Legge europea sul clima: il Parlamento europeo chiede di tagliare del 60% le emissioni di gas serra entro il 2030

 

Ieri, in una delle votazioni sulla legge europea sul clima, l’Europarlamento ha sostenuto un aumento dell’obiettivo climatico dell’Ue per il 2030 portando al 60% il taglio delle emissioni di gas serra. 

Il Parlamento europeo ha inoltre chiesto di:

rendere vincolante per ogni Paese dell’Ue l’obiettivo generale della carbon neutrality dell’Ue per il 2050; 

richiedere alla Commissione europea di presentare una proposta per un obiettivo climatico 2040; 

la creazione di un consiglio europeo di scienziati sul cambiamento climatico, che esamini le politiche climatiche dell’Ue, compresi gli obiettivi; 

chiedere alla Commissione di presentare un bilancio del carbonio per l’Ue entro dicembre 2021, specificando le emissioni di carbonio che sarebbe possibile mantenere per restare entro la soglia delle temperature dell’Accordo di Parigi.

Hanno votato a favore i socialisti & democratici, Renew, i Verdi e la sinistra europea, mentre la maggior parte degli eurodeputati del Partito popolare europeo, ECR e ID e tutta l’estrema destra hanno votato  contro.

Secondo Legambiente si tratta di «un passo avanti decisivo rispetto alla proposta della Commissione europea di aumento del 55% inclusi gli assorbimenti agroforestali.

La palla passa ora al Consiglio europeo per raggiungere un accordo ambizioso sulla prima Legge europea sul clima entro il prossimo dicembre.

Per fronteggiare l’emergenza climatica e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5° C serve una risposta altrettanto coraggiosa dei governi nazionali, a partire dall’Italia».

Il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, ha commentato: «Serve un ulteriore passo avanti per fronteggiare l’emergenza climatica e onorare gli impegni dell’Accordo di Parigi.

L’ultimo Emissions Gap Report dell’Unep ha evidenziato che l’attuale azione climatica è pericolosamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi di Parigi e ci porta verso un allarmante surriscaldamento del pianeta di oltre 3°C entro la fine del secolo rispetto ai livelli preindustriali.

Scenario, secondo le recenti previsioni del Joint Research Center della Commissione, che può costare al benessere dei cittadini europei almeno 175 miliardi di euro l’anno.

Per evitare che ciò si avveri, secondo il rapporto dell’Unep, è cruciale che l’azione climatica dei governi sia così ambiziosa da consentire una riduzione media annua del 7.6% da qui al 2030, al fine di contenere l’aumento della temperatura media globale entro la soglia critica 1.5° C.

Per l’Unione europea questo significa una riduzione del 65% delle emissioni climalteranti entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e quindi andare ben oltre il 55% proposto dalla Commissione.

Obiettivo ambizioso, ma tecnicamente ed economicamente raggiungibile.

Come dimostra il recente studio dell’Università di Berlino e dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW), una riduzione delle emissioni del 65% è possibile e consentirebbe all’Europa di risparmiare più di 10.000 miliardi di euro per la conseguente riduzione dei danni ambientali e climatici, oltre ad una forte riduzione della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili. Fronteggiare l’emergenza climatica fa bene anche all’economia europea».

Anche Greenpeace European Unit chiede una riduzione del 65% delle emissioni, ma considera quello fatto all’Europarlamento un grosso passo avanti e il suo consigliere per la politica climatica dell’Ue, Sebastian Mang, ha sottolineato che «il Parlamento europeo ha chiarito che è l’attore più forte sul campo dell’Ue. Il problema è che, quando si tratta di scienza del clima, la maggior parte dei governi e la Commissione europea giocano ancora in terza divisione. 

Un taglio del 60% delle emissioni entro il 2030 potrebbe essere paragonato a quello che molti hanno messo sul tavolo, ma non è ancora sufficiente rispetto a ciò che gli scienziati dicono sia necessario per evitare un pericoloso breakdown climatico. 

Ora i governi europei devono sbrigarsi. Milioni di europei continueranno a sfidarli a fare ciò che chiede la scienza per proteggere il loro futuro».

Secondo in Wwf European Policy Office, «il Parlamento europeo va applaudito per aver preso una posizione molto più progressista della proposta “netta” del 55% della Commissione. 

Tuttavia, un obiettivo del 60% per il 2030 non è ancora in linea con ciò che la scienza dimostra che dobbiamo fare per avere la possibilità di evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici».

Imke Lübbeke, responsabile clima ed energia del Wwf European Policy Office, fa notare che «gli eurodeputati hanno innalzato i loro colori climatici sull’albero maestro e non sono affatto male.

I deputati hanno dimostrato che la proposta della Commissione era troppo bassa e la parte “netta” poco chiara. 

Tuttavia, non sono andati abbastanza oltre e non possiamo accontentarci del secondo migliore quando si tratta di azione per il clima. 

Il risultato del 60% di ieri deve essere ripreso dagli Stati membri in modo che possiamo fare passi concreti verso una ripresa economica verde e un pianeta prospero».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 7 ottobre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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N.B. – Il testo firmato dal presidente della Commissione ambiente dell’Europarlamento, il francese Pascal Canfin (Renew Europe), ha ricevuto 352 voti a favore, 326 contro e 18 astenuti: tra gli oltre 300 voti contrari ci sono stati anche quelli degli eurodeputati di Lega e Fratelli d’Italia.

A favore, invece, il Movimento Cinque Stelle che rivendicava un obiettivo ancora maggiore, del 65%.

 

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