Le nanoplastiche si accumulano nei tessuti delle piante terrestri

 

Mentre tra gli ambientalisti e i consumatori cresce la preoccupazione per la micro e nanoplastica negli oceani e nei pesci e frutti di mare – sempre più studiati – il nuovo studio “Differentially charged nanoplastics demonstrate distinct accumulation in Arabidopsis thaliana“, pubblicato su Nature Nanotechnology da un team di ricercatori cinesi dell’università di Shandong e dell’università del Massachusetts – Amherst, evidenzia che «si sa poco sul comportamento delle nanoplastiche negli ambienti terrestri, in particolare nei terreni agricoli».

Fino ad ora non c’erano prove dirette che all’interno delle piante terrestri ci fossero nanoplastiche, ma il team sino-americano dice che «i nostri risultati forniscono prove dirette che le nanoplastiche possono accumularsi nelle piante, a seconda della loro carica superficiale. 

L’accumulo nelle piante di nanoplastiche può avere sia effetti ecologici diretti sia implicazioni per la sostenibilità agricola e la sicurezza alimentare».

I ricercatori guidati da Xiao-Dong Sun e Shu-Guang Wang dello Shandong Key Laboratory of Water Pollution Control and Resource Reuse della School of Environmental Science and Engineering dell’università di Shandong e da  Baoshan Xing  dela Stockbridge School of Agriculture dell’università del Massachusetts – Amherst, spiegano che «sia le nanoplastiche caricate positivamente che negativamente si accumulano nell’ Arabidopsis thaliana, una pianta modello di laboratorio comunemente usata».

Xing aggiunge che «l’uso globale diffuso e la persistenza nell’ambiente provoca un’enorme quantità di rifiuti di plastica. 

Usando approcci microscopici, molecolari e genetici, i nostri esperimenti ci hanno fornito prove dell’assorbimento e accumulo di nanoplastiche nelle piante in laboratorio a livello di tessuti e molecole. 

Lo abbiamo dimostrato dalla radice ai germogli.

Le particelle nanoplastiche possono essere piccole come una proteina o un virus. 

Gli agenti atmosferici e il degrado cambiano le proprietà fisiche e chimiche della plastica e impartiscono cariche superficiali, quindi le particelle ambientali sono diverse dalle nanoplastiche di polistirene incontaminate spesso utilizzate in laboratorio. 

Questo è il motivo per cui abbiamo sintetizzato nanoplastiche di polistirene con cariche superficiali positive o negative da utilizzare nei nostri esperimenti».

Xi ha aiutato a progettare lo studio, interpretare i risultati, valutare e rivedere il manoscritto ma il grosso del lavoro è stato fatto da team dell’università di Shandong guidato da Xian-Zheng Yuan e Shu-Guang Wang che ha condotto gli esperimenti.

I ricercatori cinesi hanno coltivato le piante di Arabidopsis in un terreno dove avevano mescolato nanoplastiche caricate diversamente, marcate con un materiale fluorescente per valutare pesi, altezza, contenuto della clorofilla e crescita delle radici. 

Dopo 7 settimane, hanno visto che nelle piante esposte alle nanoplastiche la biomassa e l’altezza delle piante erano più basse rispetto alle piante nei terreni di controllo privi di nanoplastiche.

Xing spiga ancora: «Le nanoplastiche hanno ridotto la biomassa totale delle piante modello.

Erano più piccole e le radici erano molto più corte. 

Se si riduce la biomassa, non è un bene per la pianta, la resa diminuisce e il valore nutrizionale delle colture potrebbe essere compromesso.

Abbiamo scoperto che le particelle cariche positivamente non sono state assorbite così tanto, ma sono più dannose per la pianta. 

Non sappiamo esattamente perché, ma è probabile che le nanoplastiche caricate positivamente interagiscano maggiormente con acqua, sostanze nutritive e radici e abbiano innescato diversi insiemi di espressioni geniche. 

Questo deve essere esplorato ulteriormente nelle piante coltivate nell’ambiente. 

Fino ad allora, non sapremo come questo possa influire sulla resa delle colture e sulla sicurezza delle colture alimentari».

Il team sino-americano ha analizzato le piantine anche per studiare la sensibilità delle radici alle nanoplastiche cariche positivamente e negativamente. 

Dopo essere state esposte per 10 giorni alle nanoplastiche, «la crescita delle piantine è stata inibita rispetto a quella delle piantine di controllo». 

Per identificare i meccanismi molecolari responsabili di questo arresto della crescita, i ricercatori hanno utilizzato l’RNA sequencing (RNA-‐Seq), una tecnica per l’analisi del trascrittoma e la sua quantificazione, basata sulle recenti tecnologie Next-‐Generation Sequencing (NGS), per radici e germogli, quindi hanno verificato i risultati con un test quantitative PCR su 3 geni della radice e 4 geni del germoglio.

Ne è venuto fuori che «indipendentemente dalla carica superficiale, Arabidopsis può assorbire e trasportare nanoplastiche con dimensioni inferiori a 200 nm.

In questo studio, dimostriamo soprattutto che il percorso di assorbimento e trasporto delle nanoplastiche nei tessuti radicali differisce tra le nanoplastiche caricate differentemente».

(Articolo pubblicato con  questo titolo il 23 giugno 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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