Vista dall’alto, sembra una pugnalata bianca: è la cava di Borgo Rivola, il più grande sito estrattivo gessoso dell’Unione Europea, che nel bel mezzo della Vena del Gesso, sul Monte Tondo, da oltre 60 anni sventra la montagna. La Vena del Gesso, uno dei più importanti affioramenti gessosi in Europa, si sviluppa per 25 chilometri tra le Province di Bologna e Ravenna, tra le vallate dei fiumi Santerno, Senio e Sintria. Un paesaggio talmente spettacolare e raro, dal punto di vista ecosistemico, storico, geologico, da essere stato candidato come Patrimonio dell’Umanità Unesco. I gessi, rocce evaporitiche, testimoniano la crisi di salinità messiniana, quando lo stretto di Gibilterra sei milioni di anni fa si chiuse e del mar Mediterraneo non rimasero che bacini d’acqua estremamente salata. I sali marini (tra cui il gesso) si concentrarono sui fondali creando grandi depositi evaporitici, che poi si innalzarono a causa dei movimenti della crosta terrestre durante il sollevamento dell’Appennino. Essendo un minerale solubile, il gesso ha permesso l’infiltrazione delle acque, creando così un reticolo di grotte e forme carsiche di superficie (doline, campi solcati e inghiottitoi). Se prima degli anni ’50 la lavorazione del gesso non impattava troppo sull’ambiente e avveniva su piccola scala e in modo artigianale, come nel piccolo borgo di gesso dei Crivellari, a partire dal Dopoguerra l’estrazione del gesso divenne industriale e su vasta scala. «È motivo di vivo rincrescimento che l’esigenza industriale, anche quando potrebbe farlo con ben lieve sacrificio, non tenga alcun conto delle cose di interesse naturalistico, e scientifico in genere; questo si è verificato di recente per le pinete di Ravenna e accade qui a Rivola», diceva negli anni ’60 Pietro Zangheri, illustre naturalista romagnolo e tra i primi ambientalisti italiani. IL MONTE TONDO È STATO quasi completamente distrutto, divorato dall’interno con 20 km di imponenti […]