È democratica la produzione di nuova energia

 

No-profit, partecipativa, diffusa, democratica, più conveniente, oltre che pulita.

La produzione di energia da rinnovabili può diventare tale grazie alla possibilità di auto-consumare, accumulare, scambiare e vendere energia.

Fino ad ora l’energia prodotta con le rinnovabili poteva essere solamente ceduta alla rete nazionale.

Grazie ad una direttiva europea (la Red II), è ora possibile avviare progetti sperimentali per l’auto-consumo collettivo a livello di condominio, o per costituire le cosiddette «Comunità di energia rinnovabile», un insieme di soggetti che in un territorio (piccolo comune, quartiere, distretto industriale o commerciale, ecc) si auto-organizzano per produrre e scambiarsi elettricità.

Si tratta di un cambio epocale nel modello di produzione: da poche grandi centrali a combustibili fossili (carbone, gas, petrolio) di proprietà di grandi gruppi si passa a un’infinità di impianti diffusi sul territorio, cioè impianti fotovoltaici, eolici, a biomassa, idroelettrici, di proprietà di cittadini e imprese.

IL VIA ALLA SPERIMENTAZIONE è stato dato la settimana scorsa da un decreto del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli che ha introdotto una tariffa/incentivo per l’energia auto-consumata pari a 100 euro/Mwh per l’autoconsumo collettivo e 110 euro Mwh per le «Comunità di energia» per un periodo di 20 anni, potenzialmente cumulabile con il Superbonus 110%.

Il decreto soddisfa Legambiente che aveva proposto con Italia Solare di inserirlo nel Milleproroghe già nel novembre scorso.

«È nell’interesse di un paese come l’Italia cambiare il modo di produrre energia – spiega Stefano Zanchini, vicepresidente di Legambiente, tra gli autori del rapporto Comunità rinnovabili – sarà una rivoluzione per le imprese come per i cittadini perché consentirà anche di ridurre la spesa energetica.

Devo dire che, dal punto di vista politico, l’iter è stato complesso, ma alla fine persino la Lega è stata d’accordo.

Come Legambiente, abbiamo sempre insistito sull’importanza dei territori, sul dare loro la possibilità di auto-organizzarsi per rispondere ai propri bisogni energetici in base delle fonti che hanno a disposizione.

Io credo che la possibilità di auto-consumare, scambiare o vendere energia auto-prodotta sarà anche un elemento di coesione che porterà a vincere atteggiamenti di ostilità verso le rinnovabili: se l’impianto è di proprietà ed è gestito dalla comunità stessa, e non da una multinazionale o da un fondo di investimento estero, ci sarà meno opposizione, più interesse, più cura».

COME FAR NASCERE LE COMUNITA’ di energia o i gruppi di autoconsumo, con quali dimensioni, con che tipo di fonti e di finanziamenti, è tutto da inventare.

Certo è che l’auspicata diffusione dell’energia da fonti rinnovabili passerà per questi soggetti.

L’idea non è nuovissima: esistono già forme comunitarie di produzione di energia rinnovabile alle quali rifarsi, come le cooperative elettriche storiche dell’Arco Alpino, nate alla fine dell’800 e tutt’ora attive (sono una settantina e coinvolgono circa 300 mila soci), così come già esistono condomini organizzati per l’autoconsumo collettivo.

Oggi l’Europa indica lo sviluppo di modelli simili, al netto della tecnologia informatica necessaria per la loro gestione e delle nuove possibilità di accumulo in un quadro giuridico in evoluzione che permetterà di gestire l’energia in modo inedito.

PER VALUTARNE I COSTI-BENEFICI e dare indicazioni al legislatore su quali modelli possono essere più funzionali, replicabili e adattabili ai vari contesti italiani, Rse (Ricerca Sistema Energetico, società del Gse, Gestore Servizio Energetico) sta avviando uno studio su 6 «Comunità dell’energia» in fieri e 9 esperienze di autoconsumo collettivo, in vista del recepimento della Direttiva Red II, nel giugno 2021.

«Lo scopo della direttiva è molteplice – ci spiega Fabio Armanasco, responsabile del progetto Comunità di energia di Rse – promuovere le energie rinnovabili e quindi la de-carbonizzazione, ma anche decongestionare la rete elettrica nell’ottica di dimensionare la produzione a fronte di un consumo localmente esistente.

E poi c’è lo scopo sociale che è quello di ridurre i costi e combattere la povertà energetica: le «Comunità dell’energia» non hanno scopo di lucro, ma forniscono energia a prezzi concorrenziali favorendo meccanismi di aggregazione.

Tutti gli impianti di produzione devono essere di proprietà della comunità, non di un singolo.

La partecipazione delle aziende del settore energetico che prestano servizi di fornitura e infrastruttura non è ammessa».

SE GLI INCENTIVI MESSI IN CAMPO dal governo sono allettanti, trovare i finanziamenti per realizzare gli impianti non sarà semplice, visto che si tratta di investimenti dell’ordine di centinaia di migliaia di euro.

«Abbiamo proposto che il Recovery Plan preveda un fondo per prestiti a tassi molto agevolati legati a questo tipo di interventi, in modo da facilitare l’accesso al credito – spiega Zanchini – quanto alla possibilità di cumulare ora il Superbonus 110% ho qualche dubbio che si possa fare: serve tempo e competenze tecniche fuori dal comune».

NON SOLO PER LE COMUNITA’ più complesse, ma anche nel caso dei condomini, servirebbe l’intervento di un soggetto pubblico che faccia da facilitatore ed elimini il rischio di conflitti di interessi, quando il progettista è anche l’impresario che realizza l’impianto.

Tra gli ostacoli ci sono poi i vincoli paesaggistici che limitano la posa di impianti per le rinnovabili: secondo Zanchini, vanno riviste le linee guida che risalgono al 2010, trovate regole per escluderli dalle zone di pregio e individuate con le Soprintendenze forme di integrazione.

«Penso che ci vorranno 5 anni perché queste esperienze comincino a diffondersi – auspica Zanchini – dopo questo periodo iniziale non ci sarà più nemmeno bisogno di incentivi, i vantaggi saranno tali che ci sarà una corsa al cambiamento».

CE N’E’ DAVVERO BISOGNO, VISTO CHE, dopo il boom del fotovoltaico del 2010-12, in Italia siamo ad uno fase di stallo nello sviluppo delle rinnovabili: la media degli impianti installati dal 2015 ad oggi è di 495Mw di solare e 390 di eolico.

(Articolo di Daniela Passeri, pubblicato con questo titolo il  24 settembre 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto”)

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