’intesa già sottoscritto da Coldiretti, Legambiente e Federparchi. Il protocollo d’intesa In via di principio, era stato già trovato l’accordo sulle misure da mettere in campo. L’indicazione che era arrivata dalle tre realtà associative era infatti chiara. Per attuare, in maniera più efficace, il controllo numerico della fauna selvatica presente nei parchi regionali, era stato chiesto di creare un sistema unico georeferenziato per i danni prodotti e l’avvio di una campagna di comunicazione finalizzata a spiegare, agli agricoltori, le modalità di accesso agli indennizzi e gli strumenti di prevenzione da mettere in campo. A queste misure, se ne aggiungono altre, fortemente volute soprattutto dalla Coldiretti. Come quello che prevede, anche per i produttori agricoli, la sistemazione delle trappole e la successiva vendita degli animali catturati. Da problema a risorsa La firma del documento tecnico è stata salutata con evidente soddisfazione dalla Coldiretti Lazio. “Si tratta di una opportunità per l’istituzione di una filiera alimentare controllata visto che gli imprenditori agricoli potranno anche ampliare la loro attività chiedendo la costituzione di centri di lavorazione della selvaggina” ha ricordato David Granieri, numero uno della Coldiretti regionale. I cinghiali, divenuti un problema, si trasformano così in una risorsa. Un’opportunità per i produttori agricoli Con il via libera rilasciato dalla Regione gli ungulati, che secondo una stima di Coldiretti hanno causato 4 milioni di danni all’agricoltura solo nel Lazio, divengono una potenziale opportunità. “Gli agricoltori potranno cedere direttamente gli animali catturati presso gli istituti previsti dalla normativa vigente oppure – ha spiegato Niccolò Sacchetti, presidente di Coldiretti della provincia di Roma – potranno destinarli all’allevamento in aree recintate”. Il piano della Regione La possibilità di far cassa con gli animali che saranno catturati grazie alla collaborazione dei guardiaparco, apre agli agricoltori interessanti possibilità di guadagno. Ma non […]
Bambini che salveranno la terra, piccoli rivoluzionari verdi, eco-guerrieri: l’editoria italiana, in risposta all’arrivo di Greta Thunberg e alla crescente sensibilità ambientale, si è popolata negli ultimi mesi di decine di titoli ecologici per l’infanzia. Sono storie di persone che stanno cercando di salvare il pianeta, prima tra tutti, ovviamente, la giovane attivista svedese. Sono, soprattutto, manuali che spiegano ai piccoli lettori cos’è il cambiamento climatico illustrano, spesso con creatività, come cambiare i propri comportamenti per diventare più sostenibili e fare la propria parte. Non manca un invito a diventare attivisti, protestando e facendo sentire la propria voce pubblicamente, nella consapevolezza che la modifica delle proprie abitudini non basta. E poi ci sono libri e favole anche solo per riflettere sul nostro rapporto con la natura, per immaginare e sentire “verde”. Le biografie esemplari: conoscere le vite di chi sta cambiando il mondo “Storie per ragazzi e ragazze che vogliono salvare il mondo”, scritto da Carola Benedetto e Luciana Ciliento ed edito da DeAgostini dedica ogni capitolo al racconto di una persona che sta dedicando la sua vita alla cura e protezione dell’ambiente: da Vandana Shiva a Al Gore, da Sebastião Salgado a Leonardo DiCaprio. E proprio la storia dell’attore si rivela particolarmente utile, perché mostra come una vita di successo, e di ricchezza, non sia incompatibile con un impegno formidabile per la sensibilizzazione verso il cambiamento climatico. Tra le biografie esemplari ovviamente non poteva mancare quella di Greta Thunberg. Uno dei libri che racconta la sua storia è “La storia di Greta. Non sei troppo piccolo per fare cose grandi”, anch’esso edito da DeAgostini. Il libro ricostruisce in maniera chiara e fedele la storia di Greta, dal primo sciopero davanti al parlamento svedese fino ai successi internazionali, con l’obiettivo di spiegare ai piccoli lettori che anche un ragazzino può fare tantissimo. Il libro vuole anche spiegare ai bambini che per fermare un fenomeno drammatico come il riscaldamento globale non è […]